Culture

Women for Justice, lo sguardo delle donne sulla guerra

Dal 17 al 31 luglio gli spazi dell’ADI Design Museum di Milano ospiteranno la mostra composta da una selezione di scatti di giovani fotografe e registe afghane e ucraine
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15 luglio 2022 Aggiornato alle 19:15

Ci saranno Diana e Daniella Dvalishvili, due sorelle di 7 e 9 anni fuggite dalla guerra in Ucraina, che si esibiranno al pianoforte. Poi la coppia di violinisti Ksenia Milas e suo marito Oleksandr Semchuk, lei russa e lui ucraino, che suoneranno insieme perché “La musica unisce”, come recita il loro messaggio di pace.

E poi ci saranno le donne che, attraverso il loro sguardo, porteranno il pubblico a conoscere le realtà da cui sono fuggite: la fotografa ucraina Tetyana Erhart, l’attivista afgana Zahra Ahmadi, le fotografe afgane Fatima Hosseini, Roya Haidari e Tahmina Alizade. E infine la regista Sahra Karimi, fuggita da Kabul come le sue connazionali.

Women for Justice è questo e anche di più: è una mostra che fino al 31 luglio sarà visitabile tra le sale dell’ADI Design Museum di Milano e che vuole restituire al pubblico il racconto di chi, le crisi dei Paesi d’origine, le ha vissute in prima persona.

Dal ritorno dei talebani, in un giorno di ferragosto, allo scoppio di una guerra all’alba di un febbraio come tanti, dalle bombe sulle case che un tempo avvolgevano vita famigliare e ricordi alla ricomparsa di politiche repressive contro la libertà femminile.

«Le donne hanno un grande ruolo di portatrici di pace attraverso la sensibilità, il coraggio e la forza che le contraddistingue. Qualcuno dice che se ci fossero più donne al potere ci sarebbero meno guerre: anche noi ribadiamo questo concetto. Women for Justice vuole anche promuovere l’emancipazione femminile e la parità di genere: in questo scenario di guerra noi abbiamo l’obbligo morale di aiutarle a recuperare il ruolo di soggetti agenti, dotati di volontà, pensieri, parole e sguardi».

A parlare a La Svolta è l’imprenditrice culturale e attivista per i diritti delle donne Claudia Conte, che presenta la mostra in occasione della Giornata Internazionale della Giustizia, inaugurandola il 20 luglio alle 18:00 alla presenza di una serie di figure istituzionali tra cui la ministra per le Politiche Giovanili Fabiana Dadone, l’Assessore alla Cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi, il Console Generale d’Ucraina a Milano Andrii Kartysh e, tra le persone ospiti dell’evento, il Presidente dell’ADI Design Museum Luciano Galimberti e la direttrice del quotidiano La Svolta Cristina Sivieri Tagliabue.

«Sono appena rientrata dal Parlamento europeo a Bruxelles, dove ho promosso un’iniziativa sulle donne in guerra», spiega Conte. L’iniziativa, dal titolo “La guerra delle donne. Visioni e ruoli femminili nei conflitti”, ha affrontato il tema del coraggio che le donne dimostrano in tutti i ruoli che rivestono e in tutte le situazioni, anche le più drammatiche.

Un tema che risuona anche tra le sale dell’ADI Museum: «In Italia, un anno fa, ho avuto la fortuna di conoscere Zahra Ahmadi, e dico fortuna perché è una ragazza davvero eccezionale. È la mia sorella afghana, io sono la sua sorella italiana», racconta Conte.

Insieme sono state alla Mostra del Cinema di Venezia, e l’anno scorso Zahra è stata premiata con il “Women in Cinema Award” per esprimere «la vicinanza alle donne che in quel momento erano le più vulnerabili, in difficoltà, le afghane. È venuta poi l’idea, insieme a Zahra, di continuare ad aiutarle e non limitarci a un episodio isolato», e così, dopo una serie di iniziative l’una accanto all’altra, ecco la mostra Women for Justice.

Patrocinata dalla Struttura di Missione per la valorizzazione degli anniversari nazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero della Cultura, dall’Ambasciata d’Ucraina in Italia e da Rai per la sostenibilità, «vuole restituire l’immagine della donna lontana dagli stereotipi: da figure marginali e vittimizzate, a soggetti che si spendono attivamente per promuovere la giustizia nei loro contesti sociali», spiega Conte.

Il percorso espositivo, curato dall’orientalista-antropologa Francesca Grisot, si apre con un omaggio al lutto delle donne ucraine con le opere della fotografa Tetyana Erhart, seguito dalle immagini delle quattro artiste afghane, Fatimah Hossaini, Roya Heydari, Tahmina Alizada, e della regista Sahraa Karimi.

Conte le ha conosciute a Parigi, dove il governo francese ha deciso di aprire le porte alle artiste afghane e dare loro la possibilità di continuare a studiare e cercare lavoro: l’imprenditrice e attivista ha «avuto modo di vederne le opere all’interno dei loro studi in Francia: ognuna con una sua sensibilità, ognuna con un suo sguardo».

Tra le opere esposte anche una preziosa selezione di pannelli con ricami della collezione Guldusi di Pascale Goldenberg e un imponente arazzo realizzato dal giovanissimo artista Sebastiano Furlotti intitolato “Una Guernica per l’Afghanistan”. Perché, come spiega Conte, «libri, spettacoli dal vivo e mostre d’arte sono strumenti che possono sensibilizzare il pubblico su tematiche sociali, perché attraverso le emozioni si arrivi e più direttamente anche al pensiero».

Perché sono donne le grandi protagoniste di questo esodo, le grandi eroine della solidarietà, che si sono attivate per organizzare un’impressionante staffetta di aiuti internazionale e un circuito di accoglienza di connazionali. E la mostra non è che uno sguardo su di loro, sul loro impegno e sulla loro attività, che sembra non esaurirsi mai.

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