Diritti

Cerchi una clinica abortiva? Potresti non trovarla

Secondo un’inchiesta di Bloomberg, negli Usa il servizio offerto da Google Maps mostra agli utenti centri antiabortisti tra i primi risultati
Credit: Waldemar Brandt/Unsplash
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
24 agosto 2022 Aggiornato alle 15:00

Google Maps inganna regolarmente le persone che cercano cliniche per l’aborto”, rivela un’inchiesta di Bloomberg News, la celebre agenzia di stampa internazionale con sede a New York.

Secondo l’indagine pubblicata il 15 agosto, quando gli utenti digitano le parole “clinica per l’aborto” nella barra di ricerca, i centri per la gravidanza rappresentano in media circa un quarto dei primi 10 risultati in tutti i 50 stati degli Usa, più Washington DC. E in 13 di questi, tra cui Arkansas, Carolina del Sud e Idaho, dove la pratica è stata limitata, i Cpc (i centri di gravidanza di crisi) sono almeno 5 o più.

Questo tipo di organizzazioni senza scopo di lucro create per convincere le donne incinte a non abortire, spiega Bloomberg, sono generalmente sostenute da gruppi religiosi, ma non forniscono mai aborti né indirizzano i pazienti alle cliniche reali.

Da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato la sentenza del 1973 Roe v. Wade, 10 stati hanno criminalizzato l’interruzione di gravidanza e 4 hanno limitato la procedura. In alcuni casi, come in Texas, perfino chiedere aiuto a qualcuno per accedervi può comportare responsabilità legali, rendendo Google una delle risorse più sicure.

Anche il numero di cliniche abortive sta diminuendo rapidamente, rendendo più difficile per il gigante della ricerca di proprietà di Alphabet Inc. mostrarne una nelle vicinanze laddove sono diventate scarse. I dati dicono che ci sono più di 2.500 centri di gravidanza in crisi rispetto a circa 800 fornitori di aborti negli Stati Uniti. Maps, però, non indica agli utenti che non esistono opzioni disponibili. Ma se qualcuno è costretto a guidare per 10 o 15 ore per raggiungere un centro abortivo, potrebbe essere devastante scoprire, una volta arrivato, che non è quello che sembra.

La giornalista Davey Alba e il collega Jack Gillum raccontano la storia di Chey, una studentessa di 19 anni che ha cercato una clinica che le permettesse di interrompere una gravidanza in Florida, trovando come primo risultato un Cpc. “Chey non aveva motivo di diffidare del risultato; Google negli ultimi anni ha lavorato per diventare una destinazione per informazioni mediche accurate”.

Eppure, invece dell’aiuto che desiderava, il centro le ha fornito “un feto di gomma e una pila di opuscoli con false affermazioni secondo cui gli aborti portano a problemi di salute mentale e un rischio maggiore di cancro al seno nelle donne”, oltre a consigliarle di portare avanti la gravidanza anche se il suo compagno era violento, per “ricucire la relazione”.

Il problema dei risultati della ricerca sull’aborto non è una novità: già nel 2018 alcune testate giornalistiche, tra cui Gizmodo, avevano chiesto all’azienda di spiegare perché le ricerche rivelassero i Cpc al posto delle cliniche. Ma non era mai stato analizzato pubblicamente su questa scala, spiega Bloomberg, che ha parlato con 33 fornitori di assistenza all’aborto, esperti di giustizia riproduttiva ed esperti di diritti digitali, nonché donne che hanno cercato di abortire utilizzando Google Maps che sono state poi indirizzate ai Cpc.

A giugno alcuni parlamentari democratici hanno esortato l’azienda a fornire risultati accurati alle persone, ma un mese dopo 17 procuratori generali dello Stato repubblicano hanno scritto una lettera al Ceo di Alphabet, Sundar Pichai, chiedendo alla società di “non discriminare” i Cpc nei risultati di ricerca.

Secondo un recente rapporto della società di ricerca Insider Intelligence, Google Maps è il servizio di navigazione dominante negli Stati Uniti, con oltre 118,4 milioni di utenti mensili nel Paese. Negli ultimi anni Google ha cercato di rendere più accessibili le informazioni autorevoli e, in risposta alle domande di Bloomberg, l’azienda ha affermato che lavora sodo per far emergere risultati pertinenti, accurati e aiutare gli utenti a trovare ciò che stanno cercando. Inoltre, quando viene a conoscenza di elenchi e luoghi che violano le sue politiche, si adopera per rimuoverli il più rapidamente possibile e le persone possono segnalarli come fuorvianti per una successiva rimozione.

Ma i siti dei Cpc sono difficili da distinguere dalle cliniche sanitarie legittime e mostrano immagini riconducibili a competenze mediche, come camici bianchi e sale d’attesa, nonostante non abbiano licenze mediche. Una volta all’interno, secondo le fonti, le donne ricevono informazioni errate sulla procedura di aborto, inclusi il rischio per la vita, il rischio di cancro al seno, il rischio per la salute mentale, il rischio per la fertilità futura e il dolore fetale. Bloomberg spiega che decenni di letteratura medica hanno smentito queste affermazioni.

Da quando Roe è stata ribaltata, Alphabet si è impegnata a “rendere accessibili le informazioni sull’assistenza sanitaria riproduttiva attraverso i nostri prodotti”. Poi ha annunciato che avrebbe eliminato automaticamente le registrazioni delle visite degli utenti in luoghi sensibili, comprese le cliniche abortive. Ed è provvista di “livelli aggiuntivi di verifica” per aiutarla a confermare che i luoghi etichettati come “cliniche per l’aborto” su Google Maps e Search offrano effettivamente interruzioni di gravidanza.

Quello che rende ancora più necessario che questi risultati siano accurati è il fatto che alcune donne si trovino in condizioni particolarmente precarie, come per esempio una situazione di violenza domestica. A volte le persone non hanno il tempo e le risorse per scavare davvero in profondità e ottenere rapidamente le informazioni.

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