Futuro

Affrontare Matrix 20 anni dopo

Se un tempo era distopia, oggi la saga delle sorelle Wachowski - sugli schermi col quarto episodio dopo un lungo silenzio - cosa potrebbe rappresentare davvero?
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27 dicembre 2021 Aggiornato alle 19:16

Nel momento in cui i fratelli Wachowski rivoluzionavano il cinema contemporaneo col primo “Matrix” (qualcuno malmostoso direbbe: in male) e facevano emergere certe cyber-narrazioni apocalittiche, anno 1999, parlare di realtà virtuale parallela in grado di intercettare e deviare la vita “reale” sembrava immaginifica speculazione filosofica sci-fi, niente di più: bello, affascinante, ma niente più che una speculazione, un’astrazione. Oggi, nel passaggio tra 2021 e 2022, non solo la saga di “Matrix” risorge, dopo quasi vent’anni di silenzio (gli altri due episodi, “Matrix Reloaded” e Matrix Revolutions”, erano datati entrambi 2003), ma addirittura nella quotidianità è abbastanza normale che uno dei più grandi – e potenti – imprenditori contemporanei parli, in sede di conferenza stampa e tratteggiando le strategie industriali aziendali, di “realtà virtuale”. La chiama “metaverso”, perché chiaramente a chiamarla “matrix” Zuckerberg si farebbe un solenne autogol; ma la sostanza è quella.

Non stiamo dicendo che quanto prefigurato dal padre-padrone di Facebook per i prossimi anni sia nient’altro che uno sviluppo effettivo su larga scala della inquietante distopia wachowskiana (sarebbe tragico e preoccupante), ma di sicuro nel discorso pubblico sono entrati quasi con naturalezza temi che prima erano alieni, o comunque solo appannaggio di una nicchia di cultori e di esploratori del futuro. Siamo miglioratə? Siamo diventati più intelligenti? Chissà. Secondo molti, la vita attraverso i social network ci ha reso più manipolabili, più litigiosi, più incapaci di individuare le cause realmente importanti per cui spendersi. Come se avessimo inghiottito la pillola sbagliata, ecco.

In realtà le visioni è sempre meglio se non sono così nette e manichee: come in qualsiasi cosa e in qualsiasi evoluzione, c’è del buono e del meno buono. Sta di fatto che il “Matrix” che arriva in questi giorni sugli schermi trova un pubblico e un contesto parecchio diverso, rispetto a quanto toccato all’inizio della saga. Ciò che prima era distopia, spesso oggi è realtà, addirittura banalità (…del male?).

Diventa così curioso capire come se la giocheranno i fratelli Wachowski, diventati fra l’altro nel frattempo le sorelle Wachowski (Larry diventa Lana nel 2008, Andy diventa Lilly nel 2016): e anche questa transizione è un segno dei tempi, come se in qualche modo i due riuscissero a “sentire” e a imprimere sia nella propria arte che contemporaneamente nella propria vita privata le spinte delle modernità e della fluidità. Le prime reazioni arrivate dagli Stati Uniti sul film sono positive: qualcuno lamenta ancora l’eccesso di superficialità e bidimensionalità nel tratteggiare i profili dei personaggi e delle storie (un’accusa molto evocata soprattutto per il terzo episodio, in parte per il secondo), ma molti notano come ci sia una saggia vena di (auto)ironia che percorre tutto il lungometraggio e delle considerazioni intelligenti proprio sul “meta” – rendendo così il quarto “Matrix” (“Matrix Resurrections”, per la precisione) attuale, necessario, rilevante. Non solo un sequel che, per raggranellare incasso al botteghino, gioca sull’effetto-nostalgia. Ma un organismo vivo, che racconta il presente guardando al futuro…e viceversa.