Diritti

Chi era Mikhail Gorbaciov?

Ha liberato la Germania e la Cecoslovacchia, ma ha deciso repressioni sanguinose nelle repubbliche baltiche. Impegnato per il Pianeta, fautore della fine della Guerra Fredda. E poi?
Bush e Gorbaciov alla conferenza stampa per il summit di Mosca il 31 July 1991
Bush e Gorbaciov alla conferenza stampa per il summit di Mosca il 31 July 1991 Credit: Corbis / Peter Turnley
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
31 agosto 2022 Aggiornato alle 19:30

Mentre tutto il mondo occidentale lo celebra, i media russi in queste ore sono quanto meno tiepidi, per non dire gelidi, nel commentare la morte dell’ex presidente dell’Urss Mikhail Gorbaciov, avvenuta ieri sera dopo una lunga malattia al Central Clinical Hospital di Mosca.

Le tv principali ne parlano solo dopo lunghi servizi riguardanti “l’operazione speciale” in atto in Ucraina, i siti la liquidano in poche righe e Vladimir Putin si è limitato all’invio di un telegramma alla famiglia e a esprimere profonde condoglianze.

Sotto certi aspetti non c’è da stupirsi visto che lo stesso Putin più di una volta in passato riferendosi alla caduta dell’Urss derivata dalla politica di Gorbaciov aveva parlato della «più grande catastrofe geopolitica dello scorso secolo», portando all’estremo un pensiero che in realtà in patria sembra essere piuttosto diffuso.

Già perché se esiste un personaggio in grado di generare sentimenti contrastanti è proprio Mikhail Gorbaciov: non amato in Russia perché accusato di aver distrutto l’impero sovietico, quanto invece lo è nel resto del mondo, che gli riconosce un posto tra i grandi del Novecento e il merito di aver contribuito alla fine della Guerra Fredda e alla nascita di un dialogo tra Oriente e Occidente.

Da molto tempo ormai si era ritirato a vita privata e proprio per questo, forse, le nuove generazione conoscono poco la sua storia e non percepiscono del tutto l’impatto che le sue scelte hanno avuto nel mondo moderno.

Com’è diventato capo dell’Urss?

Ultimo segretario generale del Partito comunista sovietico e ultimo Presidente dell’Urss, era nato il 2 marzo 1931 da una famiglia molto povera del Privolnoye, un paesino di campagna nel Caucaso.

Oltre alla moglie Raissa, la sua passione più grande è sempre stata la politica, che inizia a praticare da giovanissimo, entrando a far parte della Komsomol, la Lega della gioventù comunista e diventando a 39 anni capo della sezione regionale del partito.

Nel 1978 ricevette la nomina di Segretario del Comitato Centrale del partito e da quel momento la sua ascesa inarrestabile lo porto nel 1985 all’elezione a capo dell’Unione Sovietica.

Quello che ereditò allora era un Paese reduce da anni di immobilismo e conservatorismo politico che faticava a dare nuovi impulsi all’economia e alla crescita collettiva, dove le tensioni sociali erano alle stelle e le repubbliche socialiste chiedevano sempre maggiore indipendenza.

Per contrastare il declino Gorbaciov mise in campo alcune riforme dal nome chiaro e preciso e con le quali tutt’oggi si identifica il suo operato: glasnost (trasparenza) e perestrojka (ricostruzione).

Con la prima volle superare i gravi problemi strutturali esistenti, allargando le maglie della democrazia, concedendo maggiore libertà di espressione e rendendo la gestione delle informazioni meno fumosa e più trasparente; mentre con la seconda attuò un gigantesco piano di riforme economiche volte a modernizzare e occidentalizzare il sistema sovietico, basandosi su una maggiore autonomia delle imprese e sull’introduzione di elementi dell’economia di mercato.

Nonostante all’epoca siano state salutate con favore dall’Occidente e dai riformisti russi, entrambe le misure ebbero un impatto enorme sull’Unione Sovietica, tanto che in poco tempo la crisi politica ed economica nella quale versava arrivò a un punto di non ritorno.

Dalla caduta del muro di Berlino alle sue dimissioni

L’ultima fiammata positiva per Gorbaciov fu nel 1990, quando venne rieletto presidente dell’Unione Sovietica e fu insignito del Nobel per la Pace “per il ruolo di primo piano nei cambiamenti radicali delle relazioni fra Est e Ovest”.

Il merito maggiore che gli viene attribuito, infatti, è di aver fatto cadere i regimi comunisti in Europa, grazie alla dichiarazione che non li avrebbe sostenuti in caso i loro popoli si fossero opposti a loro e alle numerose azioni diplomatiche attuate, che come un effetto domino portarono alla caduta del muro di Berlino il 9 novembre 1989, simbolo della Guerra Fredda, alla riunificazione della Germania e alla nascita di una nuova Europa che secondo Gorbaciov doveva essere una “casa comune”.

La serenità del presidente però durò poco visto che nell’agosto 1991, a seguito di un golpe da parte dei conservatori, venne sequestrato per tre giorni nella sua villa in Crimea. L’8 dicembre firmò con Ucraina e Bielorussia la nascita della Csi, la Comunità di Stati indipendenti, e la sera di Natale dello stesso anno annunciò con un video in diretta nazionale le sue dimissioni da presidente dell’Unione sovietica.

Le repressioni baltiche

Se da un lato l’Occidente lo considera il fautore della fine della Guerra Fredda, dall’altro i Paesi Baltici lo ricordano per la sua brutalità durante gli attacchi contro Estonia, Lettonia e Lituania negli anni ’90 per porre fine ai movimenti indipendentisti.

«I lituani non glorificheranno Gorbaciov – ha twittato questa mattina Gabrielius Landsbergis, ministro degli esteri della Lituania - Non dimenticheremo mai che il suo esercito ha ucciso dei civili per prolungare l’occupazione del nostro Paese da parte del suo regime. I suoi soldati hanno sparato sui nostri manifestanti disarmati e li hanno schiacciati sotto i suoi carri armati».

L’impegno ambientale

La maggior parte delle persone lo ricorda oggi per il suo impegno per la pace e la democrazia ma anche per le posizioni a favore del Pianeta, giunte in decenni in cui a parlarne non era quasi nessuno.

Già negli anni Ottanta, infatti, si era già reso conto dei danni prodotti dall’industria pesante, soprattutto bellica, e di quelli dati dall’uso massiccio di pesticidi e altri prodotti chimici in agricoltura e anche per questo aveva fondato il Green Cross International, un organismo sovranazionale e indipendente che si occupa tuttora di temi come crisi climatica, tutela della biodiversità, decarbonizzazione, decontaminazione chimica e contrasto al nucleare.

Quest’ultimo impegno, forse, è nato in contrasto con una delle poche accuse che gli vengono rivolte anche oltre i confini russi, ovvero di aver mal gestito il disastro della centrale di Chernobyl e di aver taciuto per troppo tempo in merito.

Nel 2013, in occasione del ventennale di Green Cross, disse che era necessaria «una perestrojka della sostenibilità per rivoluzionare il modo in cui le persone danno valore alla vita: alla propria, a quella dei loro figli e a quella dell’unico pianeta che condividiamo».

Impossibile oggi dargli torto e non rimpiangere un leader che, seppur non immune a critiche, si fregiò di molti meriti e si spese sempre per la pace.

Non è dato sapersi cosa pensasse dell’attuale conflitto in Ucraina ma considerando che credeva ogni nazione dovesse decidere il proprio destino, intuirlo non è difficile.

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