Ambiente

Il progetto portoghese contro lo spreco alimentare

Dal 2011 l’associazione senza scopo di lucro ReFood, coinvolgendo la comunità locale, recupera gli avanzi di cibo dai ristoranti. Portandoli, grazie a speciali biciclette, a chi ne ha davvero bisogno
Hunter Halder, fondatore di Re-food
Hunter Halder, fondatore di Re-food Credit: World Mission Magazine
Tempo di lettura 3 min lettura
9 luglio 2022 Aggiornato alle 11:00

Sono già diversi anni che il Portogallo si attiva contro lo spreco alimentare.

Dal 2011, infatti, esiste ReFood, un progetto ambizioso che, coinvolgendo la comunità locale, riesce a ridurre gli sprechi e ad aiutare persone in difficoltà.

Quell’anno, nel quartiere Nossa Senhora de Fatima, a Lisbona, grazie a Hunter Halder, ex consulente in risorse umane, si formò una piccola comunità di persone che, in bicicletta, passavano a chiusura da negozi e ristoranti per prendere gli avanzi e portarli a una mensa che aiutava i più bisognosi.

Si definivano “non professionisti della carità”, aiutavano le persone in difficoltà e riducevano lo spreco degli esercenti della città.

Halder iniziò identificando gli esercenti che potevano donare e progettando biciclette con doppi cestini, in grado così di contenere quantità di cibo adeguate al ritiro.

Il 9 marzo 2011 ReFood aveva 30 ristoranti partner, due parrocchie che aiutavano nell’identificazione di possibili beneficiari, 1000 pasti al mese da distribuire a 50 persone, 5 volte a settimana.

Col tempo si unirono altre persone, il progetto si espanse anche in altri comuni portoghesi.

Refood si definisce un movimento indipendente, sostenibile, 100% volontario e democratico.

Ad oggi è un’associazione senza scopo di lucro che vuole recuperare alimenti commestibili ma scartati, per supportare persone in situazione di difficoltà, attraverso l’inclusività della comunità di supporto che si crea attorno al progetto.

Il tutto funziona perché si crea una catena di economia solidale e circolare: ciascuna persona che ne entra a far parte dona un tempo pari a 2 ore a settimana come volontario, dedicandosi a diverse mansioni.

Innanzitutto, bisogna recuperare i prodotti dai negozi di prossimità in bicicletta, poi stoccarli nel magazzino di riferimento, ove verranno creati i “cestini” per i beneficiari, che saranno infine distribuiti alle persone.

Gli imballaggi utilizzati per la distribuzione sono totalmente riutilizzabili e tutto ciò che il beneficiario deve fare, una volta usufruito del dono, è riportarli al punto di stoccaggio.

Chiunque può aprire un nuovo nucleo, basta trovare uno spazio idoneo e formare un gruppo di persone con cui iniziare, coinvolgendo poco a poco la comunità circostante.

ReFood è attivo in circa 60 centri, soprattutto in Portogallo, ma dal 2019 anche in Spagna e Italia, muove 7500 volontari che supportano 6800 beneficiari e dona 150.000 pasti al mese, evitando oltre 1000 tonnellate di rifiuti organici all’anno.

Leggi anche
Ambiente
di Redazione 2 min lettura
Progetti sostenibili
di Rebecca Zaccarini 12 min lettura