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Pubblicità progresso o pubblicità potere?

Senza i junk food “spalmati” sui trasporti londinesi, l’UK ha perso 90.000 obesi. Lo spiega uno studio congiunto della University of Sheffield e della London School of Hygiene & Tropical Medicine
Credit: Alena Shekhovtcova/unsplash
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
9 settembre 2022 Aggiornato alle 21:00

Spesso parliamo della potenza dell’advertising, ma quantificarla è un altro discorso. Ora uno studio permette di calcolare l’impatto concreto delle inserzioni pubblicitarie o, meglio, quello della sua assenza.

Secondo una ricerca della University of Sheffield e della London School of Hygiene & Tropical Medicine (LSHTM), le restrizioni alla pubblicità di junk food sulle reti della Transport for London (TfL), che gestisce tra le altre cose le stazioni e i treni della metropolitana, hanno impedito quasi 100.000 casi di obesità. Non solo: secondo i ricercatori, il bando delle pubblicità di cibi ricchi di calorie, zuccheri, grassi o ricchi di sale, in vigore dal 2019, potrebbe far risparmiare al NHS (National Health System) oltre 200 milioni di sterline.

Secondo le stime, i casi di obesità registrati sono stati ben 94.867 in meno rispetto alle aspettative, una diminuzione percentuale del 4,8%. Anche i casi di diabete (-2.857) e malattie cardiovascolari (-1.915) si sono ridotti sensibilmente. Nel corso della vita delle persone, questa diminuzione potrebbe tradursi in un risparmio di 218 milioni di dollari.

I risultati sarebbero di per sé significativi, ma assumono un’importanza particolare se confrontati con i tassi di obesità dell’intero Regno Unito – uno tra i più alti in Europa e a livello globale – che salgono inesorabilmente e si sono triplicati in quasi 30 anni. Dal 1993, infatti, come spiega un report della House of Commons, la percentuale di adulti in Inghilterra in sovrappeso o obesi è aumentata dal 52,9% al 64,3% e la percentuale di obesi è aumentata dal 14,9 al 28,0.

Lo studio, pubblicato sull’International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity, ha valutato l’effetto della politica pubblicitaria dei trasporti londinesi analizzando attraverso una serie sondaggi ciò che i consumatori acquistano settimanalmente nei negozi di alimentari e confrontando le tendenze di Londra con un gruppo di controllo al di fuori della Capitale, dove non c’erano restrizioni sulla pubblicità in atto.

Steve Cummins, professore di Salute della popolazione presso LSHTM e autore dello studio, ha dichiarato: «Questo lavoro mostra i potenziali impatti sulla salute e il risparmio sui costi della “Restrizione sugli annunci di cibo spazzatura” del sindaco di Londra sulla base della nostra valutazione all’inizio di quest’anno, pubblicata su PLoS Medicine, che ha rilevato che la politica ha ridotto gli acquisti medi di energia delle famiglie di 1.000 calorie a settimana».

Un precedente analisi, infatti, aveva già registrato come la limitazione della pubblicità di cibi e bevande ad alto contenuto di grassi, sale e zucchero (detti HFSS) attraverso la rete Transport for London avesse ridotto significativamente la quantità media di calorie da questi prodotti acquistate dalle famiglie ogni settimana di circa 1000 calorie a famiglia.

I risultati del nuovo studio mostrano che la politica pubblicitaria ha avuto il maggiore impatto sulle persone provenienti da aree svantaggiate, soprattutto in termini di prevenzione delle condizioni di salute, visto che «le persone di quelle aree tendono a essere complessivamente meno sane». Un aspetto che assume un’importanza particolare alla luce di quanto rilevato dallo studio sull’obesità diffuso dal Parlamento britannico: il rapporto, infatti, mostra come i bambini che vivono in regioni disagiate sono quelli che hanno una probabilità maggiore di essere obesi.

Nella fascia 4-5 anni, nel 2020/21, il 9,1% dei bambini delle aree meno svantaggiate erano obesi, rispetto al 19,7% delle zone più indigenti. In quella 10-11, invece il 15,5% dei bambini nelle aree meno svantaggiate era obeso, contro il 32,1% delle aree più disagiate. In entrambi i gruppi, quindi, i bambini nelle aree più svantaggiate hanno circa il doppio delle probabilità essere obesi. Non solo: in queste zone i tassi di bambini gravemente obesi sono circa quattro volte più alti che nelle altre.

La dottoressa Chloe Thomas, prima autrice dello studio della School of Health and Related Research della University of Sheffield, ha dichiarato: «Sappiamo tutti quanto la pubblicità persuasiva e potente può influenzare ciò che acquistiamo, in particolare il cibo che mangiamo». Ora possiamo vederlo, e misurarlo: questo dovrebbe portarci a comprendere la responsabilità che il mondo dell’advertising comporta e sia necessario contrastare il profitto come unica direttrice per il bene delle persone, che prima di essere consumatori sono cittadini che devono essere tutelati.

Lo studio, conclude Thomas «ha mostrato quale strumento importante possono essere le restrizioni pubblicitarie per aiutare le persone a condurre una vita più sana senza costare loro più soldi. Ci auguriamo che la dimostrazione dei vantaggi significativi della politica nella prevenzione dell’obesità e delle malattie esacerbate dall’obesità porti a un’implementazione su scala nazionale».

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