Diritti

Spara al Sindaco

Secondo il rapporto annuale di Avviso Pubblico, nel 2021 gli amministratori pubblici vittime di intimidazioni sono stati 438. Senza un intervento, sempre meno persone vorranno impegnarsi politicamente
Credit: compa.fvg.it
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
18 luglio 2022 Aggiornato alle 09:00

Il 15 marzo 2021 sulla facciata dell’edificio dell’amministrazione comunale di Siniscola, in provincia di Nuoro, è comparsa la scritta spara al sindaco, rivolta al primo cittadino Gian Luigi Farris.

Quell’episodio è stato l’ultimo atto di una lunga serie di intimidazioni inviate al suo indirizzo a partire dal 2017 e purtroppo non si tratta di un caso isolato, come denunciato dall’associazione Avviso Pubblico che ogni anno tramite il report Amministratori sotto tiro raccoglie proprio i numeri del fenomeno e denuncia quanto fare l’amministratore pubblico in Italia, oltre che difficile, stia diventando sempre più pericoloso.

Dall’ultima edizione della ricerca, resa nota alcuni giorni fa, emerge che nel 2021 sono stati 438 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza rivolti a sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali e dipendenti della Pubblica amministrazione.

Nonostante rispetto all’anno precedente si registri un calo del 6% si parla comunque di un caso ogni 20 ore.

Complessivamente i Comuni interessati sono 265, il 5% in meno rispetto al 2020, quando erano 280, ma se da un lato questo potrebbe far propendere verso un cauto ottimismo, dall’altro si tratta di un dato accompagnato da un’altra evidenza, tutt’altro che positiva: il 20% dei casi censiti nel 2021 sono avvenuti in Comuni che in un passato più o meno recente sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose.

Nel 2021 sono stati 14, ma al 31 dicembre gli Enti locali la cui gestione era affidata a una commissione straordinaria erano 27, perché ai nuovi scioglimenti se ne sommano altri avvenuti in anni precedenti e prorogati nel presente.

Una situazione allarmante, che lo diventa ancora di più allargando la lente con la quale osservare il fenomeno. Nel 1991 fu approvato il decreto-legge n.164 sullo scioglimento delle amministrazioni locali conseguente a fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso e da allora fino a tutto il 2021 sono stati 275 gli enti sciolti almeno una volta.

Un numero altissimo che comprende comuni e 6 aziende sanitarie e ospedaliere, e che sale fino a 365 se si calcolano i decreti di scioglimento complessivi, nei quali rientrano anche proroghe, possibili fino a 24 mesi, o a successivi interventi.

Il dato del 2021 è il più alto mai registrato da Avviso Pubblico e conferma quanto il rapporto tra mafia e politica, in particolare nel Mezzogiorno, sia un tema che non conosce crisi e che dovrebbe trovare un posto di primo piano nelle agende della politica nazionale, come sottolineato dal presidente dell’associazione, Roberto Montà.

«I comuni sciolti sono terreno fertile per atti di intimidazione violenta. Questo deve essere oggetto di una riflessione, anche all’interno dell’Osservatorio ministeriale sugli atti intimidatori, per produrre una revisione dello strumento dello scioglimento e intervenire sulla dimensione della violenza che aggrava la fragilità democratica di quei territori colpiti da misure di scioglimento».

Le mafie però non sono le uniche responsabili delle intimidazioni, visto che nel 2021 il 29,5% delle minacce sono giunte da cittadini semplici, e di queste il 36% sono legate a proteste e agitazioni dovute alla pandemia da Covid-19.

Solo il 15% è stata rivolta ad amministratrici ma il numero apparentemente positivo non deve trarre in inganno, visto che il motivo primario è che le donne in ruoli di potere politico sono decisamente meno degli uomini.

Emblematico però il caso di Anzio, in provincia di Roma, un territorio pesantemente infiltrato dalla ‘ndrangheta, che vede da anni nel mirino la consigliera Lina Giannino, alla quale nel 2021 le è stata recapitata l’ennesima lettera minatoria a firma di un fantomatico Club Anzio e che subito dopo le elezioni comunali del 2018, aveva già subito pesanti minacce, dalle gomme bucate dell’auto alle scritte ingiuriose nei suoi confronti sui muri della città.

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, nessuna regione d’Italia, a parte la Valle d’Aosta, è stata esente dal fenomeno. Ininterrottamente dal 2017 la Campania si conferma al vertice della graduatoria con 72 casi, seppur in calo del 15% rispetto al 2020. Seguono Sicilia e Calabria rispettivamente con 51 e 45 casi. Quarto posto per la Lombardia, che con 43 è ancora una volta il territorio più colpito dell’area Centro-Nord, anche se cresce in maniera sensibile il fenomeno in Veneto (39 casi, +30% sul 2020).

Anche nel 2021 il territorio provinciale più sotto scacco è stato Napoli, con 45 casi, che precede Reggio Calabria (20 casi) e Cosenza (19). La prima provincia del Nord è Venezia (18), seguita da Milano e Torino a 17.

Sempre analizzando i contesti territoriali, si nota una netta differenza nelle tipologie di minacce fra Nord e Sud. Gli incendi sono infatti il primo strumento nel Sud e nelle Isole mentre al Centro-Nord il 55% delle intimidazioni arrivano tramite lettere minatorie e social network. Questi ultimi, veicolando fake news e hate speech, aizzano quella rabbia sociale che poi alcuni sfogano sui rappresentanti istituzionali a loro più vicini.

Secondo il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, che ha partecipato alla presentazione del report, «gli atti intimidatori contro gli amministratori locali sono la negazione dei principi democratici. Bisogna scongiurare il rischio che un clima di intimidazioni disincentivi la partecipazione e l’impegno pubblico dei cittadini, i quali invece devono poter mettere le loro competenze e il loro entusiasmo a disposizione della comunità, candidandosi a ruoli di amministrazione attiva senza che questo debba implicare ripercussioni insostenibili sulla propria vita personale o professionale».

Già perché la maggior parte di chi subisce minacce, con coraggio e determinazione denuncia e resiste alle intimidazioni, ma non mancano casi di dimissioni, che nonostante umanamente possano risultare comprensibili, rappresentano una sconfitta per la democrazia della quale la Politica non può non occuparsi.

Leggi anche
Mafia
di Maria Lucia Tangorra 4 min lettura
Digitale
di Caterina Tarquini 5 min lettura