Futuro

Covid: studiare le nuove varianti non è mai stato così innovativo

L’Istituto Telethon di Pozzuoli ha analizzato oltre 20.000 genomi virali con l’intento di capire e monitorare l’evoluzione del virus
Credit: Alex Coch/pexels 
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5 settembre 2022 Aggiornato alle 19:00

Se tra i protagonisti indiscussi nella lotta al Covid ci sono medici, infermieri e tutti gli operatori sanitari che hanno operato in prima linea, l’Istituto Telethon di Pozzuoli non è da meno.

Tra il 2020 e il 2021, infatti, è stato uno degli enti che ha lavorato duramente alla sorveglianza della pandemia, analizzando circa un terzo di tutti i tamponi italiani sottoposti a sequenziamento grazie a un sistema che ha permesso di ottimizzare tempi e costi. In particolare, proprio grazie a ciò, è stato possibile analizzare oltre 20.000 genomi virali. L’obiettivo? Monitorare le varianti del virus. Il tutto è stato possibile grazie al nuovo sistema che ha permesso di ridurre di circa 10 volte i costi attuali, evitando il ricorso a complessi macchinari.

L’analisi dei tamponi ha incluso anche 20 pazienti con il sistema immunitario compromesso rimasti positivi a lungo, per almeno 40 giorni e fino a 60. Nel complesso, la maggiore persistenza si è presentata in chi non aveva ricevuto alcun vaccino contro il Covid. Inoltre, in uno di questi pazienti, il virus è mutato verso la fine dell’infezione: il che ha dimostrato che questo è in grado di mutare in vivo.

«L’analisi dell’espressione genica di queste cellule ha dimostrato che l’infezione lascia una vera e propria firma molecolare, rendendole diverse rispetto a quando l’organismo è sano – ha spiegato Davide Cacchiarelli, responsabile del laboratorio di Genomica integrata dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Pozzuoli – Non abbiamo invece rilevato differenze significative nell’espressione genica in base alle varianti virali: questo indica che la risposta immunitaria dell’organismo è sempre sostanzialmente la stessa».

Con la rapida evoluzione del virus e la diffusione di nuove varianti, il contenimento della pandemia e l’adattamento dei vaccini ai nuovi ceppi ha presentato non poche difficoltà. Fin da subito l’Istituto ha messo a disposizione le proprie competenze nell’analisi su larga scala del DNA, maturate nel corso del tempo nel campo delle malattie genetiche rare grazie al sostegno della Fondazione Telethon.

È così possibile concentrarsi nella messa a punto di strategie e metodologie di analisi più rapide ed economiche, fornendo alla medicina dati che si sono rivelati fondamentali per comprendere l’evoluzione del virus.

Le nuove varianti individuate – spiegano – si sono sempre rilevate più adatte all’ambiente e capaci di infettare l’ospite. «Alpha, delta e omicron hanno un titolo virale più alto e infatti hanno portando a ogni ondata un numero sempre maggiori di infezioni», ha spiegato Cacchiarelli. In questo senso, dunque, avere a disposizioni strumenti che permettessero di monitorare i progressi sull’evoluzione del virus è stato fondamentale.

Uno dei dati più interessanti che è emerso è che all’insorgere di ogni nuova variante la precedente tendeva a scomparire.

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