Diritti

Brand, occhio ai nostri corpi!

Oggi le persone rifiutano sempre più spesso i limiti imposti sui propri corpi: bellezza, stereotipi, sessualità. Anche i marchi devono capirlo. Per questo, FutureBrand fa un po’ il punto al riguardo
Dalla serie “landscapes”
Dalla serie “landscapes” Credit: Cecilia Paredes via Pinterest
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 8 min lettura
15 luglio 2022 Aggiornato alle 17:00

Osservato, monitorato, giudicato, tormentato. Il nostro non è solo un corpo. È ciò che ci permette di agire, di essere, nel mondo. È l’espressione più visibile, eppure più intima, di noi stessi.

È molto di più di un insieme di carne, sangue, ossa e nervi. È un «unico e complesso contenitore di istante, sogni e desideri», un soggetto politico e un potentissimo strumento di lotta per il quale e sul quale si combattono infinite battaglie – dalla depilazione all’aborto, fino alla possibilità di aiutare quel corpo a morire – che hanno come obiettivo ultimo la libertà. Una libertà che ogni epoca ha provato a ingabbiare entro i limiti di quello che è considerato “accettabile”.

Oggi, però, i corpi – e le persone che li abitano – non ci stanno più e rifiutano sempre più spesso tutti i condizionamenti. Ma qual è il futuro di questi corpi e, soprattutto, delle loro relazioni con i brand, che questa nuova sensibilità vogliono intercettare?

La risposta prova a darla The Future of The Body, un report realizzato dall’Osservatorio FutureBrand che riflette sui trend e le evoluzioni legati al corpo umano che interesseranno mercati diversi: bellezza, moda, salute, fitness, entertainment, cultura.

Attraverso decine di esempi di brand o best practices, il report analizza «cinque diverse prospettive che permettono di vedere con maggiore chiarezza come cambierà il rapporto con il nostro involucro e, di conseguenza, come cambieranno le nostre aspettative nei confronti dei brand».

Corpi non conformi

Un terzo delle persone adulte ha provato vergogna, insoddisfazione, preoccupazione e sconforto per il proprio corpo. Il 96% sono donne. Il fatto che questi dati non sorprendano non li rende meno preoccupanti, soprattutto se pensiamo a come possono influenzare le nuove generazioni. Molto, secondo le analisi disponibili.

L’avversione per il proprio aspetto fisico colpisce ben il 61% degli adolescenti di tutto il mondo e la fascia d’età 13-16 anni è quella che presenta il più alto tasso di incremento di disturbi alimentari, aumentati del 30% tra febbraio 2020 e febbraio 2021. Qualcosa, però, sta cambiando.

Tra gli aspetti più evidenti della mutata prospettiva da cui osserviamo il corpo umano c’è l’accettazione dei corpi non conformi. Una nuova frontiera che libera il corpo dalla schiavitù dell’estetica, ridimensionandone l’importanza a favore di una visione più funzionale che celebra orgogliosamente il corpo come mezzo che ci consente di vivere, sostenerci, spostarci, nutrirci, amare. Promuovere l‘autocelebrazione del corpo qualunque esso sia, ponendo tutte le fisicità sullo stesso piano, ci incoraggia a prenderci cura di noi stessi, ridando pari dignità ai corpi finora etichettati come “diversi”.

Così come gli individui, anche i brand si stanno muovendo su questo cammino. Un cambiamento che passa, per esempio, dall’estensione del concetto limitatissimo di “color carne” per includere toni di pelle diversi da quelli caucasici. Ma anche dalla body positivity - ispirata al movimento globale che spinge per l’accettazione dei corpi, tutti i corpi, attraverso la lotta alla grassofobia e ai rigidi canoni della bellezza perfetta – e da un nuovo modo di rappresentare e raccontare la disabilità, attraverso prospettive e linguaggi che mettano al centro la persona e non la sua condizione o il suo aspetto fisico.

Corpi e genere

Rosa per le femmine e azzurro per i maschi, con prodotti e packaging dedicati. È “sempre” stato così (almeno dagli anni ‘40). Sarà sempre così? Probabilmente no, a vedere i cambiamenti in atto e la sempre maggiore proposta da parte dei brand di proposte e rappresentazioni in cui «chiunque, indipendentemente dal genere, si può riconoscere».

Un cambiamento che non è nato sulla spinta del marketing ma in cui ha avuto un peso determinante «il ruolo attivo dei consumatori e la loro mutata sensibilità verso queste tematiche [che] sta ridefinendo il paradigma del mercato, obbligando i brand ad adeguarsi».

Del resto, per esempio, il mercato globale dei prodotti per la cura della pelle da uomo raggiungerà un volume di 16,3 miliardi di dollari entro il 2026 e già nel 2021 il 54,9% dei consumatori di prodotti di skin care destinata agli uomini in Cina ha dichiarato di utilizzarli molto spesso o addirittura tutti i giorni. Tutto questo mentre ancora si parla di prodotti “di bellezza” per lei e “da toilette” per lui, ricorda David Yi, Beauty Editor di Very Good Light, chiedendo(ci): «la mascolinità è così fragile da aver bisogno di termini diversi?».

