Diritti

Le donne salveranno gli Oceani

La Commissione Europea ha lanciato il bando Women in the Blue Economy che prevede il finanziamento fino a 2,5 milioni di euro per incrementare la partecipazione femminile nell’Economia blu
Credit: Shaun Low/unsplash
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
15 luglio 2022 Aggiornato alle 12:15

«Senza un’azione drastica, la plastica potrebbe superare tutti i pesci nei mari entro il 2050». A lanciare l’allarme è stato il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres durante la Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani organizzata a Lisbona alcune settimane fa.

Di emergenza marittima si parla ormai da tempo e non si può certo dire che le parole di Guterres siano giunte come un fulmine a ciel sereno, anche se le perplessità su quanto fosse veritiera la preoccupazione dei leader e delle leader riunite per l’occasione è più che legittima, visto che la salvaguardia della salute di mari e Oceani, che rappresentano il 70% della superficie del Pianeta, non sembra essere tra i primi punti nelle agende di pressoché nessun governo.

Le azioni di contrasto al fenomeno, dovuto non solo alla plastica, sono infatti poche e frammentate anche se, giusto per non lasciarsi travolgere dallo sconforto, una notizia positiva in tal senso c’è e non solo per la salute delle acque marine, ma anche per l’occupazione femminile.

La Commissione Europea ha infatti lanciato il bando Women in the Blue Economy, che attraverso lo stanziamento di 2,5 milioni di euro punta ad aumentare la partecipazione delle donne nei diversi settori dell’economia blu come pesca, acquacoltura, cantieristica, trasporto marittimo, energia rinnovabile offshore, bioeconomia blu e acquacoltura interna e offshore.

Il concetto di economia blu, o Blue Economy, è stato coniato nel 2010 dall’economista belga Gunter Pauli e rappresenta una sorta di evoluzione della Green Economy. Se quest’ultima infatti mira al raggiungimento di uno sviluppo sostenibile per tutto il Pianeta, la Blue Economy cerca di realizzare modelli di economia che impattino il meno possibile su mari e oceani.

Per farlo, oltre a innovare i settori tradizionali di questo mercato (come appunto pesca, produzioni ittiche, trasporto marittimo, turismo balneare e costruzione navale) si punta sull’innovazione tecnologica e su nuove idee per preservare la risorsa naturale più importante della Terra, come la produzione di energia rinnovabile ricavata dal mare o i pannelli fotovoltaici galleggianti, solo per fare alcuni esempi.

Il bando della Commissione Europea è inserito nell’ambito del Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMP) e finanzierà fino a 2 progetti, con un cofinanziamento eccezionale del 90%.

L’obiettivo dell’iniziativa è di superare i vincoli esistenti per quanto riguarda il reclutamento, la formazione, lo sviluppo delle capacità, la cooperazione tecnica e le promozioni nel settore marittimo, in modo da rendere il segmento della Blue Economy davvero inclusivo e pienamente fruibile anche dalle donne, che fino a ora sono rimaste imbrigliate in fenomeni tristemente trasversali per quanto riguarda il lavoro femminile: gender gap e glass ceiling (soffitto di cristallo).

Secondo la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, infatti, le donne costituiscono la maggior parte della forza lavoro nel turismo costiero e marittimo e nella pesca ma sono occupate nei posti meno prestigiosi, con minore retribuzione, meno protetti a livello contrattuale e spesso precari.

Azzerare, o almeno diminuire, le differenze di genere in ambito lavorativo porta sempre a un maggiore sviluppo economico (come ampiamente dimostrato da diversi studi) ed è naturale pensare che questo accadrebbe anche nella Blu economy, e che quindi a guadagnarci sarebbero proprio gli oceani, preziosissimi perché producono il 50% dell’ossigeno che si respira e assorbono circa il 30% della CO2 generata dalle attività dell’uomo ma nei quali ogni anno vengono riversate almeno 8 milioni di tonnellate di plastica. Questo ovviamente comporta gravi effetti sull’ecosistema marino, anche se a insidiarne la salute non è solo l’inquinamento ma anche crisi climatica, innalzamento delle acque e politiche balneari scellerate.

Alla conferenza di Lisbona è stata presentata la carta Restore our Ocean and Waters 2030, che punta a migliorare nettamente la situazione, ma per evitare che tutto ciò rimanga solo sulla carta, appunto, è necessaria un’inversione di rotta repentina e potrebbero essere le donne a innescarla.

Le candidate che intendono partecipare al bando devono presentare la propria proposta tramite il sistema di presentazione elettronica del portale Finanziamenti e offerte, entro il 22 settembre 2022 alle 17:00.

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