Diritti

UK: la Premier League va a scuola di consenso sessuale

Per la prima volta anche il grande calcio si confronta con un problema drammatico ed endemico, come quello della violenza di genere. Ascoltando la voce delle donne, finora silenziata o denigrata, e quella delle associazioni femministe
Credit: David Klein/CSM via ZUMA Press Wire
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
11 agosto 2022 Aggiornato alle 15:00

Tutti i giocatori della Premier League inglese (l’equivalente della nostra Serie A) gli allenatori e lo staff dei 20 club dovranno frequentare un corso di formazione obbligatorio sul consenso sessuale.

È una notizia all’apparenza banale, ma che rappresenta in realtà un grande passo avanti verso il riconoscimento di un fenomeno di cui finora solo i casi giudiziari e mediatici hanno tratteggiato i contorni, spesso nel modo sbagliato.

Difficilmente la leggeremo sui giornali italiani, in particolare quelli sportivi, troppo impegnati a fare articoli sulla “mamma dietro ai trionfi della Red Bull” o a oggettivizzare le “wags” conquistate con la nuova campagna acquisti. Eppure, la decisione della Premier League segna un piccolo momento storico.

Non solo perché per la prima volta anche il “grande” calcio – non solo le Academy e i giocatori dagli under 14 agli under 23, che avevano già frequentato dei seminari sul consenso sessuale – si confronta con un problema drammatico ed endemico come quello della violenza di genere, ma anche perché per la prima volta la voce delle donne, finora silenziata o denigrata, e quella delle associazioni femministe ha trovato ascolto.

«È chiaro che il nostro bellissimo gioco ha un lato negativo quando si tratta di violenza contro le donne. È tempo che FA e Premier League affrontino una cultura di violenza di genere». Così scrivevano pochi mesi fa in una lettera aperta le associazioni femministe End Violence for Women, Three Hijabis e Level Up, invitando Football Association (FA) e Premier League a «mostrare da che parte stavano in merito alla violenza contro donne e ragazze», spiegando che una loro azione avrebbe potuto avere un impatto più ampio sulla società.

«I giocatori di calcio e le squadre per cui giocano hanno una posizione unica nel plasmare gli atteggiamenti di ragazzi e uomini. Il loro comportamento sia dentro che fuori dal campo è influente e la trasformazione della cultura nel calcio avrà un impatto sismico sulla società in generale».

Le accuse nei confronti dei giocatori sono sempre più numerose e finora l’azione della Lega e dei club è stata colpevolmente insufficiente, come nel caso di un club che solo poche settimane fa ha deciso di non procedere in alcun modo nei confronti di uno dei propri giocatori (di cui non si conosce l’identità), oggetto di molteplici accuse di stupro.

Del resto, quello del giocatore del Manchester United Cristiano Ronaldo – accusato di aver stuprato Kathryn Mayorga nel 2009 a Las Vegas e scagionato grazie alla “malafede” dell’avvocata dell’accusatrice, Leslie Mark Stovall, e l’utilizzo di documenti rubati sui colloqui fra il giocatore e i suoi legali – è solo uno nella lunghissima lista di casi di calciatori accusati di violenza sessuale, molti dei quali giocano proprio nel Regno Unito, come Mason Greenwood e Wayne Rooney, per citare solo due tra i nomi più conosciuti.

Inascoltate, sbeffeggiate o accusate di essere a caccia di soldi, perché «uno così ricco e potente non ha bisogno di stuprare nessuno», finalmente le vittime trovano ascolto e per la prima volta è evidente quale sia realmente la situazione: il problema delle violenze sessuali nello sport esiste e va affrontato, ora.

La formazione, secondo quanto riportato dal Telegraph, includerà contenuti sul riconoscimento delle molestie sessuali e del bullismo, sulle relazioni e sull’ottenimento del consenso.

Per il direttore dell’organizzazione End Violence Against Women Coalition, Andre Simon, si tratta di un momento importante, ma è solo il primo di tanti, necessari, passi:

«L’annuncio di oggi – ha detto ai microfoni della Bbc – è un primo passo importante e atteso da tempo nella giusta direzione. La violenza di genere è una questione pervasiva e sistemica che deve essere affrontata in tutta l’industria calcistica nel suo insieme, con un’azione urgente e coordinata».

Secondo Shaista Aziz, co-direttrice di Three Hijabis, però, ci sono ancora dei punti che rimangono oscuri e che è fondamentale chiarire per rendere questa iniziativa capace di avere un impatto reale:

«Qualsiasi programma per affrontare la violenza di genere deve essere realizzato da specialisti della violenza contro le donne e le ragazze se vuole essere un cambiamento significativo. I dettagli contano, così come la trasparenza e la responsabilità. Abbiamo avuto incontri produttivi con la Premier League su questi temi e non vediamo l’ora di incontrarci di nuovo per discutere l’attuazione delle nostre richieste. La FA, al contrario, continua a essere opaca, fuori passo e sprezzante nei nostri confronti. Chiediamo alla FA di impegnarsi urgentemente nella lotta alla violenza di genere nel calcio».