Diritti

Al via il processo per il crollo del Ponte Morandi

A partire dal 12 settembre si terranno tre udienze a settimana fino al 19 luglio 2023. Gli imputati sono 59, tra attuali ed ex vertici di Autostrade, Spea e del ministero delle Infrastrutture
Il crollo del viadotto Polcevera, noto come Ponte Morandi, a Genova
Il crollo del viadotto Polcevera, noto come Ponte Morandi, a Genova Credit: ANSA/ LUCA ZENNARO
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7 luglio 2022 Aggiornato alle 21:00

La prima udienza è durata appena un paio d’ore, giusto il tempo di leggere i nomi di imputati e parti civili e rinviare il processo al 12 settembre.

Passerà l’estate e, quando si riprenderà, il ritmo sarà di tre udienze a settimana. Il calendario è già stato compilato: si svolgeranno da qui al 19 luglio 2023.

Quel giorno saranno trascorsi quasi cinque anni dal 14 agosto 2018, quando il crollo del viadotto Polcevera si portò via 43 persone.

Questa mattina, nelle tre aule del Palazzo di Giustizia di Genova adibite all’udienza, il processo è ufficialmente iniziato. Il collegio dei giudici a cui è stato assegnato il processo ha subito un cambiamento a maggio, quando due magistrati hanno chiesto di astenersi e la loro richiesta è stata accolta: ora, a presiedere la sezione, è Paolo Lepri, specializzato in delitti colposi, affiancato dai colleghi Ferdinando Baldini e Fulvio Polidori.

Nel corso del dibattimento, iniziato alle 9 di giovedì 7 luglio, il collegio dei tre giudici ha fatto l’appello di più di 400 persone: i 59 imputati e i loro difensori, e le oltre 300 parti civili costituite durante l’udienza preliminare durata sei mesi e chiusa il 7 aprile scorso. È servita più di un’ora per pronunciare tutti i nomi.

Si tratta di ex vertici e tecnici di Autostrade e Spea, la società che si è occupata delle manutenzioni e delle ispezioni fino alla fine del 2019, più attuali ed ex dirigenti del ministero delle Infrastrutture e funzionari del Provveditorato.

A vario titolo dovranno rispondere di omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, disastro colposo, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo doloso, rimozione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro, falso, omissione d’atti d’ufficio. L’accusa ritiene che buona parte degli imputati fosse a conoscenza delle condizioni del ponte e del possibile crollo, ma non fecero nulla.

Tra gli imputati c’è Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Atlantia, che apparteneva ad Autostrade per l’Italia (Aspi) e a maggio 2022 è stata venduta per 8,2 miliardi di euro a Cassa Depositi e Prestiti, controllata per l’83% dal ministero dell’Economia e delle Finanze.

Aspi e Spea, indagati per responsabilità amministrativa delle azioni dei propri dipendenti, hanno patteggiato e, a marzo, sono usciti dal processo: hanno versato un totale di 30 milioni di euro.

Fuori dall’aula il suo legale, Guido Carlo Alleva, ha detto ai giornalisti che «Il ponte è crollato per un difetto di costruzione totalmente nascosto, che risaliva agli anni ‘60 e che avrebbe provocato una corrosione invisibile che non poteva essere affrontata in quanto non conosciuta: questo è l’elemento centrale dell’incidente probatorio. Ne parleremo approfonditamente durante il processo».

Sono state anche presentate le richieste di costituzione di parti civili che erano state escluse in udienza preliminare, circa 40, tra cui il Comitato dei parenti delle vittime del crollo, costituito dopo il 14 agosto 2018 e i cui membri sono già stati, in gran parte, risarciti da Società autostrade.

Egle Possetti, presidente e fondatrice del comitato, ha dichiarato che «dopo quasi 4 anni di attesa noi abbiamo tante aspettative. Abbiamo l’aspettativa che porti giustizia questo processo, che faccia chiarezza sulle cause e sulle responsabilità che hanno portato all’uccisione dei nostri famigliari, perché altrimenti le morti dei nostri cari saranno state inutili e loro non potranno riposare in pace».

La donna, che quel 14 agosto 2018 perse la sorella, il cognato e due nipoti, ha detto che si tratta solo della punta dell’iceberg: «I problemi non ce li aveva solo il ponte Morandi, ma tutte le infrastrutture del Paese, che devono essere controllate in modo adeguato».

Dei 222 miliardi di euro del Pnrr, il Piano di Ripresa e Resilienza approvato nel 2021, ben 108 riguardano edilizia e costruzioni, per grandi infrastrutture, opere di manutenzione e messa in sicurezza di città e territori.

Il processo per il crollo del Ponte Morandi, così come i progetti di ricostruzione delle infrastrutture del Paese, possono segnare una svolta. «Da questo processo può nascere un’Italia diversa».

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