Diritti

Le azioni di classe, tra asperità e prospettive

Annunciata come uno strumento cardine del Codice del consumo, la class action non ha sfondato nel nostro ordinamento. Ma ora si guarda alla Direttiva sulle azioni a tutela degli interessi collettivi, da recepire entro il 25 dicembre. Uscirà rafforzato l’appeal dello strumento e il ricorso allo stesso?
Credit: Jon Tyson/unsplash
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4 luglio 2022 Aggiornato alle 09:00

Come noto, l’azione di classe consiste in un procedimento giudiziario civile dedicato alla protezione di interessi collettivi, vale a dire di diritti diffusi tra una molteplicità di soggetti e assimilabili quanto al loro contenuto e alle relative violazioni. Le particolarità del procedimento possono sintetizzarsi in una serie di regole che consentono agli aventi diritto di aderire allo svolgimento di un’unica causa del cui risultato, se ovviamente favorevole, gli stessi beneficeranno poi congiuntamente.

L’azione di classe si presta, tra l’altro, a favorire la tutela di consumatori che lamentino violazioni di loro diritti di valore economicamente contenuto e che per questo motivo potrebbero essere disincentivati dal rivolgersi ai tribunali in ragione dei costi da sostenere.

Annunciata come uno strumento cardine del Codice del consumo, l’azione di classe non ha sfondato nel nostro ordinamento e sembra solo una lontana parente della Class action americana. Ciò ha indotto il nostro legislatore a intervenire con una legge entrata in vigore il 19 maggio 2021, con importanti ritocchi orientati a migliorare la sua attrattività, agevolando il suo esercizio da parte degli aventi diritto.

Ma anche questo intervento legislativo non sembra aver dato l’impulso sperato se è vero che, dopo oltre un anno, sono solo cinque i procedimenti che risultano dal sito del Ministero della Giustizia dove le azioni promosse devono ricevere pubblicità.

Non mancano ulteriori novità che potrebbero incidere su questo scenario. Nello scorso mese di aprile è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il regolamento che disciplina l’elenco di organizzazioni o enti che devono iscriversi per essere legittimati all’esercizio delle azioni di classe. Inoltre, entro il 25 dicembre prossimo dovrà essere recepita la Direttiva (Ue) 2020/1828 sulle azioni a tutela degli interessi collettivi, che richiederà un ulteriore intervento legislativo di adeguamento.

Uscirà rafforzato l’appeal dello strumento e il ricorso allo stesso? Un certo ottimismo può essere giustificato, ma sarebbe difficile bollare come disfattista chi ancora oggi si mostrasse scettico. Se è vero che l’azione di classe si pone nel solco di quelle, a dire il vero troppe e spesso inutili, riforme processuali che vorrebbero porre rimedio alla cronica inefficienza del nostro sistema giudiziario civile, non è meno vero che ciascuna di queste riforme si deve misurare non solo con le regole processuali, ma anche con coloro che sono chiamati ad applicarle.

L’azione di classe sconta un fattore culturale riferibile, anzitutto, al rapporto tra la categoria professionale degli avvocati e i loro assistiti, rispetto al quale vi è una scarsa inclinazione ad affidare la tutela dei propri diritti a professionisti con cui non si sia instaurato un preventivo rapporto fiduciario.

Da questo angolo di visuale, un ruolo centrale dovrebbe essere quello attribuito a enti, organizzazioni e associazioni, che abbiano reali capacità rappresentative degli aventi diritto, specie dei consumatori. Sia il predetto Regolamento sia la Direttiva sembrano aver posto l’accento su questo aspetto, stabilendo requisiti che dovrebbero portare a espellere dal campo di gioco enti privi di reale rappresentatività.

La citata Direttiva comunitaria apre poi il campo a un aspetto nevralgico di questo strumento: la scelta del meccanismo di adesione e conseguente beneficio degli effetti dell’azione di classe, che deve accompagnarsi a un adeguato impianto informativo a beneficio dei possibili aventi diritto. L’attuale disciplina ha preso una posizione, giuridicamente discutibile ma indubbiamente netta, nel favorire l’adesione, consentendo che la stessa avvenga anche dopo aver conosciuto l’esito della causa.

Ma la Direttiva consente e, per certi versi, induce gli Stati membri all’adozione di un meccanismo di adesione automatica da parte degli aventi diritto al quale è possibile sottrarsi solo con una manifestazione di volontà di segno contrario. L’eventuale scelta di applicare questo meccanismo inciderebbe fisiologicamente sul numero dei soggetti coinvolti nell’azione di classe e ciò potrebbe rivelarsi un importante incentivo ad avviare cause per loro natura complesse e potenzialmente onerose.

Merita di essere segnalato anche l’impatto, di portata progressivamente crescente, delle decisioni delle Autorità amministrative di vigilanza, e in primis dell’Autorità garante per la concorrenza e per il mercato, che spianano la strada a cause risarcitorie suscettibili di essere promosse con l’azione di classe.

Nel contesto di un sistema che non dovrebbe perdere come riferimento anche il rispetto del diritto di difesa di chi subisce queste cause, non manca un ulteriore fattore che permea tutto il sistema giudiziario civile: il ruolo dei magistrati nella conduzione di procedimenti che deve essere ispirato non solo all’efficienza e alla speditezza, come sottolinea anche la Direttiva, ma anche alla qualità della risposta che l’ordinamento è in grado di offrire.

Anche se non occorreva Nostradamus per prevederlo e da tempo era sottolineato dagli studiosi, affidarsi solo alla modifica delle regole di gara, cioè delle norme processuali, si è rivelato nel tempo uno sforzo non solo inutile, ma anche dannoso per la certezza del diritto e per una effettiva tutela degli interessi in contestazione, collettivi e individuali che fossero.

Nel quadro dell’ennesima riforma del processo civile in dirittura d’arrivo, l’auspicio è che alle scelte legislative si accompagni l’onestà intellettuale di valutare le vere cause delle sue inefficienze, non mascherate da decettivi dati statistici che mirano a comprovare la riduzione dei tempi, e si traggano le debite conseguenze su dove e come intervenire rispetto all’organizzazione e al funzionamento dell’ordinamento giudiziario.

Valeria Mazzoletti e Paolo Pototschnig, Partner dello studio legale Orsingher Ortu

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