Economia

Ryanair e la fine dell’era low cost

Mai più voli a 10 euro, annuncia la compagnia aerea irlandese: è una buona notizia per l’ambiente ma non per chi non può o non vuole permettersi costi più alti. Scopriamo perché
Credit: EPA/TOMS KALNINS
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15 agosto 2022 Aggiornato alle 06:30

Mai più voli a dieci euro, ha annunciato l’amministratore delegato di Ryanair Michael O’ Leary.

D’ora in poi, a causa dell’aumento del prezzo dei carburanti, i voli costeranno minimo cinquanta euro.

Ma la fine della filosofia low cost non riguarda solo gli aerei.

Gli aumenti dei prezzi coinvolgono moltissimi settori, e dipendono sia dal gas sia da altri fattori, come dalla difficoltà di reperire materie prime sempre più introvabili, dai metalli alla carta.

È come se il mondo “fisico” si stesse ribellando a questo scostamento perenne tra i costi reali di un prodotto e di un servizio e il tentativo del nostro capitalismo di allargare la platea dei consumatori con prezzi stracciati. Come le offerte “sotto costo” dei volantini dei nostri supermercati, le auto date in leasing per evitare l’esborso iniziale, le prenotazioni last minute per cogliere l’offerta del momento, i vari Groupon e siti per comprare qualunque cosa, dalla depilazione col laser al check up cardiologico a poche decine di euro.

La fine di una filosofia di vita

Parliamoci chiaro: per l’ambiente la fine del low cost può essere solo una buona notizia. È come la questione dell’overshooting day. Abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità ambientali, ma non si può più aggirare la fisicità di un oggetto e di un servizio, ovvero il costo delle materie con cui è prodotto, così come il lavoro e l’energia utilizzati per produrlo.

La natura sta cercando disperatamente di rimettere in linea ciò che il low cost capitalista ha perennemente disallineato, arrivando appunto alla “mostruosità” ambientale del vendere voli a pochi euro.

Non solo: con la fine del low cost finisce anche un modo di vivere e di approcciare le cose. Quello che, appunto, credeva di potersi spostare nel mondo velocissimamente e senza conseguenze, come se i nostri corpi non fossero dannatamente fisici e quindi il loro spostamento non richiedesse energia, dunque appunto produzione di emissioni.

La moda per cui “vado a fare un week-end a New York” ha prodotto danni ambientali senza pari, così come la convinzione che il mondo fosse un posto dove acquistare beni e servizi a poco, dove poter fare qualsiasi cosa e qualsiasi spostamento senza doversi assumere nessuna responsabilità. Di cui, d’altronde, nessuno ci parlava.

Le illusioni perdute del ceto medio

Dobbiamo dunque rallegrarci, dunque, se siamo costretti a rallentare, a volte fermarci, ripensare i nostri spostamenti, cominciare a riflettere sulle conseguenze ambientali delle nostre scelte? Sì e no.

Il problema è che, poiché non sono state fatte politiche di lotta alle emissioni, rispetto alla crisi climatica abbiamo come unica possibilità quella di adattarci.

E, poiché anche le politiche di adattamento pubbliche sono pochissime (solo un esempio: le foreste urbane, una barzelletta), l’unica cosa che ci resta è la possibilità di spostarci quando, a esempio, le estati si fanno troppo torride.

O mandare nostro figlio a studiare altrove, perché pensiamo che nel nostro Paese il degrado climatico sarà troppo intenso.

Tutte queste possibilità, con la fine del low cost, restano in mano ai ricchi e ricchissimi. Che, pur “piangendo anche loro”, possono comunque ancora permettersi di fare le vacanze in Norvegia o magari in Argentina, piuttosto che, appunto, comprarsi case nei Paesi in cui la crisi climatica impatta meno.

E i meno ricchi? Quel ceto medio-basso che nei low cost aveva visto una speranza di liberazione dalla propria dura condizione?

Sono i più colpiti da questa fine, sia in termini pratici che soprattutto psicologici. Per loro molte cose che prima erano accessibili non lo saranno mai più.

Sarà difficile immaginare, vista l’inflazione destinata solo a crescere, di riempire un carrello di spesa con poche decine di euro.

E se prima potevano spostarsi, a esempio, per due settimane, l’aumento dei costi delle vacanze li costringerà magari a un fugace week-end di pausa per rimpiombare nelle città infuocate.

Oppure li priverà del viaggio di Natale, o di quegli spostamenti che rendono la vita meno grama e consentono una sensazione di libertà.

Il ceto medio sarà più colpito di quello più povero, da sempre abituato alla stanzialità.

Ma per chi da quella stanzialità era uscito, tornare indietro è durissimo e scioccante. Non c’è niente di peggio che essere poveri ma con una filosofia di vita, inculcata in ogni modo, che prevede risorse e soldi per poter essere messa in pratica.

Quelle riforme mancate scaricate sul low cost

La colpa di tutto ciò è duplice: da un lato, appunto, un sistema capitalistico che ci ha illuso che tutto fosse a portata di mano, come nelle nostre pubblicità dove tutto è meravigliosamente eccitante.

Dall’altro, di una classe politica che nulla ha fatto per proteggere i nostri beni pubblici, per lottare contro la crisi climatica mettendo in atto drastiche misure per contrastarla, per rendere le nostri città più vivibili, d’estate e in generale sempre.

Ma anche nulla ha fatto per provare a lavorare su un modello anche culturale di decrescita, oggi tanto più necessario.

Non solo: è come se si fossero appaltate alle offerte low cost quelle riforme strutturali contro le diseguaglianze, e di aumento dei salari che si sarebbero dovuto fare.

Invece di rendere gli stipendi più forti, invece di tentare di avvicinare ricchi e poveri, i politici si sono, implicitamente, comodamente appoggiati su un modello di consumo a basso costo, dove appunto quasi tutti potevano permettersi un viaggio così come un servizio.

Peccato che mentre le riforme sono strutturali – almeno quelle vere, non i “bonus vacanze” – il low cost si basava su un sistema gonfiato, una bolla, appunto.

Che è scoppiata, come era prevedibile che accadesse, quando appunto il mondo “fisico” ha cominciato a riprendersi i suoi spazi.

Sarà sempre di più così, beni e servizi costeranno sempre di più, ma il modello di vita a cui aspiriamo, i nostri valori, li prevedono.

E questo è un problema enorme, visto che la politica non ha lavorato per rendere accessibili questi beni e servizi, né per proteggere i nostri beni comuni, in primis il nostro clima.

Colmare la distanza tra chi può accedere a un viaggio e chi no è sempre più difficile e non sarà certo una flat tax a consentirlo. Abbiamo un problema enorme e nessuna idea di come risolverlo.

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