Diritti

Luci e ombre del governo Draghi

Dalla crisi energetica e climatica mondiale all’invasione dell’Ucraina, fino a una pandemia che non si è mai conclusa. Tutto ciò che è stato (e non è stato) fatto da Mario Draghi
Mario Draghi e Ursula Von Der Leyen nel corso della seconda giornata di lavoro del G7 di Elmau, il 27 giugno 2022.
Mario Draghi e Ursula Von Der Leyen nel corso della seconda giornata di lavoro del G7 di Elmau, il 27 giugno 2022. Credit: ANSA/FILIPPO ATTILI/US PALAZZO CHIGI
Tempo di lettura 5 min lettura
25 luglio 2022 Aggiornato alle 09:00

Giunge a conclusione il governo Draghi dopo le dimissioni del Presidente del Consiglio e la calendarizzazione delle elezioni politiche per il 25 settembre. Un governo durato circa 17 mesi, a guida tecnocratica con la chiamata dell’ex banchiere centrale Mario Draghi, e supportato da un’ampia maggioranza partitica con l’esclusione di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

L’esecutivo si era insediato nel febbraio del 2021 con lo scopo principale di gestire la campagna vaccinale, la fase post pandemica e la ripresa economica basata su i fondi europei del PNRR. Ma gli eventi interni e internazionali hanno portato successivamente il governo a confrontarsi con una crisi energetica mondiale, uno sconvolgimento geopolitico dettato dall’invasione russa dell’Ucraina, una pandemia che non si è mai conclusa e l’incedere della crisi climatica-ambientale. Il combinato disposto ha spinto il governo a concentrarsi su alcune riforme con risultati vaghi e parziali, a partire da certe questioni nazionali.

La gestione governativa della pandemia ha determinato l’inasprimento degli obblighi vaccinali che hanno portato l’Italia a essere uno dei Paesi europei con la più alta percentuale di vaccinati, salvo poi l’abbandono progressivo del green pass e una rimozione delle misure a pandemia attenuata, ma ancora in corso.

Sono state avviate le riforme sulle concessioni balneari e sul catasto con risultati di portata limitata, senza intaccare i problemi persistenti e i patrimoni accumulati. A riguardo Draghi aveva affermato : «Questo governo non tassa, non tocca le case degli italiani. L’ho detto fin dall’inizio: questo governo non aumenta le tasse». La riforma dell’IRPEF è andata principalmente a vantaggio delle classi medio-alte, soprattutto la fascia di reddito fra i 40.000 e i 60.000 euro, mentre le restanti azioni in campo economico si sono concentrate sulle questioni burocratiche del PNRR e bonus di varia natura, fra cui anche il temporaneo taglio delle accise per far fronte al caro carburanti. I tentativi di riforma della pubblica amministrazione, la quale presenta un’età media fra le più alte d’Europa, hanno ottenuto risultati minimi, mentre la riforma della giustizia ha incontrato i pareri negativi della Commissione Europea.

In politica estera il governo si è distinto per una chiara e ferma posizione all’interno del quadro europeo e dell’Alleanza Atlantica, con un distanziamento netto da Cina e Russia, e anche il rigetto dei precedenti accordi del primo governo Conte con Pechino. Con l’inizio della guerra in Ucraina l’esecutivo ha supportato tutte le mosse e le sanzioni decise dall’Occidente nei confronti della Russia, tenendo però un profilo nascosto e secretato nella fornitura delle armi, con una politica ambigua nei confronti delle forniture energetiche e negli aiuti economici-militari, fra i più bassi dei Paesi occidentali.

L’incedere della crisi energetica e il pericolo di un blocco delle forniture russe di gas, hanno spinto il governo a diversi sforzi diplomatici in Africa e in Medio Oriente, in modo da aumentare le forniture anche attraverso i rigassificatori. Una “realpolitik” che ha portato ad accordi con regimi autoritari problematici e il scivolamento in secondo piano dei diritti umani, fra cui la tragica vicenda di Regeni, minimizzata dal ministro degli esteri Di Maio: «L’Italia non ha mai smesso di chiedere collaborazione al Cairo sul caso Regeni, l’intesa sul gas con l’Egitto è un accordo tra aziende».

L’agenda di contrasto alla crisi climatica-ambientale, che doveva rappresentare un caposaldo dell’azione governativa attraverso il Mite (Ministero della Transizione Ecologica), è stata pian piano retrocessa fra le priorità dell’esecutivo, con numerose polemiche e pochi sforzi concreti. I rapporti con le aziende fossili si sono intensificati, mentre i permessi per le rinnovabili sono rimasti in stallo, così come non c’è stata una netta accelerazione dell’economia circolare.

Il governo ha tentato poi di dilatare ulteriormente i tempi per la fine dei motori termici, mentre il PNACC (Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici) non è stato ancora approvato dopo anni di iter burocratico. Roberto Danovaro, professore ordinario di Ecologia presso l’Università politecnica delle Marche ha recentemente ammonito «Tenete conto che quel documento è stato scritto nel 2015, ed era basato su dati precedenti che ora sono cambiati: questi tempi lunghissimi non sono compatibili con una politica efficace».

Altre tematiche legate ai diritti sociali e civili, dall’introduzione del salario minimo allo Ius Scholae, hanno visto solo delle proposte preliminari, ma nessuna riforma approvata. Un’azione ostacolata più volte dalle tensioni in seno alla maggioranza e dai pessimi rapporti fra il parlamento e l’esecutivo, con quest’ultimo che ha accentrato maggiormente i poteri su di se e fatto ricorso più volte alla fiducia, segnando un record nella storia repubblicana.

La fine del governo Draghi lascia ai successori vasti, numerosi e problematici compiti, specialmente alla luce di una congiuntura internazionale che vede l’intensificarsi della crisi energetica, il proseguire dello scontro geopolitico fra Occidente e Russia, il peggioramento della crisi climatica e una situazione economica-sociale italiana stagnante da oltre tre decenni.

Leggi anche
Gli applausi per Mario Draghi alla Camera del 21 luglio 2022
Politica
di Simone Spetia 2 min lettura
Politica
di Cristina Sivieri Tagliabue 4 min lettura