Diritti

Senza internet non c’è democrazia

Secondo l’ultimo report della no-profit Access Now, nel 2021 il web ha chiuso 182 volte, in 34 Paesi. 23 in più rispetto all’anno prima
Credit: Gabriele Cecconi, TiàWùK - fiumefreddophotofestival.it
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
30 agosto 2022 Aggiornato alle 21:00

Era il 4 luglio 2022 quando Michelle Bachelet, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, scriveva su Twitter che “le interruzioni di Internet sono potenti indicatori del deterioramento della situazione dei diritti umani”. Nel 2021 sono aumentate a livello globale del 15%, causando pesanti danni economici e mettendo in pericolo la popolazione.

Lo mostrano i dati di Access Now, un’organizzazione non governativa impegnata a difendere ed estendere i diritti civili digitali in tutto il mondo: l’ultimo report mostra che l’anno scorso ci sono state 182 interruzioni di Internet in 34 Paesi, ben 23 in più rispetto al 2020.

“La censura, la regolamentazione delle informazioni e l’isolamento dal mondo esterno sono le componenti fondamentali della discesa di un governo nell’autoritarismo digitale”, spiega l’ong. “La chiusura di Internet è uno strumento all-in-one collaudato che ottiene il controllo finale in un’unica azione rapida”. E la situazione del 2021 ha stabilito un pericoloso precedente per il 2022.

L’uso del kill switch, una sorta di “interruttore digitale” che permette di interrompere una connessione Internet, dimostra che i governi utilizzano sempre più spesso l’accesso a Internet come arma contro i propri cittadini. Il britannico Guardian riporta l’esempio del Myanmar, dove il 1° febbraio 2021 la nuova giunta che si è insediata attraverso un colpo di stato ha tagliato le connessioni, riportando il Paese nell’era pre-Internet.

Il giornalista Ko Zin Lin Htet ha raccontato al quotidiano inglese che, nelle prime ore del mattino, sono stati inviati numerosi soldati ai provider Internet del Paese per costringere gli ingegneri a interrompere le connessioni con il mondo esterno. È stata questa la prima fase di un “colpo di stato digitale” volto a esercitare il controllo sulle comunicazioni, rallentando e chiudendo strategicamente Internet.

Secondo gli esperti il Myanmar ha imposto le restrizioni più severe mai registrate alla libertà di Internet, con tre mesi di oscurità digitale e incursioni notturne nelle case di politici, attivisti e celebrità contrari al regime. Il Guardian spiega che il periodo di interruzioni notturne è stato seguito da una chiusura completa a livello nazionale per 73 giorni.

Anche un altro Paese ha stabilito un drammatico record: l’India è precipitata nell’oscurità digitale più volte di ogni altro Paese nel 2021, con ben 106 chiusure, soprattutto nella regione di Jammu e Kashmir, tormentata dai conflitti. In Ucraina, a febbraio di quest’anno, un attacco informatico ha messo offline decine di migliaia di modem ucraini un’ora prima dell’invasione russa, mentre in Sudan Internet è stato interrotto dopo il colpo di Stato militare nel Paese.

Nel 2021 le interruzioni hanno causato 5,5 miliardi di dollari di danni economici, ma sono effetti che passano inosservati al mondo esterno, con cui si interrompono tutte le comunicazioni. Ma le conseguenze toccano tutti i settori. Sono un problema anche per il mondo della scuola e delle Università, perché i governi privano gli studenti di portali essenziali per lezioni ed esami. E sono una minaccia anche per banche e ospedali, con clienti e pazienti che vengono tagliati fuori e silenziati. Soprattutto ora che, con il Covid, abbiamo spostato tutto un po’ più online.

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