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Guida pratica ai diritti dell’infanzia

Per garantirli, nel 1989 l’Onu ha approvato la Convention on the Rights of the Child che contiene i punti cardine per tutelare bambini e adolescenti. L’Italia ha ratificato il documento nel 1991
Credit: Kids’ City at Danish Architecture Center

Quando nel 1989 è stata introdotta la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, lo scopo era quello di assicurare una tutela ulteriore oltre a quella garantita dai diritti umani, stabiliti in diversi documenti a livello internazionale.

Che cos’è la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia

La Convention on the Rights of the Child fu approvata all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989. Da quel giorno è stata ratificata da 196 Stati, tra i quali l’Italia, che ha aderito al documento il 27 maggio 1991 grazie alla legge numero 176. Non esistono altri documenti in materia di diritti umani che hanno lo stesso numero di ratifiche.

Trentatré anni dopo l’introduzione della Convenzione e a trentuno dalla ratifica da parte dell’Italia, il 20 novembre si continua a celebrare la Giornata Mondiale dei diritti dei bambini. La data è stata scelta in concomitanza con il giorno in cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò uno dei documenti “antenati” della Convenzione, la Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959. Nello stesso giorno del 1989 è stata approvata anche la Convenzione.

Quali sono i 10 diritti fondamentali dei bambini

Gli articoli contenuti nella Convenzione sono 54, ai quali si è arrivati dopo circa dieci anni di lavori preparatori. Sono divisi in tre parti.

Dall’articolo 1 al 41 si enunciano i diritti fondamentali, mentre dal 42 al 45 la Convenzione si occupa degli organismi preposti al rispetto dei diritti stessi e alle modalità per il miglioramento e il monitoraggio della Convenzione. Gli articoli dal 46 al 54 sono invece quelli che descrivono la procedura di ratifica.

Un’ultima parte del documento è formato dai tre protocolli facoltativi approvati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, due nel 2000 e uno (il terzo) nel 2011. È la parte della documentazione che si è resa necessaria, secondo quanto stabilito dall’Onu, per contrastare quanto avvenuto negli anni più recenti, ovvero dopo il 1989, in tema di guerra, sfruttamento sessuale e possibilità di accedere a procedure di reclamo da parte dei bambini stessi, sia individualmente sia in gruppo, una volta che si ritengano violati determinati diritti.

Nella Convenzione, l’Unicef stabilisce quattro principi cardine.

Il primo, riportato nell’articolo 2, riguarda la non discriminazione. I diritti sanciti nel documento devono essere garantiti a tutti i bambini e gli adolescenti senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione, opinione del bambino/adolescente o dei genitori.

Il secondo, contenuto nell’articolo 3, certifica il superiore interesse del bambino. Ogni legge che viene promulgata dagli Stati che hanno ratificato la Convenzione, riconoscendola dunque come attiva nel proprio Paese, così come ogni provvedimento o iniziativa pubblica e privata, deve avere come priorità l’interesse del bambino/adolescente.

Nell’articolo successivo, il 4, si parla invece del diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino e dell’adolescente. Deve essere garantito il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini, anche tramite la cooperazione internazionale.

Quarto e ultimo principio cardine, di cui si occupa l’articolo 12, è che i bambini devono essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardino e gli adulti hanno il dovere di tenere adeguata considerazione delle loro opinioni.

Oltre ai quattro principi, dalla Convenzione sono stati estrapolati dieci diversi diritti che l’Unicef ha diviso in questo modo:

- Il diritto all’uguaglianza.

- Il diritto a un nome e a una nazionalità.

- Il diritto alla salute.

- Il diritto alla formazione.

- Il diritto al gioco e allo svago.

- Il diritto alla partecipazione.

- Il diritto ad avere una vita privata.

- Il diritto di essere protetto contro gli abusi.

- Il diritto a una comunità familiare.

- Il diritto all’assistenza in caso di menomazione.

Cosa dice l’articolo 32 della convenzione ONU sui diritti dell’infanzia

C’è anche una specifica parte della Convenzione dedicata al lavoro minorile, una piaga che affligge soprattutto i Paesi più poveri del mondo, ma non solo. L’articolo 32 è quello che si occupa della protezione dei giovani sul luogo di lavoro e del divieto del lavoro minorile.

L’età minima per l’ammissione al lavoro non può essere inferiore a quella in cui termina la scuola dell’obbligo, fatte salve le norme più favorevoli ai giovani ed eccettuate deroghe limitate. Nel caso dell’Italia, quindi, non è possibile accedere al mondo del lavoro prima dei sedici anni.

I dati delle associazioni che si occupano dello sfruttamento del lavoro minorile indicano un’emergenza tuttora in corso. I bambini tra i 15 e i 17 anni che vengono sfruttati sono oggi 160 milioni, di cui quasi la metà (79 milioni) svolgono lavori duri o pericolosi, come spiega Save The Children in una recente relazione.

Altri 9 milioni di bambini rischiano di finire nelle stesse maglie entro la fine dell’anno e secondo una ricerca della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, risalente allo scorso anno, 2,4 milioni di lavoratori compresi tra i 16 e i 64 anni sono stati introdotti al mondo occupazionale prima di compiere 16 anni. Per questo, oltre alla Giornata Mondiale dell’infanzia del 20 novembre, ogni 12 giugno si celebra la Giornata Mondiale contro il lavoro minorile.

I diritti dei bambini e il conflitto in Ucraina

I diritti dei bambini sono diventati recentemente sempre più di attualità con lo scoppio della guerra in Ucraina. Il conflitto è infatti la situazione in cui meno si riesce a garantire il rispetto dei principi enunciati nella Convenzione. Sebbene ci sia un costante lavoro per organizzare corridoi umanitari, rivolti non solo alle giovani generazioni ma in generale a tutta la popolazione civile, quanto sta accadendo tra Russia e Ucraina, così come in tutte le parti del mondo in cui si soffre per la guerra, crea delle situazioni di enorme difficoltà per i bambini.

Impossibile pensare di garantire un diritto alla salute laddove scoppiano ordigni e vengono colpiti gli ospedali, le case. Impensabile che venga pienamente rispettato il diritto al gioco e allo svago in zone del mondo nelle quali la prima preoccupazione, dei bambini e dei genitori, è salvare la pelle.

Secondo Save The Children, in Ucraina i bambini in grave pericolo perché esposti ad abusi, traumi psicologici e sfollamento sono oggi almeno 7,5 milioni, ma la situazione (pur circoscritta a una parte minore del Paese) ha cominciato a delinearsi in tal senso già nel 2014.

A novembre 2021, ben prima che la guerra assumesse le attuali dimensioni, i bambini e le bambine che vivevano in aree di conflitto erano 400 milioni. Di queste, tra i 10 e i 16 milioni erano a rischio di non poter tornare a scuola perché costretti a lavorare o spostarsi. E ancora: 5,7 milioni sono quelli sotto i cinque anni sull’orlo della fame e oltre un miliardo vive in aree ad alto rischio di minacce climatiche, mentre 710 milioni di minori sono distribuiti nei 45 Paesi a più alto rischio di subire l’impatto della crisi climatica.

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