Futuro

Curare gli umani senza uccidere gli animali

Molte aziende e centri di ricerca esplorano la frontiera della tecnologia chimica e farmaceutica che non fa uso di test sulle bestiole da laboratorio. Non solo per limitare o evitare le loro sofferenze. Ma anche per arrivare a esperimenti più significativi. La strada è però ancora lunga
Credit: Emiliano Vittoriosi
Tempo di lettura 4 min lettura
18 agosto 2022 Aggiornato alle 06:30

Gli europei sembrano sempre più sensibili alla qualità della vita degli animali.

Moltissimi, per esempio, vorrebbero evitare alle bestiole dei laboratori la sofferenza causata dai test obbligatori per i nuovi prodotti farmaceutici. In teoria.

In pratica, però, vogliono anche prodotti chimici e farmaceutici molto sicuri per la salute degli umani.

Undici mesi fa, il Parlamento europeo ha votato a larga maggioranza una proposta per abolire i test sugli animali. Ma la policy sulla sostenibilità avviata dalla Commissione europea prevede test molto stringenti per i nuovi prodotti farmaceutici e chimici. La contraddizione sarà sciolta soltanto dall’innovazione.

Il problema, naturalmente, è complesso. Da una parte occorrono test senza animali per vedere se i nuovi prodotti sono efficaci. Dall’altra parte occorrono esperimenti senza animali per sapere se i nuovi prodotti fanno male. Le novità si concentrano soprattutto sulla prima parte del problema.

In effetti, i nuovi farmaci funzionano in modo sempre più preciso e si riferiscono in modo sempre più puntuale alla genetica e alla struttura cellulare del corpo umano. Una visione non certo troppo ambiziosa prevede che la medicina del futuro sarà personalizzata, adattando le cure alle caratteristiche specifiche del singolo individuo.

Coerentemente con queste tendenze, l’utilità dei modelli animali per verificare l’efficacia dei nuovi prodotti farmaceutici diventa sempre più dubbia.

Le alternative non mancano. Gli scienziati sono in grado di produrre organoidi simili a quelli che i nuovi prodotti vogliono curare a partire per esempio da cellule staminali.

Oppure possono realizzare delle piattaforme composte di biotecnologia ed elettronica (organ-on-a-chip) per ottenere materiale sul quale condurre le sperimentazioni.

Infine, con l’uso dell’intelligenza artificiale possono tentare di modellizzare la struttura dell’organismo e prevedere le sue reazioni all’introduzione di nuovi prodotti chimici.

Una grande inchiesta del Financial Times ha elencato le strategie e i risultati ottenuti di diverse grandi imprese farmaceutiche sulla frontiera del superamento dei test sugli animali.

Esempi? La startup svizzera Sun Bioscience produce organoidi a tre dimensioni standard che quindi possono essere particolarmente utili per la ripetizione degli esperimenti.

La Hesperos, basata in Florida, realizza organ-on-a-chip per realizzare modelli da usare nella sperimentazione farmaceutica relativi a problemi per i quali non esistono modelli animali adatti.

E la Merck collabora con la startup israeliana Quris che sta sperimentando un modello di organismo umano allo scopo di usare l’intelligenza artificiale per condurre sperimentazioni sui nuovi farmaci.

Queste e altre aziende e centri di ricerca si stanno concentrando sul rapporto tra i nuovi prodotti farmaceutici e la loro efficacia come cura per certe malattie.

Probabilmente da questo punto di vista stanno facendo passi avanti importantissimi. E sotto questo aspetto, la sostituzione degli esperimenti sugli animali non è troppo lontana.

Il problema è la valutazione dei danni - collaterali - che i nuovi prodotti farmaceutici o chimici possono arrecare agli organismi umani.

La complessità di un organismo vivente è tale che l’introduzione di un nuovo prodotto può avere conseguenze indirette molto significative.

Il modello animale può essere inefficiente nella validazione dell’efficacia di un nuovo farmaco nella cura di una particolare malattia, ma resta particolarmente importante per tener conto degli aspetti sistemici di un organismo.

In questo senso, i modelli basati sugli organoidi o gli organ-on-a-chip sono meno rassicuranti dei modelli animali perché non sono ancora in grado di simulare la complessità di un organismo.

Probabilmente la questione sarà affrontata con l’uso di macchine molto più complesse, come i “gemelli digitali” del corpo umano e del singolo individuo.

Ma il concetto di digital twin, affascinante dal punto di vista teorico, non si è ancora tradotto in una tecnologia tanto completa da offrire un terreno di sperimentazione perfetto per i nuovi farmaci. Gli incentivi che spingono gli scienziati a riuscirci, economici, culturali, etici, sono però tali da indurre a pensare che l’esplorazione di questa frontiera sia un compito da perseguire. Con razionale energia.

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