Diritti

Il genocidio brasiliano del popolo indigeno non si ferma

Land grabbing, odio e omissioni: la violenza praticata ai danni degli indios ha raggiunto livelli record. Quasi 200 le vittime nel 2021
Credit: Apiboficial.org
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22 agosto 2022 Aggiornato alle 21:00

Sono sempre più le vittime del genocidio indigeno in Brasile da quando Jair Bolsonaro è diventato presidente.

Lo conferma il Report annuale sulla violenza contro i popoli indigeni pubblicato lo scorso 17 agosto, che segnala quasi 200 indios uccisi nel 2021.

Secondo il Cimi - Conselho indigenista missionário - responsabile della stesura del report, i casi di omicidio colposo come conseguenza di incendi e investimenti d’auto (con omissione di soccorso) ammonterebbero a 20 e sarebbero legati ai territori contrassegnati da conflitti per la terra.

A ciò si sommano i reati contro la persona indigena: violenza sessuale, tentato omicidio, lesione personale e abuso di autorità. E anche violenza contro i minori: due giovanissime, una quattordicenne e un’altra undicenne appartenenti alle etnie Guarani Kaiowá e Kaingang sono state stuprate e uccise.

Stando a quanto riportato dal quotidiano Folha de S. Paulo, le invasioni delle terre indigene sono aumentate del 180% rispetto al 2018: queste azioni sarebbero la conseguenza della sempre più comune pratica di land grabbing, ovvero, l’accaparramento di terra da parte di grandi aziende e latifondisti, che nello specifico abbattono parte della foresta Amazzonica (portando alla deforestazione) lasciando senza terra i popoli autoctoni.

Per Lucia Helena Rangel, antropologa e docente universitaria che firma uno dei capitoli, quello che fa l’attuale governo è rendere naturale la violenza contro questi popoli, che si vedono sempre meno tutelati da chi di dovere: lo Stato brasiliano.

Una politica ad hoc

Negli ultimi due anni 240.000 ettari di territori indigeni in Amazzonia sono resi idonei all’agricoltura intensiva e monocultura.

È quanto riporta l’agenzia giornalistica investigativa Agência Pública.

Si tratta di una decisione politica poiché venuta direttamente da Palácio do Planalto. E difatti, durante la campagna elettorale del 2018 Bolsonaro ha promesso di legalizzare l’estrazione di diamante dichiarandosi inoltre favorevole a una nuova corsa dell’oro.

Non a caso, a poche ore dal suo insediamento il 1° gennaio 2019, ha emesso un decreto presidenziale che toglieva dalla Funai - Fundação nacional do índio - la responsabilità della demarcazione dei territori indigeni.

Da allora è di competenza del Ministero dell’agricoltura, portafoglio dell’ex Ministra Tereza Cristina fino a marzo 2022.

Esponente del centrodestra, la parlamentare è legata alla lobby dell’agrobusiness, e fu una delle forze politiche che nel 2018 aiutò ad approvare la legge che rende legale l’uso di pesticidi chimici pesati in agricoltura. Il disegno di legge era fermo in Parlamento dal 2002.

Coinvolto anche l’ex ministro dell’ambiente Ricardo Salles. Il politico chiese la destituzione dell’incarico nel giugno 2021 dopo esser stato accusato di proteggere i trafficanti di legname dell’Amazzonia. Un anno prima il Supremo tribunale federale lo aveva già indagato per favoreggiamento dell’esportazione illegale di legno.

Casi di omissioni

Il report segnala anche l’omissione delle Pubbliche amministrazioni locali che dovrebbero comunicare alle Autorità competenti i reati e tenere aggiornata l’apposita banca dati, cosa che non avviene.

L’evidente sottonotifica da parte della Sesai - Secretaria especial de saúde indígena - rende difficoltoso il lavoro delle ong e associazioni presenti in quei territori, le uniche che attualmente riescono a farsene portavoce.

Lesione del diritto alla salute anche da parte della Sesai.

L’ente avrebbe violato l’obbligo di somministrazione dei vaccini anti Covid-19 nonostante l’ordine del Supremo tribunale federale.

Un vero e proprio genocidio in atto dal 1500 e che, dopotutto, sembra infine aver trovato riparo nella nuova casa-grande politica.

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