Futuro

Abbiamo assaggiato le chiocciole piemontesi: sanno di…

L’Istituto Internazionale di Elicicoltura di Cherasco propone un nuovo modello economico nell’agricoltura, che crea profitto dalla sostenibilità e rispetta la natura
Credit: Krzysztof Niewolny/unsplas
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
29 luglio 2022 Aggiornato alle 11:00

Quante cose possono nascere dalla spirale di una chiocciola? Non si parla di scale, qui, né di email o di tag su Instagram. Si parla di quelle piccole creature con le antenne che si portano la casa appresso, lentamente, lasciando una scia che luccica al sole.

Cherasco, nella provincia piemontese di Cuneo, è una piccola cittadina che mischia storia e innovazione: sullo sfondo dei palazzi nobiliari della città, a poca distanza dal ciottolato che attraversa le vie calpestate un tempo da Napoleone e dai Savoia, sorge l’Istituto Internazionale di Elicicoltura, il più importante centro d’avanguardia d’Europa che dal 1973 promuove la protezione e la diffusione della chiocciola.

Simone Sampò non è solo il direttore della struttura dal 2016, ma è il creatore di un nuovo modello di economia che si sviluppa a spirale, proprio come i gusci delle chiocciole che alleva: è l’economia “elicoidale”, che coinvolge vari settori, tra cui la gastronomia e la cosmesi, e crea valore in termini di lavoro, reddito, benessere sociale e ambientale.

È fiero della sua creatura, entusiasta di aver dato vita a un business pulito, etico, rispettoso della natura e al tempo stesso redditizio: «Gli allevamenti elicicoli che seguono il “Metodo Cherasco” sono passati da 200 a 840, sono sparsi in tutta Italia e generano un fatturato che ha sfiorato i 500 milioni di euro nel 2021. Erano 36 milioni, nel 2016», spiega alla Svolta Sampò, mentre indica le distese di lattuga dei circa quaranta recinti che sorgono rigogliosi a poca distanza dall’Istituto.

«Abbiamo circa un ettaro frazionato di impianto, ma ci stiamo allargando: stiamo aggiungendo nuovi recinti e allevamenti alla nostra Helix Valley, perché vogliamo diventare noi stessi produttori e non più solo esportatori del nostro metodo», spiega Sampò.

Ma in che cosa consiste questo sistema? Sampò ci accompagna nel tour dei suoi impianti per toccare con mano l’evoluzione delle sue idee di business agricolo green: considerando che, in Italia, Coldiretti stima che esista circa 1 milione di ettari di terreno attualmente incolti ed abbandonati che potrebbero essere messi a reddito, l’Istituto Internazionale di Elicicoltura nel 2022 ha cercato un’alternativa all’allevamento tradizionale, al ciclo naturale completo: il Ciclo Naturale Breve.

L’Istituto di Cherasco fornisce i piccoli delle chiocciole, le cui uova vengono fatte schiudere in apposite “sale di gestazione”, rinfrescate dall’aria condizionata – questo piccolo animale cresce con il 95% di umidità -, con decine di scatole che contengono, ognuna, circa 20.000 uova. In questo modo non è necessario attendere la riproduzione, come accade nel ciclo completo, ed è prevista solo “la fase di ingrasso”, che avviene nelle distese di lattuga in cui le chiocciole di giorno dormono e al chiarore della Luna mangiano.

Scostando le foglie, alla luce del Sole, è possibile vederle rifugiate all’ombra, al riparo dal calore estremo di queste giornate di luglio. A breve l’intero allevamento, che misurerà 2,5 ettari di estensione entro 3 o 4 anni, sarà completamente digitalizzato, con droni che monitoreranno gli indici di vegetazione e controlleranno i predatori, una piattaforma di cloud computing per ridurre complessivamente i costi della tecnologia e un sistema di irrigazione di precisione per l’azionamento di ogni singolo erogatore: «Per intervenire solo laddove è necessario», spiega Sampò.

Il metodo viene definito “breve” perché la prima raccolta e il conferimento della produzione totale avvengono entro 6 mesi dall’avvio dell’impianto. Quindi, se il ciclo naturale completo è un tipo di allevamento rivolto alla creazione di una microimpresa, il ciclo naturale breve consente di effettuare un investimento agricolo vero e proprio.

Il brand Metodo Cherasco si è sviluppato all’estero, è stato esportato in Paesi come la Georgia e il Marocco, il Libano e l’Iran, l’Ungheria e la Francia. In totale sono 18 le nazioni che hanno aderito al modello di Sampò. L’Istituto, inoltre, è partner della prestigiosa Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, con la quale ha fondato il metodo e dove si svolgono seminari informativi - gratuiti – rivolti a tutti quegli imprenditori interessati a sviluppare l’attività elicicola che anima Cherasco e i suoi campi agricoli. Li tiene Sampò, che trasmette tutta la passione che mette nei suoi allevamenti: li va a visitare la notte, quando le chiocciole sono attive e pimpanti e il silenzio gli permette di ascoltare i loro movimenti.

Perché il mondo della chiocciola tocca anche il settore della formazione e della didattica (anche per i bambini), oltre che del food e della farmaceutica. “Nulla si spreca e tutto si trasforma”, è il motto dell’Istituto: dalla carne si creano hamburger e piatti pronti richiesti dalle cucine dei più famosi chef stellati, ma anche quelli per popolare le tavole delle nostre case, ora che si ricercano alternative alla carne rossa e agli allevamenti intensivi. «La produzione di chiocciole - spiega Sampò - richiede in media 3 litri d’acqua a metro quadro: significa un consumo di 500 litri per ottenere 1 kg di carne di chiocciole, contro i circa 11.000 necessari per produrre 1 kg di carne “tradizionale”».

Con i gusci, ricchi di calcare, si realizzano prodotti odontoiatrici, mentre con l’estrazione della bava, eseguita in modo cruelty-free attraverso l’ozono nell’impianto Muller One, si ottengono creme idratanti, solari, prodotti di cosmesi, farmaceutici e di benessere. I laboratori sono d’avanguardia, i macchinari a forma di bolla fanno gola a molti, all’estero e non solo: sembrano usciti da una navicella di Star Trek e riescono a contenere fino a 10 kg di chiocciole alla volta.

La siccità e l’emergenza idrica, però, stanno mettendo a rischio anche questa produzione, secondo la Coldiretti Cuneo, insieme ad altre 342 realtà agroalimentari del Piemonte. «È necessario difendere il patrimonio regionale dalla banalizzazione e dalle spinte all’omologazione perché il buon cibo insieme al turismo e alla cultura rappresentano le leve strategiche determinanti per un modello produttivo unico che ha vinto puntando sui valori dell’identità e della biodiversità», ha dichiarato Enrico Nada, Presidente dell’associazione cuneese, in occasione dell’Assemblea nazionale.

L’economia elicoidale, in questo scenario, punta a rivoluzionare numerosi aspetti della nostra vita quotidiana: «Abbiamo in mano un qualcosa che può veramente portare dei redditi mai visti in agricoltura, creando una proteina da utilizzare in diversi modi, creando indotti in ogni settore». Sampò è sicuro che questo sia solo un primo passo. L’inizio di una spirale che può solo svilupparsi ancora, e ancora, e ancora. E parte da Cherasco.

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