Culture

Wanna Marchi è ancora tra noi

Un documentario Netflix racconta l’ascesa e la rovina della teleimbonitrice che con le sue truffe in tv ha segnato un’epoca, forse non del tutto finita
Snapshot dal video: Wanna | Teaser Ufficiale | Netflix Italia
Snapshot dal video: Wanna | Teaser Ufficiale | Netflix Italia
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
30 luglio 2022 Aggiornato alle 11:00

I giovanissimi probabilmente non sanno di cosa si stia parlando, ma chiunque sia stato almeno bambino o adolescente negli anni Ottanta-Novanta non può non ricordare con nitidezza una voce stridula che dal televisore perforava i timpani a suon di «D’accordo»?!

La voce apparteneva a Wanna Marchi, televenditrice più famosa del piccolo schermo e tra le protagoniste indiscusse della tv commerciale nata proprio in quel periodo, che anche a causa di soggetti simili molti additano come responsabile numero uno dell’impoverimento culturale che ha investito il nostro Paese negli ultimi decenni.

A Wanna Marchi e alla sua storia, fatta di grandi successi condivisi con la figlia Stefania Nobile, ma anche di fallimenti, arresti e carcere, Netflix ha dedicato la docu-serie in quattro episodi Wanna, prodotta da Fremantle Italia e in uscita il 21 settembre 2022.

Scritta da Alessandro Garramone e Davide Bandiera e diretta da Nicola Prosatore, racconta un ventennio italiano caratterizzato dalla rivoluzione che ha investito la tv generalista e dalla nascita delle televendite, a loro volta miccia del primo cambiamento nei metodi di acquisto, che da quel momento avvennero non più solo nei negozi ma anche a distanza.

Prima di pc, smartphone ed e-commerce c’era la tv, che di giorno teneva compagnia soprattutto alle donne raramente lavoratrici fuori casa ma più spesso impegnate solo in faccende domestiche. Ed è proprio a loro che Wanna Marchi si rivolgeva.

Come raccontato dallo show, e in parte dal teaser lanciato in questi giorni, a renderla famosa fu la commercializzazione di fantomatiche creme dimagranti miracolose e uno stile comunicativo a dir poco discutibile. I metodi che usava per convincere le potenziali acquirenti oggi sarebbero infatti impensabili visto che lo slogan numero uno era guerra al lardo e la narrazione principale per far leva sulle telespettatrici era dire che il loro, eventuale, sovrappeso avrebbe spinto i mariti dritti dritti tra le braccia di amanti giovani e magre. L’unica soluzione “per tenerseli” era acquistare le creme del miracolo e perdere molti chili.

Bodyshaming, maschilismo, urla e insulti a favore di telecamera si sprecavano ma i risultati arrivavano, permettendo a Wanna Marchi e alla figlia Stefania Nobile, quasi sempre con lei in video, di costruire un vero e proprio impero.

Fama, ricchezza e un business che si allargavano sempre più fino però a implodere all’inizio degli anni Novanta, con il fallimento della società che portava il nome della teleimbonitrice e la condanna per bancarotta fraudolenta.

Un disastro che non scalfì l’animo delle due donne, che si rimisero subito al lavoro per fare quello che riusciva loro meglio, vendere illusioni. Le creme però ormai erano roba vecchia, l’effetto novità si era affievolito e nessuno o quasi credeva più al miracolo.

L’unica soluzione a quel punto era puntare in alto, molto in alto, commercializzando l’unica cosa che nessuno aveva mai pensato di vendere: la fortuna. I prodotti cosmetici furono quindi spazzati via da numeri da giocare al lotto, amuleti, pozioni magiche, intrugli e sortilegi di ogni sorta che dovevano servire a respingere il malocchio e attirare a sé un po’ di positività.

Per rendere più credibili quelle che erano a tutti gli effetti truffe, Wanna e Stefania in quegli anni si fecero affiancare anche dal sedicente Maestro di vita Do Nascimento, un finto santone scappato all’estero quando le cose si misero male.

Il trio per anni ha continuato indisturbato a circuire, minacciare e ridurre sul lastrico tramite il tubo catodico persone fragili, in difficoltà, spesso malate o comunque non in grado di rendersi conto che la premiata ditta Wanna & Co. stesse vendendo loro solo fumo. O meglio, sale sciolto in acqua, come una delle loro pozioni più note, elargita a carissimo prezzo anche grazie a una complice silenziosa, la televisione, la cui responsabilità in quella che è stata definita una delle più grandi truffe italiane di sempre, non può essere ignorata.

Televisione che ha segnato indelebilmente tutta la vita di Wanna Marchi, visto che proprio a seguito della denuncia di Striscia la Notizia, nel 2001 è partita un’inchiesta che ha portato al suo arresto e alla fine di un’epoca.

Televisione che, seppur in una veste rinnovata, oggi a distanza di circa quarant’anni da quando tutto ebbe inizio racconta attraverso 22 testimonianze dirette, interviste e materiale d’archivio, gli aspetti più noti ma soprattutto i meno noti di questa storia e l’impatto travolgente che ha avuto su telespettatori e media.

Non è azzardato pensare a Wanna Marchi come alla prima influencer della storia, in grado di affascinare il pubblico a tal punto da spingere anche insospettabili a cadere nella sua rete. Ciò che ci insegna la sua vicenda, e che promette di fare anche il documentario Netflix, è che nulla come lo schermo è in grado di filtrare la realtà e portare chi guarda dalla propria parte. Ieri era la tv, oggi più spesso smartphone e social network, dove le Wanna Marchi 2.0 sono tante, e tutte pericolosissime.

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