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Quanto turismo siamo disposti a sopportare?

Dal ticket per accedere a Venezia fino alla riduzione di affitti brevi, stile Airbnb, a Firenze. Forse dovremmo aprire una riflessione generale per capire come rendere davvero sostenibile il settore turistico

Credit: Hervé Simon via Flickr under CC BY-SA 2.0
Tempo di lettura 3 min lettura
11 luglio 2022 Aggiornato alle 06:30

La stagione turistica che sta prendendo il via, tra le mille difficoltà collegate all’aumento di prezzi e alla carenza di personale, farà i conti con una questione che dibattiamo da qualche anno.

Come contenere i flussi entro limiti che siano compatibili con la vita e le fragilità dei territori nei quali entrano?

Venezia, che sa cos’è la fragilità, pensa di avere la soluzione: un sistema di ingressi controllato, che a gennaio sfocerà in un ticket dovuto solo da coloro che non pernottano.

I “mordi e fuggi” dovranno prenotare e più lo faranno in anticipo, meno pagheranno.

I dubbi su questo approccio sono molti, a partire da quelli sulla libera circolazione sul nostro territorio che è costituzionalmente garantita, ma è un tentativo di salvaguardare la comunità veneziana (in declino demografico da anni) e la stessa godibilità della visita.

A Firenze il sindaco Dario Nardella ha avviato la raccolta firme per una legge di iniziativa popolare che tuteli i centri storici e che prevede tra l’altro una riduzione delle possibilità di affitti brevi stile Airbnb, per evitare che chiunque possieda una casa in centro città sia tentato di lasciarla per dedicare quei metri quadri ad attività più remunerative del viverci.

Anche in questo caso ci sono molti dubbi: l’idea di limitare le possibilità d’uso di un bene che è proprietà privata fa infuriare - non a torto - molti.

Anche in questo caso, però, assistiamo al tentativo di evitare che il cuore del capoluogo toscano si tramuti in un parco a tema rinascimentale.

C’è un filo sottile che collega queste vicende al crollo del seracco che ha ucciso 11 persone sulla Marmolada.

Anche le attività che un tempo consideravamo da specialisti, come la scalata, si stanno trasformando in una pratica accessibile a molte più persone.

A decine, quando non centinaia come nel caso dell’Everest, affrontano in modo nuovo e apparentemente semplificato un ambiente che il riscaldamento globale ha tramutato nell’emblema stesso della fragilità, l’alta montagna con i suoi ghiacciai in ritirata, in scioglimento e in sfaldamento.

Certo, la caduta di quella enorme massa di ghiaccio non è dovuta al flusso di turisti. Ma potrebbe valer la pena aprire una riflessione generale.

Quanto turismo siamo disposti a sopportare?

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