Ambiente

La lotta della Spagna contro lo spreco alimentare

Madrid ha presentato un disegno di legge assumendo una posizione reazionaria e risolutiva per modificare l’approccio al consumo, e soprattutto al non consumo, di cibo
Credit: Bruno Figueiredo
Tempo di lettura 4 min lettura
10 agosto 2022 Aggiornato alle 21:00

Produciamo più di quanto serva, sprechiamo più di quanto potremmo permetterci.

Se n’è accorto il governo spagnolo che, nelle scorse settimane, ha presentato un disegno di legge attraverso il quale sarà praticamente vietato lo spreco alimentare.

L’obiettivo? Porsi in una posizione reazionaria e risolutiva verso un problema globale tentando di modificare, attraverso la legge, l’approccio al consumo e soprattutto al non consumo.

Le criticità sull’efficacia e sulla sostenibilità della filiera alimentare rientrano in quel calderone di argomenti che, ormai, diamo per scontati, non ci sconvolgono più.

Si è spesso addirittura inconsapevoli del folle groviglio di scelte e azioni spesso criminose o, nel migliore dei casi, poco etiche che precedono l’arrivo di un cibo sulle nostre tavole. Se ci arriva.

Perché secondo la Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, circa il 14%del cibo a livello mondiale non arriva neanche sugli scaffali ma anzi, si “perde” nei passaggi intermedi.

Cosa accade però ai prodotti che consumiamo, quelli che acquistiamo regolarmente? Anche qui, niente di positivo.

Sprechiamo troppo cibo, in Europa come nel resto del mondo: circa 1 miliardo di tonnellate ogni dodici mesi.

In Spagna, per esempio, ogni cittadino getta in media 31 chilogrammi di cibo all’anno, complessivamente 1300 tonnellate in tutto il Paese.

Il trend, già studiato e raccontato anche dalla Fao nei propri report periodici, ha spinto il ministro spagnolo dell’agricoltura Luis Planas a proporre al parlamento la virata green che dovrebbe entrare in vigore entro il 2023.

Un disegno ambizioso, che non lascia spazio allo spreco.

Si parte dai punti vendita, supermercati e negozi, arrivando a bar e ristoranti; tutte le attività dovranno prevedere un piano per la riconversione o donazione del cibo invenduto, con tanto di formazione offerta al personale coinvolto.

Le attività dovranno impegnarsi a cedere a enti, Ong o banchi alimentari i prodotti in surplus, quelli poco appetibili a livello visivo e soprattutto a combattere gli sprechi destinando ad altre linee il cibo non più commestibile e donabile.

Si parla di riconvertire, per esempio, il cibo scaduto in fertilizzante o mangimi per la nutrizione animale oppure di trasformare in altri prodotti gli articoli che non più freschissimi, ma ancora edibili.

I cibi vicini alla data di scadenza, invece, subiranno un deprezzamento.

Essere sostenibili sarà un must anche per chi mangia fuori casa, con bar e ristoranti obbligati a fornire al cliente una “doggy bag”, ovvero la possibilità di portare con sé il cibo avanzato in contenitori riutilizzabili o facilmente riciclabili, alternativa già presente in Italia e Franca.

Una norma che mira all’integrazione dell’economia circolare nella vita dei cittadini, anche passando per le maniere forti: per le aziende che non rispettano la norma, infatti saranno previste sanzioni dai 2 ai 60.000 euro fino a un massimo di 500.000, nei casi di reiterazione.

I singoli cittadini, invece, non pagheranno alcuna multa.

Evidentemente il parlamento iberico spera di risolvere il problema a monte, regolamentando chi il cibo lo distribuisce e non chi lo consuma.

Altrimenti, verrebbe da pensare a un atto di fede, una richiamo alla responsabilità collettiva come fa intendere il ministro Planas: “In un mondo in cui c’è ancora spazio per fame e malnutrizione, ci sono cose che pesano sulla coscienza di ciascuno di noi”.

Leggi anche
Ambiente
di Redazione 2 min lettura
cibo
di Eleonora Luna 3 min lettura