Diritti

La peggiore proposta di legge turca sulla stampa

Insieme alle organizzazioni dei media del Paese, i giornalisti si sono radunati a Istanbul e Ankara per protestare contro una norma sulla disinformazione che censurerebbe anche i social network
Ad Ankara, giornalisti e lavoratori del mondo dei media hanno protestato, il 22 giugno, contro un disegno di legge che, se approvato, punirebbe con il carcere gli autori di articoli che diffondono "informazioni false e in grado di disturbare l'ordine pubblico". I manifestanti hanno abbandonato penne e matite davanti alla statua di Ataturk
Ad Ankara, giornalisti e lavoratori del mondo dei media hanno protestato, il 22 giugno, contro un disegno di legge che, se approvato, punirebbe con il carcere gli autori di articoli che diffondono "informazioni false e in grado di disturbare l'ordine pubblico". I manifestanti hanno abbandonato penne e matite davanti alla statua di Ataturk Credit: Depo Photos via ZUMA Press Wire
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24 giugno 2022 Aggiornato alle 07:00

Dalle strade di Istanbul, Ankara e altre città turche si è alzato un grido. Il grido di giornalisti, membri dei sindacati e delle Ong dei media locali che chiedono a gran voce di abbandonare la legge sulla disinformazione che il Parlamento potrebbe presto approvare.

Prende il nome di “Legge sulla stampa”, ma è stata preparata senza che alcuna organizzazione di media professionali la richiedesse. Le organizzazioni dei giornalisti, sette in particolare, tra cui il Sindacato dei giornalisti della Turchia (Tgs), il Comitato nazionale dell’Istituto Internazionale della Stampa (IPI) nel Paese e l’Associazione dei giornalisti, hanno dichiarato di essere preoccupate perché potrebbe portare “ad uno dei più pesanti meccanismi di censura e autocensura nella storia della Repubblica”.

Il disegno di legge è stato “preparato a porte chiuse”, spiega chi protesta, dal Partito della Giustizia e dello Sviluppo del presidente Recep Tayyip Erdoğan e dal Partito del Movimento Nazionalista, per poi essere approvato dalla Commissione Giustizia. La palla passa all’Assemblea Generale.

Per la prima volta “aggiunge al codice penale il reato di diffusione intenzionale di disinformazione e di informazioni ingannevoli in pubblico”, oltre a conferire all’amministrazione nuovi poteri per sanzionare i media con multe, vietando la pubblicità e limitando la banda larga fino al 90%, riporta Balkan Insight, il sito web del Balkan Investigative Reporting Network, una rete di organizzazioni non governative del sud-est Europa che promuovono la libertà di parola e i diritti umani.

Secondo il sito di informazione Turkish Minute, nel caso in cui un provider di social network non rispetti la decisione del capo dell’Autorità per le telecomunicazioni turche di rimuovere e/o bloccare l’accesso al contenuto, questi potrebbe decidere di vietare alle persone fisiche e giuridiche che risiedono in Turchia di pubblicare annunci pubblicitari con il relativo social network estero per un massimo di sei mesi.

Il disegno di legge prevede pene da uno a tre anni di carcere per chi “diffonde pubblicamente informazioni false sulla sicurezza interna ed esterna, sull’ordine pubblico e sul benessere generale del Paese, in modo da violare la quiete pubblica, al solo fine di creare ansia, paura o panico tra la popolazione”.

“Condanniamo la mancata consultazione. […] Rifiutiamo il disegno di legge, che cita concetti come ‘disinformazione’, ‘notizie false’, ‘informazioni infondate’ e ‘informazioni distorte’ senza fornire definizioni legali”, tuona Tgs, il principale sindacato dei media turchi.

L’approccio vago del testo, che fa riferimento a nozioni come “sicurezza”, “ordine pubblico” e “pace pubblica”, ripetutamente utilizzate contro giornalisti in casi di molestie legali, lascia le leggi aperte a gravi abusi da parte di un sistema giudiziario “che sta già soffrendo per la cattura politica e la perdita di indipendenza”, continua Tgs.

Solo qualche giorno fa sedici giornalisti al lavoro con media filo-curdi sono stati arrestati in un raid delle forze dell’ordine all’interno delle loro abitazioni: non sono ancora chiare le accuse.

Già nel 2019 Amnesty International aveva denunciato la repressione della libertà di stampa da parte del governo turco, “con oltre 120 giornalisti e altri operatori dei media in prigione, varie migliaia di disoccupati per la chiusura di oltre 160 aziende del settore”.

Come spiegano i media turchi, le leggi statali sui social media sono state aggiornate nel luglio 2021 per richiedere alle società di social media di aprire uffici all’interno del Paese e nominare rappresentanti che fossero cittadini turchi. Chi ha rifiutato ha subito milioni di lire turche di multe.

A dicembre dello scorso anno Erdoğan aveva parlato dei social media: li aveva descritti come una delle principali minacce alla democrazia. E aveva annunciato che il governo avrebbe criminalizzato la diffusione di notizie false e disinformazione online. La sua battaglia contro l’informazione indipendente non è mai stata tanto pericolosa.

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