Futuro

I pesci robot che mangiano microplastiche

Gli studiosi del Polymer Research Institute dell’Università di Sichuan, in Cina, hanno realizzato una creatura lunga 13 millimetri in grado di attirare a sé fino a 5 kg di rifiuti
Credit: pubs.acs.org
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
25 giugno 2022 Aggiornato alle 20:00

Ci siamo inventati di tutto per rimuovere le microplastiche dal mare e dagli oceani, ma un pesce robot minuscolo non si era ancora mai visto.

Ben 13 millimetri che nuotano percorrendone quasi 30 al secondo, quasi quanto i plancton. L’invenzione è firmata Yuyang Wang, ricercatrice presso il Polymer Research Institute dell’Università di Sichuan, in Cina, che insieme al suo team ha progettato quello che potrebbe essere il futuro della raccolta delle microplastiche.

Si tratta di quelle piccole particelle rilasciate ogni giorno da oggetti come bottiglie d’acqua, pneumatici, magliette sintetiche, e che vanno poi a infiltrarsi nell’acqua potabile, nei prodotti alimentari e nel cibo, danneggiando non solo l’ambiente e i corsi d’acqua, ma anche gli animali e la salute umana.

Ne scrive il quotidiano britannico Guardian, che spiega come mai questo piccolo pesce robotico sia così innovativo: per la sua capacità di nuotare a partire da rapidi impulsi di luce, di attaccarsi alle microplastiche fluttuanti e di “recuperare robustezza e funzionalità anche in caso di danneggiamento”, spiega lo studio pubblicato sulla rivista Nano Letters, proprietà della società scientifica statunitense American Chemical Society.

Inoltre, ha la capacità di attirare frammenti che si trovano nelle vicinanze grazie ai coloranti organici, agli antibiotici e ai metalli pesanti all’interno delle microplastiche, che sviluppano forti legami chimici e interazioni elettrostatiche con i materiali di cui è composto il pesce.

In questo modo, «i ricercatori potranno analizzare ulteriormente la composizione e la tossicità fisiologica delle microplastiche», ha dichiarato al Guardian Wang, che è una delle autrici principali dello studio.

Il suo team si è ispirato alle creature che popolano gli oceani: per la struttura, ha ricreato un materiale simile alla madreperla, il rivestimento interno delle conchiglie, realizzando, a partire dal suo gradiente chimico, vari fogli microscopici, per poi stratificarli.

Ne è nato un micro pesce robot elastico, flessibile, in grado di attirare fino a 5kg di peso e guarirsi da solo all’89%, cosa utile per chi deve affrontare acque agitate. Wang è un’esperta di materiali autorigeneranti.

Saranno necessarie ulteriori ricerche, specialmente per capire come implementarlo nel mondo reale: per ora il robot funziona solo in superficie, ma gli studiosi stanno tentando di realizzare modelli più complessi che vadano in profondità.

Se questa invenzione andasse in porto (perdonate il gioco di parole), la nanotecnologia assumerebbe un ruolo rilevante nell’assorbimento e nella raccolta di materiali inquinanti, e secondo Wang questo «migliorerebbe l’efficienza dell’intervento e ridurrebbe i costi operativi».

Leggi anche
scienza
di Giacomo Talignani 4 min lettura
economia circolare
di Alberto Casti 2 min lettura