Diritti

I danni del Covid sui pazienti non-Covid

Secondo un recente rapporto di Istat e Agenas, in Italia la pandemia ha significato il differimento di molte ospedalizzazioni non urgenti, che ora pesano sul sistema sanitario nazionale
Credit: Enric Moreu/unsplash
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
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27 luglio 2022 Aggiornato alle 07:00

Nel 2020 si sono registrati circa 6,5 milioni di ricoveri, il 22% in meno rispetto alla media del triennio precedente. È quanto emerge dal rapporto sull’impatto della pandemia da SARS-CoV-2 sul sistema ospedaliero italiano realizzato dall’Istat insieme con Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali).

La diminuzione dei ricoveri dovuta in primo luogo al differimento delle ospedalizzazioni non urgenti, spiega la ricerca, è stata più consistente per il day hospital (-29,4%), in particolare nel Sud (-39,8%) dove sono diminuiti di più anche i ricoveri ordinari (-24,5%) rispetto alla media nazionale (-20,1%).

«Il differimento delle cure e dei ricoveri non urgenti, particolarmente accentuati al Sud e nel Nord-ovest, ha lasciato un’eredità difficile, che il sistema sanitario deve ora affrontare mentre le varianti del virus continuano a diffondersi», commenta il Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo.

Nel Nord-est e al Centro il decremento è stato significativo ma più contenuto per entrambi i regimi di ricovero. La pandemia ha comportato una diminuzione anche dei ricoveri ordinari urgenti (-15,3%), in particolare al Sud (-22,4%) e nelle Isole (-19,5%).

Le dimissioni ospedaliere in regime ordinario connesse al Covid-19 sono state 286.530, pari al 5,5% del totale, con un intervallo che varia da 2,4% nelle Isole a 9,2% del Nord-ovest. «Una variabilità territoriale che rispecchia in larga misura la diversa diffusione del virus - afferma lo studio - ma non sono da escludere problemi legati a una non sempre corretta registrazione dei casi nelle schede di dimissione ospedaliera».

La quota maggiore di ricoveri da Covid-19 in terapia intensiva si è registrata nel Mezzogiorno col 16,2% al Sud e il 16,5% nelle Isole, per scendere al 13,3% nel Centro Italia. La ricerca nota come «in queste aree geografiche è anche più elevato il divario rispetto al ricorso alla terapia intensiva per i pazienti non-Covid-19».

Il rapporto segnala inoltre come il 21,5% dei pazienti per Covid-19 è stato ricoverato più di una volta nel corso del 2020, quota che ha interessato per il 23,1 i pazienti sopra i 65 anni. Nel 43% dei casi il motivo delle riospedalizzazioni è stato di nuovo il Covid-19, ma sono stati frequenti anche ricoveri successivi per malattie respiratorie (17%).

«Con 16 milioni di contagi e oltre 160mila decessi associati alla diagnosi di infezione da SARS-Cov-2 registrati tra marzo 2020 e aprile 2022, l’Italia è stata, insieme alla Spagna, fra i paesi europei più colpiti dalla pandemia, soprattutto nella prima fase», ha aggiunto Blangiardo.

Nel nostro Paese la pandemia ha causato in totale oltre 170 mila morti. Nell’ultima settimana (16-22 luglio) i decessi sono stati 947, con una crescita del 23,6% rispetto alla settimana precedente. Ma i nuovi casi sono diminuiti del 18,6% e il tasso di positività è sceso del 10,4%.

Secondo il virologo Fabrizio Pregliasco, docente di Igiene all’Università Statale di Milano, l’Italia potrebbe essere vicina a raggiungere il picco, ma per avere dati certi bisognerà aspettare le prossime settimane.

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