Diritti

Tira fuori il voto (dei giovani ambientalisti)

A settembre il clima sarà alle urne e per questo i partiti devono puntare sugli under 30. Perché loro sono il futuro, nonché un bacino elettorale importantissimo. Quindi come fare?
Credit: Mika Baumeister/unsplas
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29 luglio 2022 Aggiornato alle 06:30

Nelle prossime elezioni ci sarà un solo grande vincitore: l’astensionismo. Il 25 settembre sarà il primo partito, con circa il 30% delle preferenze, sostiene il sondaggista Nicola Piepoli, un dato in aumento di 3 punti rispetto al voto del 2018. Gli Italiani si sono seduti, sono insoddisfatti della politica, soprattutto i giovani che non capiscono né tatticismi né il linguaggio dei partiti, interessati più agli inciuci e agli apparentamenti che a chiedere una linea chiara su programmi e temi. Non votano e non sanno votare. Sono insoddisfatti dell’offerta politica.

«Perché non abbiamo un partito ecologista come in Germania», chiede un giovane ascoltatore durante il microfono aperto della Rassegna Stampa di Radio3. Nemmeno prende in considerazione l’alleanza Verdi-Sinistra Italiana, magari non la conosce nemmeno. «Chi mi consigli di votare, conosci un partito che abbia voci giovani e preparate?», mi chiede una studentessa di design di Milano, alla sua prima esperienza di voto. «Il clima dovrebbe essere un cappello per tutti i temi e invece alcuni decidono di non parlarle», dice un attivista dei Fridays for Future.

Se si parla con i ventenni, riferiscono di un amplio disinteresse della politica dei coetanei (“tutta uguale, almeno Draghi sembrava serio”, è il refrain più comune) oppure di una grande incertezza su chi scegliere, come scegliere. Troppi maschi, troppi vecchi, troppi inciuci, mancanza di linearità e trasparenza.

I temi degli under-30 sono inclusione, ambiente, lavoro e vivibilità. La maggioranza di loro è preoccupata per le questioni climatiche e ambientali, ama gli animali, magari non sono vegani ma hanno ridotto i consumi di carne per il clima o per la salute. Sono nativi circolari e low-carbon, magari sbagliano qualcosa, desiderano un’economia più green che impatti positivamente sulla sicurezza, sulla salute, sulla felicità. Sono molto più pragmatici di quelli che elogiano “l’ambientalismo pragmatico del fare” (che in realtà è spesso usata come tattica per difendere trivelle e auto a combustione).

Questo è un bacino elettorale importantissimo, su cui chiunque promuova un’agenda riformista ecologista deve investire risorse per quello che in inglese è noto come il GOTV, get out the vote, tira fuori il voto. Qua ci si aggiudicano fino a 3-4 punti percentuali che faranno la differenza la notte delle elezioni. Un bottino importantissimo per centristi e progressisti ma a cui anche la destra guarda con interesse (si veda il milione di alberi di Berlusconi e Giorgia, la raccogli-rifiuti patriota). Un tesoro però su cui non è facile metterci le mani sopra

Innanzitutto servono notevoli risorse economiche – che non tutti i partiti possiedono – per mettere a terra una strategia GOTV efficace. Serve organizzare, in 50 giorni circa, incontri nei locali, piazze e spiagge; programmare interazioni e contenuti su Instagram e TikTok, coinvolgendo gli influencer beniamini (che però si tengono alla larga dai politici poiché temono che scegliere parte comporti perdite importanti di follower); reclutare volontari da attivare su tutti i territori, una forza di terra fondamentale per raggiungere gli indecisi, ma non semplice da reclutare a costo zero. Uno sforzo immane in un’estate caldissima.

Servono idee originali (comizi nel metaverso? Sfide a games su Twitch con i leader di partito? Dirette streaming dalla prima linea della crisi climatica?) e rappresentanti di partito giovani, che siano delle ancore per elettrici e elettori del gruppo 18-28 anni, che sappiano creare empatia e dare energia a un’armata di volontari.

Vedremo candidati fare plogging, andare con i mezzi pubblici a distribuire santini, frequentare un concerto di Madamè, organizzare un bus elettrico stile campaign trail americano, postare un meme contro Shein, lanciare un dissin’ contro l’Eni? Non credo. Eppure esperienze come Sunrise Movement insegnano molto come deve funzionare il GOTV (e il finanziamento per questa strategia, visti i milioni raccolti sia da cittadini che dal mondo delle imprese green, bacino fondamentale per trovare risorse per la campagna).

In questo devono prendere posizione anche i tanti ragazzi dei Fridays for Future e i tanti attivi nel volontariato, nell’associazionismo, nell’ambientalismo parrocchiale (che esiste ed è un fenomeno sottovalutato). Devono decidere come possono pesare per attivare il voto degli indecisi per eleggere rappresentanti in grado di potare questi temi al governo e in Parlamento.

Questa potrebbe essere l’estate più fresca del resto della vostra vita. Oppure potrebbe essere l’ultima estate in mano a un ministro fossile, a deputati nucleari (di vecchia generazione), a un governo fermo al realismo energetico del 1990 e non della nuova anormalità climatica. A settembre il clima sarà nelle urne. Un’occasione unica per dare un segnale. Sono avvisati i giovani elettori che dovranno sacrificare un’estate per il futuro di tutte le estati. E sono avvisati i politici e partiti che credono davvero nella questione climatica. Preparatevi per notti insonni e telefoni bollenti. Altrimenti rassegnatevi alla sconfitta, non solo elettorale, ma planetaria.

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