Futuro

L’Afghanistan ha un doppio problema con i terremoti

Su uno Stato più volte colpito dalla calamità, i ricercatori possono utilizzare solo informazioni satellitari, poco utili per monitorare i sismi di bassa magnitudo. La causa è la mancanza di fondi
Credit: EPA/ARSHAD ARBAB
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
12 luglio 2022 Aggiornato alle 17:00

All’1:24 di notte del 22 giugno un terremoto ha colpito l’Afghanistan centro-orientale provocando più di 1.500 morti e distruggendo migliaia di case.

Era di magnitudo 5.9, a quanto dicono i ricercatori dell’Usgs, l’agenzia scientifica del Governo degli Stati Uniti: è stato il terremoto più mortale nel Paese negli ultimi vent’anni, per quanto di bassa intensità. Per fare un paragone, quello che colpì il Giappone nel 2011 e provocò uno tsunami che uccise più di 15.000 persone, fu di magnitudo 9. Quello dell’Aquila, nel 2009, misurò 6.1.

In Italia, però, le stazioni di monitoraggio sismico sono più di 500, distribuite sull’intera Penisola, in Giappone oltre 600, senza contare i 2.000 sismografi che non appartengono all’Agenzia meteorologica statale, la California ne ha 950. In Afghanistan se ne contano poche decine: è uno dei motivi per cui i ricercatori stanno ancora definendo i dettagli del fenomeno, informazioni che potrebbero aiutarli a valutare il rischio di future scosse nella regione.

Una delle valutazioni dei rischi sismici del Paese, datata 2005 e pubblicata dall’Usgs, parlava di “7 stazioni sismiche e GPS distribuiti in tutto il Paese al fine di monitorare adeguatamente la parte nord-orientale sismicamente attiva dello Stato, nonché le aree vicino ai confini afghano-iraniano e afghano-pakistano dove i terremoti possono potenzialmente causare ingenti danni”. Ma non è facile trovare dati aggiornati.

L’ipocentro del terremoto di circa due settimane fa, che in sismologia è la zona della Terra in cui ha origine un terremoto, è stato registrato a una profondità molto ridotta in un’area rurale densamente popolata e soggetta a frane, nei pressi della città di Khōst, a pochi chilometri di distanza dal confine con il Pakistan: secondo l’Usgs si è trattato di circa 10 km, cosa che ha provocato un intenso scuotimento vicino alla superficie terrestre.

Per questo motivo la scossa, sentita anche nel vicino Pakistan e in India, è stata così distruttiva e ha danneggiato numerose abitazioni. Secondo i ricercatori l’insolita devastazione per un terremoto di quella magnitudo potrebbe essere dovuta anche al gran numero di edifici vulnerabili nell’area e all’orario notturno. a oggi si contano circa 1500 feriti.

Come spiega la rivista scientifica Nature, “con poche stazioni sismiche nella regione, le stime del luogo esatto in cui è iniziato il terremoto nel sottosuolo sono meno precise. La stazione sismica più vicina (all’ipocentro, ndr) si trova a Kabul, a circa 160 chilometri di distanza, seguita da una a 350 chilometri vicino a Islamabad, in Pakistan, e le altre sono tutte a più di 500 chilometri di distanza”.

«Se questo terremoto fosse avvenuto in Europa», ha spiegato a Nature Sofia-Katerina Kufner, geoscienziata del Karlsruhe Institute of Technology in Germania, «saremmo andati lì immediatamente, il giorno del terremoto. Perché la velocità è importante». Kufner e i suoi colleghi avrebbero utilizzato stazioni sismiche mobili per studiare le scosse di assestamento e identificare dettagli precisi sul luogo dell’evento.

Scarsi dati sismici scarsi e osservazioni limitate a terra, dovute anche alla difficoltà dei ricercatori di raggiungere la zona per problemi di sicurezza e di accesso alla regione, portano gli studiosi ad affidarsi maggiormente alle immagini prese dallo spazio per capire dove potrebbe colpire il prossimo.

«Facciamo il possibile con i dati remoti, ma i risultati saranno molto meno precisi», ha spiegato a Nature Kufner. Con le uniche informazioni disponibili non si può definire come e in quale direzione si sia propagata la presunta rottura: sarebbe utile per identificare le aree che ora sono maggiormente a rischio di scosse. Potrebbero volerci mesi per ottenere rapporti geologici dettagliati del suolo.

Oltre alla mancanza di stazioni sismiche e dati precisi, anche il ritorno dei talebani ha avuto il suo ruolo: la sospensione dei finanziamenti della comunità internazionale ha provocato l’esodo dei ricercatori afghani e coloro che sono rimasti non hanno gli strumenti adatti.

Alcuni stanno cercando di rimettere in funzione un’altra stazione sismica a Kabul, ma non possono accedere ai fondi per riparare le apparecchiature danneggiate.

Una rete temporanea di sensori progettati per misurare il movimento tettonico costruita nel 2016 è offline dal 2021. E senza le osservazioni al suolo, i ricercatori non sono in grado di capire molto sul terremoto: i dati satellitari non riescono a decifrare i tremori di bassa magnitudo.

L’Afghanistan deve affrontare anche questo. Come se non bastasse tutto il resto.

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