Economia

La Germania fa marcia indietro sul nucleare

Il governo tedesco ha deciso di posticipare la chiusura delle ultime tre centrali nucleari attive nel Paese per compensare l’impennata dei prezzi del gas. Quali sono le posizioni dei partiti italiani sull’energia atomica?
Credit: EPA/SASCHA STEINBACH
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
18 agosto 2022 Aggiornato alle 17:00

Il prezzo del gas si impenna e la Germania fa marcia indietro sul nucleare. Il 16 luglio le quotazioni hanno registrato un picco di 251 euro al megawattora, e Gazprom ha avvertito che il prossimo inverno i prezzi potrebbero aumentare del 60% superando i 300 euro.

A pesare secondo gli analisti, oltre alle conseguenze del taglio delle forniture imposto da Mosca, è anche la crescente siccità che ha ridotto la produzione idroelettrica e reso più difficile il trasporto fluviale del carbone, aumentando la domanda di gas.

«Questo sta chiaramente peggiorando i problemi energetici dell’Europa», ha dichiarato al Wall Street Journal Fabian Skarboe Rønningen, analista senior presso la società di consulenza Rystad Energy. «Il basso livello dei fiumi e la temperatura dell’acqua calda influenzano sia il carbone tedesco che l’energia nucleare francese, due delle maggiori fonti di approvvigionamento in Europa».

Per questo la Germania, tra i Paesi che più dipendono dalle forniture di gas russo, ha deciso di posticipare la chiusura delle ultime tre centrali nucleari attive responsabili del 6% dell’elettricità del Paese.

Negli ultimi 20 anni le politiche promosse da Socialdemocratici e Verdi per eliminare il nucleare hanno trovato largo sostegno, ma secondo un sondaggio dell’Insa (Institut für neue soziale Antworten) oggi il 70% del popolo tedesco è favorevole ad allungare la vita dei reattori nucleari.

Non è chiaro quanto dovrebbe durare la proroga, e la decisione deve ancora essere adottata formalmente dal gabinetto del cancelliere tedesco Olaf Scholz. Secondo il WSJ è inoltre probabile che sulla sua approvazione debba esprimersi il Parlamento.

Il nucleare, come noto, ha una fama controversa. Osteggiato dagli ambientalisti, che a luglio hanno criticato duramente il suo inserimento nella tassonomia verde accolto dal Parlamento europeo, alcuni lo ritengono necessario nel percorso di transizione verso le energie rinnovabili.

Anche in Italia, dove il nucleare venne di fatto bocciato dai tre quesiti in materia oggetto di referendum nel 1987, il quadro politico riflette questa ambivalenza nei programmi dei partiti in vista della chiamata alle urne del 25 settembre.

Favorevole il centrodestra, che nel suo manifesto elettorale auspica il «ricorso alla produzione energetica attraverso la creazione di impianti di ultima generazione senza veti e preconcetti, valutando anche il ricorso al nucleare pulito». Sulla stessa linea il programma del Terzo Polo presentato in mattinata.

«Le rinnovabili non possono andare da sole perché sono intermittenti – ha dichiarato il segretario di Azione Carlo Calenda in conferenza stampa –. L’unica energia costante che ha emissioni zero si chiama nucleare, se qualcuno ha una soluzione diversa la proponga». In passato anche il leader di Italia Viva Matteo Renzi aveva sostenuto pubblicamente il ricorso al nucleare.

Il Pd ha invece optato per i rigassificatori, il cui ricorso appare «necessario ma a condizione che essi costituiscano soluzioni-ponte, che rimangano attivi solo pochi anni e che possano essere smobilitati ben prima del 2050». Contrario anche il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte.

Intanto anche il nostro Paese deve fare i conti con la crisi del gas. Il 9 agosto, infatti, è entrato in vigore il regolamento varato dall’Unione europea sulla riduzione volontaria della domanda di gas naturale del 15% tra il 1º agosto 2022 e il 31 marzo 2023.

Per l’Italia l’obiettivo è ridotto al 7% in virtù di alcune deroghe che tengono conto in particolare del livello di stoccaggio raggiunto e della possibilità di esportare il gas risparmiato in altri Paesi.

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