Futuro

Le regole valgono per tutti, anche online

Il Parlamento europeo ha approvato il Digital Services Act e il Digital Markets Act. Due leggi che regolamentano le aziende online e il loro uso dei dati degli utenti
Credit: Touann Gatouillat Vergos/Unsplash
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8 luglio 2022 Aggiornato alle 19:00

Il Parlamento europeo ha approvato il Digital Services Act e il Digital Markets Act, due leggi fondamentali per migliorare la protezione degli utenti di Internet e limitare il modo in cui i giganti della tecnologia moderano i contenuti e trattano i concorrenti, stabilendo un nuovo standard per la regolamentazione digitale.

«Per la prima volta in assoluto, la Commissione europea diventerà il supervisore dei “gatekeeper” (letteralmente “custode del cancello”) e delle piattaforme e dei motori di ricerca online molto grandi», ha scritto su Twitter Thierry Breton, il Commissario di Bruxelles per il mercato interno. L’ha definito un «momento storico nella regolamentazione digitale», con l’Unione europea che diventa, così, la prima giurisdizione al mondo a stabilire una normativa per disciplinare lo spazio digitale.

Lo ha spiegato anche la vicepresidente esecutiva della Commissione con delega al Digitale e alla Concorrenza, Margrethe Vestager: «Il Parlamento europeo ha adottato una novità mondiale: una regolamentazione forte e ambiziosa delle piattaforme online. La legge sui servizi digitali consente la protezione dei diritti degli utenti online. Il Digital Markets Act crea mercati online equi e aperti».

Come ha sottolineato Vetager, le due leggi approvate in materia riguardano i servizi e i mercati digitali: l’applicazione del Dsa inizierà 15 mesi dopo la sua entrata in vigore, per il Dma ci vorrà molto meno, 6 mesi.

Le aziende del settore digitale che verranno toccate dalle nuove norme includono anche le “Big Tech”, le grandi piattaforme e i motori di ricerca che dominano la Rete: Google e Facebook, per esempio.

Il Data Services Act precisa le responsabilità delle società tecnologiche e di Internet: le aziende devono moderare le loro piattaforme riguardo ai contenuti dannosi, come la disinformazione da Covid-19, e introdurre protocolli per bloccare la diffusione di materiale pericoloso durante una crisi, come per esempio la pandemia.

Ma anche aumentare la trasparenza nelle interazioni con gli utenti, vietare la pubblicità mirata ai minori o quella che utilizza dati personali sensibili, come l’orientamento sessuale o le convinzioni politiche e religiose.

Il Digital Markets Act si concentra sulle piattaforme online di grandi dimensioni, i grandi attori digitali che agiscono come guardiani della Rete, per impedire loro di abusare della loro posizione dominante sul mercato, e sui rischi di distorsione di quello stesso mercato.

Che cosa significa in concreto? Lo spiega Breton: nuovi obblighi per ogni forma di contenuto illegale, che comprende prodotti contraffatti o pericolosi, violenza e odio online, perché «come intermediario potresti non essere responsabile, ma sicuramente devi esserlo».

Più protezione per i consumatori dei mercati online, per gli utenti dei social network, in particolare i bambini. Un limite all’uso dei dati degli utenti più vulnerabili per la pubblicità online, maggiori opportunità per le imprese innovative e una più ampia scelta di prodotti e servizi innovativi. «E infine, un punto che ritengo essenziale: aprire la “scatola nera” degli algoritmi che sono il cuore dei sistemi delle piattaforme».

Il Dsa prevede controlli da svolgere di anno in anno, con eventuali sanzioni graduali «e senza precedenti nella loro portata. Ammonteranno fino al 6% del fatturato globale del conglomerato», specifica Breton. Le sanzioni derivanti dal Dma, invece, «possono arrivare fino al 10% del fatturato globale e anche oltre il 20% per i recidivi, che possono anche essere soggetti al rimedio ultimo delle cessioni e della separazione strutturale quando ledono sistematicamente i propri obblighi».

Tutto questo si tradurrà in una maggiore trasparenza: «Oggi (5 luglio 2022, ndr) si volta una nuova pagina, quella delle piattaforme “too big to care”», quelle troppo grandi per preoccuparsene.

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