Bambini

Terzo Polo a scuola? Presente

Per la chiusura della serie Valutazione dei programmi elettorali sull’educazione scolastica, oggi occhi puntati su Azione e Italia Viva
Matteo Renzi durante l'evento Renew Roma il 14 settembre 2022.
Matteo Renzi durante l'evento Renew Roma il 14 settembre 2022. Credit: ANSA/FABIO FRUSTACI
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16 settembre 2022 Aggiornato alle 07:00

Nel programma di Azione e Italia Viva troviamo nella sezione che riguarda la scuola i seguenti punti programmatici:

1. a scuola fino a 18 anni e tempo pieno per tutti;

2. sistema nazionale di valutazione;

3. valorizzazione della professionalità e creazione della carriera di un docente;

4. superare le disparità e le situazioni di svantaggio territoriale;

5. potenziare l’educazione civica;

6. un nuovo modello per la formazione professionale;

7. aumentare il sostegno agli studenti con bisogni educativi speciali;

8. riqualificare in 10 anni tutti gli edifici scolastici;

9. libertà di scelta educativa.

Partiamo subito dal primo punto di cui si discute molto anche sui social “A scuola fino a 18 anni e tempo pieno per tutti”. Per Italia Viva e Azione l’intento è duplice, oltre a voler portare l’obbligo scolastico da 16 a 18 anni, si vuole contemporaneamente anticipare il termine della scuola secondaria di secondo grado (superiori) a 18 anni (invece degli attuali 19 anni).

Mentre si parla di tempo pieno e obbligo scolastico c’è un passaggio che dovrebbe saltare agli occhi: “proponiamo un riordino complessivo dei cicli scolastici”. Questa frase è fondamentale perché, appunto, come già scrivevo commentando il programma del Pd, non avrebbe senso allungare l’obbligo scolastico quando la nostra scuola, così com’è oggi, lascia indietro il 9,7% degli studenti (dispersione implicita). Stiamo parlando di ragazzi e ragazze a rischio sociale, perché pur avendo portato a termine il percorso scolastico, ottenendo il diploma, non hanno comunque raggiunto competenze adeguate per affrontare il mondo del lavoro. Per Azione e Italia Viva non basta alzare l’età dell’obbligo, bisogna intervenire strutturalmente.

Quando si parla di riordino dei cicli è importante tenere a mente alcune cose, provo a fare una sintesi di alcune delle problematiche più urgenti.

Il nostro sistema scolastico è caratterizzato da una forte disparità sociale per indirizzi: nei tecnici e nei professionali si concentrano i figli delle classi sociali meno abbienti, con titoli di studio inferiori, figli di immigrati e, soprattutto nei professionali, troviamo una più alta percentuale di Bes (bisogni educativi speciali). La dispersione scolastica e le bocciature si muovono nella stessa direzione, andando a colpire gli studenti in modo socialmente iniquo.

Le difficoltà iniziano subito dopo la primaria: il salto tra scuola primaria e secondaria di primo grado (medie) è troppo drastico. I ragazzi e le ragazze passano da una didattica incentrata sugli assi fondamentali, alle elementari, a dieci discipline settimanali con contemporanea riduzione del tempo scuola e aumento dei compiti a casa, alle medie. A 14 anni devono decidere che tipo di indirizzo scegliere per le superiori, prematuramente e senza avere i mezzi adeguati e le conoscenze per una scelta consapevole. La forte differenziazione e rigidità degli indirizzi della scuola secondaria di secondo grado fa si che sia molto difficile tornare indietro: chi si accorge di aver scelto la scuola sbagliata fa fatica a cambiarla durante l’anno e spesso viene bocciato.

Serve rivedere tutto o quasi, a partire dalla scuola media.

