Stati Uniti: nel 2100 saranno roventi come Dubai

A fine secolo vivere a Palm Spring in California sarà un po’ come abitare ad Erbil in Iraq, se lo immaginiamo da un punto di vista delle temperature. Una vita intorno ai 40 gradi, oppure a quasi 45 gradi nella Phoenix (Arizona) del futuro che tanto assomiglierà come clima all’odierna Al Mubarraz in Arabia Saudita.
Anche questi sono effetti della crisi climatica: nel 2100 in molte città statunitensi ci sarà più caldo che a Dubai o in diverse realtà mediorientali.
Almeno 16 città a stelle e strisce, tra cui Waco in Texas, Las Vegas in Nevada, Yuma in Arizona o Shreveport in Louisiana, sperimenteranno infatti un caldo tale da “competere” con le più bollenti metropoli del Medio Oriente. A raccontarlo è una analisi del Climate Central - un gruppo di scienziati e comunicatori indipendenti che effettua ricerche specifiche sul climate change - che spiega come, osservando le tendenze attuali del surriscaldamento innescato dalle attività umane, nei prossimi anni soprattutto d’estate tutto potrebbe cambiare: Washington DC avrà mesi più simili ad Austin, Boston d’estate assomiglierà a Philadelphia, oppure Billings (Montana) a El Paso, Texas.
Già questa estate un terzo della popolazione degli Stati Uniti ha affrontato pesanti ondate di calore e quasi 100 milioni di cittadini sono stati allertati per i rischi collegati ad alte temperature e fenomeni meteo intensi. Centinaia i record di caldo battuti da Boston sino a Portland.
In futuro, avvisa ora il report di Climate Central, le cose però andranno ben peggio: luoghi come Los Angeles diventeranno “messicani” come temperature medie, le estati di Austin come l’odierna Dubai, oppure Las Vegas simile al Kuwait, spesso a causa di “ondate di calore che dureranno più a lungo”, sostengono dall’organizzazione che si occupa di clima e di sensibilizzazione sugli impatti del surriscaldamento globale.
Per le loro previsioni i ricercatori hanno usato i dati dal 1990 al 2020 esaminando tutte le possibili proiezioni in uno scenario in cui non si riuscirà a ridurre le emissioni mondiali.
Andando al 2100, potremmo arrivare a +3,6 gradi (oggi siamo già oltre i +1,2 rispetto ai livelli preindustriali) e il caldo killer potrebbe uccidere sempre di più, alimentare il flusso dei rifugiati climatici e rendere le città americane, ma anche europee, sempre più vulnerabili e meno vivibili.
Dunque, ricordano gli analisti, è fondamentale vincere “la sfida a breve termine delle emissioni praticamente ovunque. La riduzione rallenterà l’aumento della temperatura e darà ai governi e alle città più tempo per adottare misure per proteggere le persone”.

