Diritti

No al burkini nelle piscine francesi

A stabilirlo, lo scorso 21 giugno, il massimo tribunale amministrativo francese, il Consiglio di Stato. Nel 2016, il particolare costume da bagno era stato al centro di una polemica che aveva infiammato il dibattito pubblico nel Paese
Una donna in spiaggia indossa il Burkina
Una donna in spiaggia indossa il Burkina Credit: reuters
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
23 giugno 2022 Aggiornato alle 13:00

Nessun burkini in vista nelle piscine francesi. Lo ha deciso il massimo tribunale amministrativo francese, il Consiglio di Stato, che ne ha decretato il divieto dopo il ricorso di una città che, al contrario, lo aveva approvato: Grenoble, ai piedi delle montagne situate nel sud est della Francia, nella regione dell’Alvernia-Rodano-Alpi.

Il burkini, o “burqini è un tipo di costume da bagno che copre braccia, gambe, e capelli. È un indumento utilizzato da alcune donne musulmane, un mix tra il “burqa”, un tipo di velo che all’altezza degli occhi presenta una rete, e il bikini, il classico costume da bagno a due pezzi che prende il nome dall’omonimo atollo dell’oceano Pacifico in cui, nel luglio 1946, si eseguivano gli esperimenti atomici (a sottolinearne l’effetto sconvolgente ed esplosivo per l’epoca).

In Francia questo particolare costume da bagno è vietato nelle piscine pubbliche. Era stato al centro di una polemica nazionale già nel 2016, quando una trentina di città francesi ne avevano proibito l’uso in spiaggia e avevano previsto una multa per chi avesse infranto la norma. Nel Paese la religione dovrebbe essere completamente separata dalla vita pubblica, tanto che i simboli religiosi sono vietati in molti luoghi pubblici come scuole e università dal 2004, così come lo sono i veli che coprono il viso, dal 2010.

Nel 2016 il Consiglio di Stato aveva annullato le decisioni delle singole città. La prima era stata Villeneuve-Loubet, nella regione Provence-Alpes-Côte d’Azur, che aveva invocato l’uso del burkini in nome di “buoni costumi e laicità”. Ma la Lega francese per la difesa dei diritti dell’uomo e del cittadino e il Collettivo contro l’islamofobia in Francia avevano presentato ricorso al Consiglio di Stato, i cui giudici avevano dichiarato che “le restrizioni apportate dal sindaco alle libertà devono essere giustificate da rischi provati di violazione dell’ordine pubblico”. Ma nessun rischio in vista, all’epoca.

Poche settimane fa i giornali francesi erano tornati sulla questione per via della proposta della città di Grenoble di ammetterne l’utilizzo, con un nuovo regolamento per le piscine pubbliche. Nel testo non si faceva riferimento esplicito al burkini, ma erano ammessi costumi da bagno anti-UV per tutti e topless per le donne. Gli uomini, inoltre, non dovevano più limitarsi all’uso di pantaloncini aderenti come previsto. Nonostante le numerose critiche, il provvedimento era stato approvato, anche se con una maggioranza risicata.

Secondo il sindaco della città, l’ecologista Eric Piolle, era una questione di libertà di accesso ai servizi pubblici, senza alcuna discriminazione. Ma, a fine maggio, il tribunale amministrativo della città aveva criticato il nuovo regolamento imposto dal Comune che costituiva una “deroga molto mirata” intesa a “soddisfare una pretesa religiosa”. E l’aveva sospeso. La città, allora, aveva presentato ricorso al Consiglio di Stato.

Poi, il 21 giugno, ecco la conferma della decisione: il quotidiano francese Le Monde la definisce una “procedura senza precedenti. È la prima volta che l’ente pubblico si trova a doversi pronunciare nel contesto di un rinvio sulla laicità, una novità della legge nota come “lotta al separatismo”, votata nell’agosto 2021, il cui articolo 5 consente ai prefetti di chiedere la sospensione dell’esecuzione di un atto di una collettività che va a ledere gravemente i principi di laicità e di neutralità dei servizi pubblici”.

La norma, molto contestata ma fortemente appoggiata dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, prevede un maggiore controllo sulle organizzazioni religiose e i luoghi di culto che diffondono odio o violenza. Con il termine “separatismo”, Macron si riferisce ad alcune delle comunità musulmane che non rispetterebbero i valori laici della Repubblica francese.

Per il quotidiano Le Parisiensi torna al punto di partenza”. Il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ha espresso soddisfazione su Twitter per quella che ha definito una “vittoria per la legge sul separatismo, per la laicità e non solo, per tutta la Repubblica”.

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