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Il climate change è un motivo per non fare più figli?

Secondo la ricerca della società Morning Consult, 1 persona su 4 sceglie di non avere bambini per non condannarli a un futuro compromesso. Amore o egoismo?
Credit: Michel Catalisano/unsplash
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
1 settembre 2022 Aggiornato alle 11:00

Che senso ha fare figli su un Pianeta che sta bruciando? È un atto d’amore o di egoismo? Siamo già oltre 7 miliardi su questa Terra sovrappopolata, c’è davvero bisogno di altre persone? Possiamo davvero permetterci di mettere al mondo bambini che aumenteranno il tasso di inquinamento già critico?

Quelle che avete appena letto non sono solo domande retoriche, ma riflessioni etiche e sociali che spingono un numero sempre maggiore di persone a decidere di non fare figli, unendosi idealmente al movimento childfree che acquista un peso via via maggiore.

Secondo una ricerca della società Morning Consult, tra gli adulti senza figli negli Stati Uniti uno su quattro cita il cambiamento climatico come un fattore del motivo per cui attualmente non ha figli, mentre già nel 2018 il 33% dei giovani americani che si aspettavano di avere meno bambini rispetto al numero che consideravano ideale aveva indicato il cambiamento climatico come causa, mentre il 27% aveva identificato il problema nella crescita della popolazione mondiale.

Non solo l’inquinamento contribuisce alla denatalità impattando negativamente sulla fertilità, ma l’aumento delle temperature dovuto ai gas serra e le sue conseguenze catastrofiche sarebbero quindi direttamente legati a un calo delle nascite.

Questo non è connesso solo agli effetti degli shock termici sulle attività riproduttive – secondo uno studio che ha analizzato i trend negli Usa dal 1931 al 2010, i giorni con una temperatura media superiore a 26°C causano un forte calo dei tassi di natalità da 8 a 10 mesi dopo – ma anche a una scelta deliberata e consapevole.

Cambiamento climatico e denatalità: di cosa (anzi, di dove) parliamo

Una premessa è necessaria. Quando si parla di denatalità e cambiamento climatico, sarebbe più corretto dire che in alcune zone del Pianeta si fanno meno figli (anche) per colpa del cambiamento climatico.

Nei Paesi in via di sviluppo – dove secondo un report delle Nazioni Unite 1 madre su 3 è bambina o adolescente – infatti, tra gli effetti del global warming c’è anche quello di aumentare le gravidanze e i parti prima dei 17 anni, sconvolgendo i mezzi di sussistenza delle famiglie e lasciando le ragazze fuori dalla scuola, rendendole più vulnerabili. Un fenomeno che si traduce in una maggiore fertilità di queste madri, perché secondo lo studio le ragazze che partoriscono in età adolescenziale hanno maggiori probabilità di partorire altre quattro volte prima dei quarant’anni.

Niente figli: perché?

Chi sceglie di non fare figli per paura del cambiamento climatico lo fa principalmente per due motivi: la paura di costringere un bambino a sopravvivere a quelle che potrebbero essere condizioni apocalittiche e il timore di amplificare i danni del riscaldamento globale e dell’inquinamento.

«Il mondo ha bisogno di più persone?» aveva chiesto la poetessa e saggista Katha Pollitt in un saggio su The Nation. «Non se chiedi ai ghiacciai, alle foreste pluviali, all’aria o alle oltre 37.400 specie sull’orlo dell’estinzione grazie all’inarrestabile espansione degli esseri umani in ogni angolo e anfratto del nostro pianeta surriscaldato».

Stando ai dati, i nuovi nati rappresenterebbero effettivamente una fonte di inquinamento aggiuntiva. «Avere un figlio è 7 volte peggio per il clima a livello di emissioni di CO2» secondo gli analisti della banca d’affari Morgan Stanley, che spiegano: ogni bambino nato nei Paesi sviluppati ha un’impronta di carbonio di 58,6 di tonnellate all’anno.

Un’affermazione che trova riscontro in uno studio svedese pubblicato su IOPscience nel 2017, che ha rilevato che avere un figlio in meno per famiglia potrebbe far risparmiare circa 58,6 tonnellate di carbonio ogni anno nei Paesi sviluppati.

Secondo Kimberley Nicholas, una delle autrici dello studio, però, ridurre la popolazione – o portarla all’estinzione, come vorrebbero alcuni attivisti radicali antinatalisti – non è il modo per risolvere la crisi climatica: «È vero che più persone consumeranno più risorse e causeranno più emissioni di gas serra. Ma questo non è il periodo di tempo rilevante per stabilizzare effettivamente il clima, dato che abbiamo questo decennio per dimezzare le emissioni».

Il fattore ambientale, del resto, non sembra essere determinante per tutti coloro che scelgono di non avere figli a causa del cambiamento climatico. Secondo lo studio Le preoccupazioni eco-riproduttive nell’era del cambiamento climatico – che ha intervistato le persone di età compresa tra 27 e 45 anni che stavano prendendo in considerazione le preoccupazioni climatiche nelle loro scelte riproduttive – solo il 60% degli intervistati era molto agitato per l’impronta ambientale dei futuri nati. A essere più preoccupati per l’impatto sul clima che i loro figli avrebbero subito erano, significativamente, gli intervistati più giovani.

Fare figli in un mondo che muore

«Le paure sull’impronta di carbonio dell’avere figli tendevano a essere astratte e aride», ha affermato Matthew Schneider-Mayerson, dello Yale-NUS College di Singapore, che ha guidato lo studio. «Ma le paure sulla vita dei bambini esistenti o potenziali erano davvero profonde ed emotive».

Non sorprende, quindi, che il 96% degli intervistati fosse molto o estremamente preoccupato per il benessere dei propri potenziali futuri figli in un mondo cambiato – e, potenzialmente, morente – a causa del clima.

Una preoccupazione che coinvolge non solo chi i figli ha deciso di non averli, ma anche chi è già padre o madre: i ricercatori hanno scoperto che il 6% dei genitori ha confessato di provare un certo rimorso per aver avuto figli. Una madre di 40 anni ha detto: «Mi dispiace di aver avuto i miei figli perché sono terrorizzata dal fatto che affronteranno la fine del mondo a causa del cambiamento climatico».

Le paure per la vita dei propri bambini – reali o potenziali – legate al clima sono radicate in una visione profondamente pessimistica del futuro: dei 400 intervistati il 92,3% aveva una visione negativa, il 5,6% era mista o neutra e solo nello 0,6% dei casi era positiva.

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