Identità fluide, corpi transgender, cura del corpo maschile sono solo alcuni degli aspetti che trovano finalmente spazio e rappresentazione. Assieme a questi, un tabù che comincia faticosamente a rompersi è anche quello delle mestruazioni, non solo grazie alla comparsa nelle campagne del colore reale del sangue mestruale (finalmente di un rosso vivo invece che un tenue azzurro o lilla) ma anche grazie a un nuovo linguaggio, privo di stereotipi e di falsi miti propri della cultura popolare sul «quel momento del mese».

La nuova sessualità

Se c’è qualcosa che è cambiato con il cambiare delle epoche è la sessualità: non solo il modo di viverla, ma la sua stessa concezione e il modo di narrarla e rappresentarla. E oggi? La sessualità è ancora in evoluzione: appagamento e piacere sono la ragione principale attorno a cui tutto ruota e l’approccio al sesso si allontana sempre più dai legami e dalla monogamia. Appare evidente che l’etica legata a sesso e sessualità evolva più velocemente di quanto non faccia la società, che si adeguerà a cose fatte.

I passi da fare per abbattere stereotipi e cliché nelle narrazioni sono ancora tantissimi. Eppure, piacere sessuale, masturbazione e autoerotismo sono concetti trovano sempre più ampio spazio di rappresentazione da parte di media e brand, da prospettive meno perbeniste e pruriginose. E se la scuola – almeno nel nostro Paese – fatica ancora a farsi strumento di educazione alla salute sessuale, l’obiettivo dei brand diventa educare al benessere sessuale che passa anche attraverso (e perché no) l’utilizzo dei sex toys, non più oggetti da nascondere, ma parte integrante della routine di cura e benessere sia personale che di coppia.

E se è vero (e lo è) che ««i cambiamenti culturali avvengono sempre dal basso verso l’alto», non sorprende quindi che nel periodo post-covid gli acquisti dei prodotti per il benessere sessuale siano aumentati del 18,4% e che le donne che dichiarano liberamente di masturbarsi (74% nel 2021) siano in costante crescita: erano il 67% nel 2017.

Oltre la bellezza

Sulla riflessione attorno alla domanda “cos’è la bellezza” potrebbero essere riempiti interi volumi (ed è stato fatto). Ogni epoca ha fissato i canoni di quella che era la “bellezza perfetta” e la nostra non fa eccezione, al punto che, secondo uno studio inglese, chi è considerato bello guadagna tra il 10 e il 15% in più. Eppure, sotto i corpi patinati promossi da tv, riviste e social, si sta facendo spazio un nuovo modo di concepire la bellezza.

Un cambiamento radicale, una ridefinizione del concetto di bello e un ritorno al significato autentico di questo termine. Non un dogma universale, ma una visione che include tutte le prospettive. Basta, quindi, con l’ideale di bellezza femminile che rappresenta solo il 5% della popolazione: oggi la bellezza è considerata tale se l’individuo si sente a proprio agio (44%), sicuro di sé (42%) o orgoglioso di chi è (32%). E i brand si adeguano, scegliendo testimonial che non rispondano ai canoni della bellezza “perfetta” o spostando l’attenzione sulla “vera” bellezza: quella che ognuno percepisce come tale, sebbene ancora non di parli di superare il concetto stesso di bellezza come valore.

Per questo, sempre più spesso la riflessione sulla bellezza si associa all’idea di salute, sia del corpo che della mente, anche per riparare ai danni che “l’ossessione della bellezza” ha prodotto sul nostro benessere psicofisico. Per quantificarli, basta pensare che nel 2020, complice il continuo confronto con gli standard irreali delle realtà post-prodotte attraverso il digitale, i livelli di ansia sono stati 6 volte più alti rispetto all’anno precedente.

La tecnologia incontra il corpo

La fantascienza l’aveva previsto secoli fa. Con lo svilupparsi della tecnologia il corpo è sempre più interconnesso e collegato a dispositivi tecnologici. La tecnologia non è solo uno strumento che ci permette di monitorare il nostro corpo, ma anche di migliorarlo, non solo ripristinando o implementando le funzioni naturali dell’uomo – è il caso non solo degli impianti protesici, ma anche di molte scoperte dell’ingegneria genetica o biomedica in grado di “guarire” l’uomo - ma anche potenziando e amplificandone le prestazioni.

Si va verso, dice il report, un graduale sviluppo di corpi e identità ibride in cui i sistemi digitali si armonizzeranno ai corpi - sistemi naturali biologici. Super-umani-ibridi tra natura e tecnologia? Per qualcuno, l’idea è molto allettante: non solo ben 6 americani su 10 considererebbero un chip impiantato chirurgicamente nel cervello per migliorare le proprie capacità cognitive se avessero la possibilità di spegnerlo e riaccenderlo, ma il 63% degli europei ha trovato interessate la «possibilità di sostituire una parte naturale del tuo corpo con un impianto artificiale».

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