Economia

Perché la peggiore crisi del 2022 sarà in Afghanistan

L’Afghanistan si prepara ad affrontare un 2022 descritto dalle Nazioni Unite come l’anno di una delle peggiori crisi economiche della storia e di una crisi umanitaria senza precedenti
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26 dicembre 2021 Aggiornato alle 15:00

Quasi nell’indifferenza del mondo, di quella stessa comunità della quale alcuni autorevoli membri dispiegavano l’esercito sul suo territorio, l’Afghanistan si prepara ad affrontare un 2022 descritto dalle Nazioni Unite come l’anno di una delle peggiori crisi economiche della storia e di una crisi umanitaria senza precedenti.

Molti stipendi, in particolare dei dipendenti pubblici, non vengono pagati; la moneta è crollata, portando a un rialzo feroce dell’inflazione, che impedisce di comprare beni essenziali; si stima che la stagione fredda, già iniziata da settimane, porterà oltre 22 milioni di Afghani, in sostanza quasi metà della popolazione, nell’insicurezza alimentare mentre oltre 3 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni risultano già malnutriti. Si aggiungono le epidemie, con oltre 60mila casi di morbillo, focolai di diarrea acuta e malaria. Per tacere del Covid.

La situazione era già difficile, ma l’avvento al potere dei talebani l’ha peggiorata: non sono solo i violatori seriali di diritti umani che ben conosciamo, ma anche degli assoluti incompetenti, incapaci di gestire un’economia qualsiasi, anche non particolarmente moderna come quella del Paese che hanno conquistato in agosto. Hanno annunciato obiettivi di bilancio che non hanno rispettato, occupato e gravemente rallentato le vie del commercio internazionale, affossato il sistema finanziario e bancario, con cittadini e aziende che si sono trovati nell’impossibilità o quasi impossibilità di accedere ai depositi.

Forse, letta in questa chiave, la precipitosa fuga degli Stati Uniti dal Paese assume un senso diverso e vien facile pensare che gli Americani fossero perfettamente coscienti che sarebbe imploso, costringendo i nuovi-vecchi dominatori di Kabul a scendere a patti. Ma a che prezzo? Fame, carestia, epidemie e morte. L’occidente si sta interrogando su come dare aiuto agli Afghani senza riconoscere un Governo composto anche da terroristi riconosciuti come tali. E non sa darsi una risposta, perché sa che l’opinione pubblica resta indifferente, almeno finché non sente i profughi bussare alle porte. Di certo gli afghani lo faranno, a meno che non vengano salvati da chi ha interesse a estendere la sua sfera d’influenza: i colloqui tra la Cina e il regime di Kabul sono già iniziati.