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Iran: proseguono i tentativi per fermare la corsa all’arma atomica

I rapporti diplomatici tra il Paese mediorientale e il gruppo di Potenze P5+1, in corso dal 2021, hanno l’obiettivo di recuperare l’accordo Joint comprehensive plan of action per limitare lo sviluppo del nucleare al solo ambito civile
Credit: Monika Thoms/unsplash
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2 settembre 2022 Aggiornato alle 07:00

Continuano i tentativi per riesumare l’accordo sul nucleare con l’Iran da parte del gruppo di Potenze chiamato P5+1 (Regno Unito, Germania, Cina, Russia e Stati Uniti), soprattutto grazie allo sforzo dei partner europei: «Io penso che questo accordo, se concluso nei termini presentati oggi, sarà utile e migliore di un non accordo. Siamo allo stesso tempo al corrente del fatto che l’accordo non risolve tutto», ha dichiarato il presidente francese Emmanuel Macron.

I tentativi diplomatici sono in corso dal 2021 e hanno come obiettivo il recupero, in un nuovo formato, del precedente accordo denominato Jcpoa (Joint comprehensive plan of action) siglato nel 2015, con il quale si era raggiunta un’intesa con il governo iraniano per limitare lo sviluppo del nucleare al solo ambito civile, fermando la corsa a ottenere l’arma atomica.

Successivamente gli Usa, con l’elezione di Donald Trump, abbandonarono il Jcopoa unilateralmente nel 2018 accusando l’Iran dello sviluppo di nuovi missili balistici e di aiutare formazioni terroristiche e paramilitari in Medio Oriente. Questa azione da parte degli Stati Uniti diede il via a ulteriori mosse iraniane verso lo sviluppo militare del nucleare, con un arricchimento dell’uranio arrivato al 60%, sempre più vicino al famoso 90% necessario per costruire le armi atomiche.

Con il cambiamento del quadro geopolitico globale e la necessità di sbloccare le risorse fossili dell’Iran, il nuovo accordo sembra sul punto di arrivo, cosa che permetterebbe le rimozione delle sanzioni occidentali su i 7 miliardi di dollari iraniani attualmente detenuti in Corea del Sud, oltre che la ripresa delle esportazioni di gas e petrolio. Anche se continuano a rimanere dei problemi di fondo: «Il governo iraniano sta per ottenere decine di miliardi dalla fine delle sanzioni e il principio organizzativo del regime continuerà a essere l’opposizione agli Stati Uniti e la violenza contro i suoi critici, sia in patria che all’estero», ha affermato Karim Sadjadpour, un esperto delle questioni iraniane del Carnegie Endowment for International Peace.

Ma a complicare ulteriormente la questione vi è la posizione di Israele, il cui governo si è mostrato nettamente ostile nei confronti del possibile accordo: «Attualmente sul tavolo vi è un pessimo accordo. Esso potrebbe dare all’Iran centinaia di miliardi di dollari all’anno… che verranno usati per minare la stabilità del Medio Oriente e diffondere il terrore in giro per il mondo», ha duramente ammonito il primo ministro israeliano Yair Lapid.

Da tempo Israele è coinvolto in un conflitto sotterraneo con le forze iraniane, sia in Siria che in altre parti del Medio Oriente, dove più volte i servizi segreti sono intervenuti per sabotare gli sforzi nucleari dell’avversario temendo una minaccia esistenziale per lo Stato ebraico, specialmente dopo che il regime di Teheran ha promesso ripetutamente la distruzione di Israele.

Nelle settimane precedenti le autorità israeliane hanno fatto numerose pressioni sull’alleato statunitense per disincentivare l’accordo, ribadendo che solo una credibile minaccia militare potrebbe tenere in scacco gli iraniani. E anche nel caso l’accordo dovesse essere firmato, Israele non si sentirà vincolato a esso, ma anzi riterrà opportuna qualsiasi azione pur di fermare il regime degli Ayatollah.

Non tutti i vertici israeliani condividono questa dura presa di posizione, tanto che il capo dell’intelligence militare, il generale Aharon Haliva, così come il ministro delle difesa Benny Gantz e altri ufficiali hanno confidato in privato che l’attuale situazione è peggiore rispetto a un pessimo accordo.

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