Il rischio è tutto nostro

E alla fine, hanno pensato solo a se stessə. Come tanti Schettino, quando la nave affonda meglio lasciare e salvarsi piuttosto che mettere in sicurezza l’economia del Paese. E adesso, quindi, i nostri cari parlamentari, grillini e non, si prenderanno il vitalizio “duramente” agognato. E adesso, i tassisti non dovranno aver paura della licenza persa, e i balneari potranno ancora guadagnare il 10mila per cento sul loro piccolo investimento annuale per la concessione della spiaggia. E adesso il reddito di cittadinanza rimarrà nelle mani di chi ne ha bisogno ma anche di chi ne approfitta.
E chi dovrà pagare il prezzo della pandemia e di un Paese scellerato saremo noi. Noi che ormai attendiamo decine di minuti, alle volte le mezz’ore, per avere un semplice scontrino, per utilizzare un servizio di car-sharing, un tassì, per prendere un caffè nel bar sotto casa, per ordinare una pizza. E mesi per avere un mutuo in banca, per poter parlare con una persona che sia in grado di seguirci, settimane per un idraulico che aggiusti un tubo così come per una ditta di manutenzione dell’aria condizionata, per cambiare residenza, per una carta d’identità da rinnovare, per una visita medica.
Call center intasati, servizi al cittadino senza personale, assistenza tecnica rallentata, servizi pubblici in perenne ricerca di personale. Prezzi sempre più alti per gli ombrelloni e nero che continua a circolare liberamente per alcune categorie che nessuno vuole toccare, e tutto contato al millimetro per gli altri e le altre.
Grandi aziende che lasciano in solidarietà ə dipendenti e alzano i prezzi per ə clienti, dirigenti licenziatə o dirigenti che accettano di tornare “quadri” per essere risparmiatə e arrivare alla pensione. Professionisti e professioniste che aspettano anni e centellinano gli investimenti per arrivare al momento in cui l’Inps restituirà un momento di pace, e parlamentari che hanno fatto il bello e il cattivo tempo al Governo che - anche se non saranno rieletti - hanno guadagnato il loro cuscinetto mensile. Su cui, ne sono certa, costruiranno altro e altro ancora.
Sì, non è elegante parlare dei soldi degli altri, dei nostri né dei parlamentari così come deə dirigenti pubblici, ma forse entrare nel merito delle remunerazioni che chi fa politica “pensa per sé” ci aiuterebbe a capire chi predica bene e razzola male, e perché alla fine della fiera il rischio sia tutto nelle nostre mani. Cittadini e cittadine normalə che assistono attonitə al teatrino di chi - dopo anni di silenzio - se ne va stizzito da un partito perché è il partito che se n’è andato. Come se prima non ci avesse “visto” dentro mai, in quel partito. Ministri della Repubblica che hanno trovato il Paradiso in Parlamento, che hanno già iniziato lo slalom e vedremo presto riassestarsi in nuovi schieramenti, finanziati non sempre in modo trasparente. Che inizieranno la loro campagna elettorale spiegandoci il perché sia necessario votare proprio loro, in questa estate infuocata, per i loro valori, per i loro ideali. Ma hanno perso parecchia della loro credibilità, e non sempre saranno in grado di sostenere il peso delle loro bugie. E poi alla fine, va finire tutto così, che il tasso di interesse sul mutuo lo paghiamo noi. Che il prezzo del greenwashing finalmente arrivato anche a Palazzo, degli slogan facili da un milione di alberi piantumati lo paghiamo sempre noi.
Ma noi - che paghiamo pezzo per pezzo per tutto quello che fanno questi invertebrati - adesso dobbiamo far sì che la nostra classe politica migliori, dobbiamo portare in Parlamento persone di cui essere fieri e non dei parvenu della politica che poi, in fondo, finiscono per affezionarsi alla poltrona e perdono il controllo dei propri pensieri, oltre che delle proprie azioni.
Se in Parlamento i nostri politici sono pagati come degli amministratori delegati, dobbiamo far sì che siano davvero classe dirigente del Paese. E se non ci piace quella che c’è, lì, nelle prime file, guardiamo alle seconde file. Ci sarà certamente una donna capace di amministrare meglio di quanto non abbiano fatto i suoi predecessori. Seppur sia una scommessa. Scommettiamoci.

