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Il climate change può aggravare le malattie infettive?

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature, i cambiamenti climatici hanno acuito il 58% delle malattie infettive. Dalle più lievi a quelle mortali come la peste
Credit: Rahman Indra/Xinhua via ZUMA Press
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
11 agosto 2022 Aggiornato alle 13:00

Oltre ad aggravare le condizioni atmosferiche del Pianeta, i cambiamenti climatici hanno un effetto negativo anche sulle malattie infettive che colpiscono gli esseri umani.

Secondo uno studio pubblicato sulla celebre rivista scientifica Nature, inondazioni, ondate di calore e siccità hanno aggravato più della metà di quelle conosciute finora, tra cui malaria, epatite e colera.

I ricercatori e le ricercatrici di varie università, tra cui quella delle Hawaii, negli Stati Uniti, e di Göteborg, in Svezia, hanno esaminato decenni di articoli scientifici (circa 77.000 in totale) sui casi accertati di malattie patogene e hanno scoperto che 218 delle 375 conosciute sembravano peggiorate da uno dei 10 tipi di condizioni meteorologiche estreme legate al cambiamento climatico: riscaldamento atmosferico, ondate di calore, siccità, incendi, forti precipitazioni, inondazioni, tempeste, innalzamento del livello del mare, riscaldamento degli oceani e cambiamento della copertura del suolo.

Il team composto da 11 scienziati e scienziate ha scoperto che il cambiamento climatico influenza più di 1000 vie di trasmissione, quindi ha tracciato in una mappa interattiva un database di rischi climatici, vie di trasmissione, agenti patogeni e malattie.

Sul sito di informazione The Conversation, a cui collaborano accademici e ricercatori da tutto il mondo, alcuni autori dello studio, Tristan McKenzie, Camillo Mora e Hannah von Hammerstein, spiegano che, per essere in grado di prevenire le crisi sanitarie globali, “l’umanità ha bisogno di una comprensione completa dei percorsi e dell’entità con cui il cambiamento climatico potrebbe influenzare le malattie patogene”.

Hanno rilevato che il maggior numero di malattie aggravate dai cambiamenti climatici riguarda la trasmissione tramite vettori, che possono essere zanzare, pipistrelli o roditori.

Invece, considerando il tipo di rischio climatico, hanno scoperto che la maggior parte era associata al riscaldamento atmosferico (160 malattie), alle forti precipitazioni (122) e alle inondazioni (121).

Queste ultime, a esempio, “possono diffondere l’epatite. L’aumento delle temperature può prolungare la vita delle zanzare portatrici della malaria. La siccità può portare roditori infetti da hantavirus (il virus della febbre emorragica, ndr) nelle comunità mentre cercano cibo. Gli oceani riscaldati e le ondate di calore contaminano i frutti di mare di cui ci cibiamo”, spiegano sul sito.

Ma come fa il clima a influenzare il rischio di agenti patogeni? In quattro modi: avvicinando gli agenti patogeni alle persone e viceversa, aumentandoli, e indebolendo la capacità dell’organismo di reagire.

Non è la prima volta che i medici collegano malattie e clima, ma questo studio mostra quanto sia diffusa l’influenza delle condizioni atmosferiche sulla salute umana. Il dottor Jonathan Patz, co-autore dello studio e direttore del Global Health Institute dell’Università del Wisconsin-Madison, ha spiegato all’agenzia Associated Press che «se il clima sta cambiando, anche il rischio di queste malattie sta cambiando». Le patologie, ha detto, dovrebbero essere considerate come i sintomi di una Terra malata.

Oltre a esaminare le malattie infettive, i ricercatori hanno ampliato il discorso anche a quelle non infettive come l’asma, le allergie e persino i morsi di animali: delle 286 analizzate, 223 sembravano essere peggiorate da almeno un rischio climatico, solo 9 erano state ridotte e 63 attenuate.

Camilo Mora, analista di dati climatici presso l’Università delle Hawaii, ha specificato a Associated Press che lo studio non riguarda la previsione di casi futuri: «Non c’è nessuna speculazione qui, sono cose che sono già successe». Per esempio, nel 2016, in Siberia, una carcassa di renna vecchia di decenni morta per antrace, un’infezione batterica molto rara ma altrettanto grave, è stata portata alla luce quando il permafrost si è scongelato a causa del riscaldamento: un bambino l’ha toccata, è stato infettato e ha dato vita a un focolaio.

Per quanto riguarda il Covid-19, sono stati trovati casi in cui il clima estremo ha sia esacerbato che diminuito le possibilità di contagio: il caldo estremo nelle aree povere ha fatto radunare le persone per rinfrescarsi e le ha esposte di più alla malattia, ma in altre situazioni i forti acquazzoni ne hanno ridotto la diffusione perché le persone sono rimaste a casa e al chiuso, lontano dagli altri.

L’esperta di lunga data del clima e della salute pubblica Kristie Ebi della Washington University ha espresso alcuni dubbi sullo studio: «Gli autori non hanno discusso in che misura i rischi climatici esaminati siano cambiati nel periodo di tempo dello studio e in che misura eventuali cambiamenti siano stati attribuiti al cambiamento climatico».

Ma il dottor Aaron Bernstein, direttore a interim del Center for Climate, Health, and the Global Environment presso la Harvard School of Public Health, ha detto si tratta di un buon avvertimento sul clima, sulla salute e il futuro, soprattutto perché il riscaldamento globale e il danneggiamento degli habitat spingono gli animali e le loro malattie a spostarsi più vicino agli esseri umani.

Cosa si può fare a riguardo? “A nostro avviso, per ridurre il rischio, l’umanità dovrà porre un freno alle emissioni di gas serra causate dall’uomo che alimentano il riscaldamento globale”, scrivono gli autori.

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