Sempre al primo punto si prevede l’estensione del tempo pieno per bambini e bambine della scuola primaria (elementari) con l’introduzione del diritto alla mensa per tutti. Le disuguaglianze si misurano anche in termini di tempo-scuola tra chi ha avuto la fortuna di nascere al Nord, dove è sempre possibile iscrivere i propri figli al tempo pieno, e chi invece è nato al Sud, dove il tempo pieno è un lusso. Secondo i dati relativi allo scorso anno (dal libro di Sabrina Carreras Ora o mai più e recuperati a sua volta dal sito del Ministero dell’Istruzione) a Milano il 90% dei bambini ha avuto accesso al tempo pieno mentre a Palermo solo il 4,5% ha avuto questa possibilità. Rimanere a scuola al pomeriggio è una possibilità preziosa perché permette alle famiglie, e in particolare alle donne, di conciliare lavoro e vita personale.

“Si deve procedere a firmare il contratto scaduto da troppi anni in modo da garantire un aumento significativo dei salari di tutto il corpo docente. E in parallelo bisogna introdurre forme di carriera per il personale della scuola in modo da riconoscere anche formalmente le diverse professionalità che affiancano il Dirigente scolastico”. Questo è quanto si legge al terzo punto del programma, quello riguardante la valorizzazione della professione docente.

Come scrivevo nel commento al programma del Partito Democratico, la predisposizione delle carriere, oltre a essere negli accordi presi con il Pnrr, è anche uno dei modi possibili per riconoscere formalmente quello che già esiste nella scuola: docenti che oltre a insegnare si occupano dei progetti e supportano il Dirigente scolastico, il c.d. middle management. Per Italia Viva e Azione questo lavoro deve essere riconosciuto sia formalmente che economicamente.

Il Terzo Polo parla anche di precariato: “sia per i docenti che per il personale ATA si deve abbattere la percentuale di personale precario, riportandola così a livelli fisiologici”. Andrea Gavosto nel suo libro La scuola bloccata ci dice che “il numero di insegnanti assunti a tempo determinato è cresciuto in modo impressionante negli ultimi anni, nonostante l’intenzione dichiarata da molti governi di eliminare una volta per tutte il fenomeno del precariato nella scuola. Nel 2021-22 il numero di docenti precari ha raggiunto l’incredibile numero di 225.000, oltre un quinto del totale, nonostante la creazione di canali di assunzione a tempo indeterminato semplificati”.

Numero sicuramente gonfiato dall’organico Covid e dalle supplenze brevi che hanno caratterizzato lo scorso anno e quello precedente, per quest’anno le stime si aggirano intorno ai 150.000 mila contratti a tempo determinato, come riporta anche un articolo di Jacopo Bennati del 26 luglio per Italia Oggi.

La scelta di come decidiamo di reclutare i nostri insegnanti o di come vogliamo formarli non riguarda solo la professione docente ma anche, e soprattutto, gli studenti che ogni anno subiscono le conseguenze di un sistema che non assicura continuità didattica, soprattutto per gli studenti più fragili.

Proprio in merito alle fragilità dei nostri studenti, il Terzo polo propone in due punti del suo programma, Superare le disparità e le situazioni di svantaggio territoriale e Aumentare il sostegno agli studenti con bisogni educativi speciali (BES), alcune strategie pratiche per combattere la dispersione scolastica e lo svantaggio socio culturale ed economico. Come, per esempio, riconoscere un incentivo economico a docenti appositamente formati per rimanere nelle scuole con un’alta concentrazione di studenti a rischio abbandono, introdurre un tutoring individualizzato per gli studenti con maggiori difficoltà, o aumentare i fondi per stipulare convenzioni con figure esperte a supporto degli studenti fragili.

Il programma dedicato alla scuola, come hai visto all’inizio, comprende vari punti, io ho deciso di soffermarmi solo su alcuni. E, senza tanti giri di parole, credo che in queste pagine ci sia una visione di scuola ben strutturata e, soprattutto, slegata dalla logica di campagna elettorale per slogan a cui stiamo assistendo in questi giorni.

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