L’informazione omofobica è peggio del vaiolo delle scimmie
Il vaiolo delle scimmie e l’omofobia hanno qualcosa in comune, secondo la rivista MIT Technology Review, di proprietà del Massachusetts Institute of Technology.
Il filo conduttore è la disinformazione sulla malattia che circola sui social media, che rischia di ostacolare gli sforzi per frenarne la diffusione. Pochi giorni fa Hans Kluge, il massimo funzionario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in Europa, che è l’attuale epicentro di questa epidemia, ha affermato che l’aumento dei casi di vaiolo delle scimmie rappresenta un rischio reale per la salute pubblica e ha esortato i governi a evitare gli errori commessi durante la pandemia di coronavirus.
I casi di virus segnalati fino al 17 giugno sono stati 2.093 e secondo l’Oms “sulla base delle informazioni attualmente disponibili, i casi sono stati identificati principalmente, ma non esclusivamente, tra uomini che hanno rapporti sessuali con uomini in cerca di assistenza nelle cliniche di assistenza primaria e di salute sessuale”.
L’operazione di contenimento della malattia a cui auspica Kluge, però, sta incontrando degli ostacoli sulla sua strada: teorie false, spesso omofobiche che, secondo la ricerca condotta per il MIT Technology Review dal Center for Countering Digital Hate, stanno rendendo più difficile convincere il pubblico che il vaiolo delle scimmie può colpire tutti, e stanno dissuadendo le persone dal segnalare potenziali infezioni.
Questa disinformazione si sovrappone a quelle teorie cospirative per cui il virus sia stato creato in laboratorio o Bill Gates e le èlite globali stiano diffondendo volontariamente il vaiolo delle scimmie e altri virus per ottenere un guadagno. Ma la maggior parte sta tentando di attribuire la colpa dell’epidemia alla comunità LGBTQ+.
A fine maggio Unaids, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’Aids, ha denunciato il rischio di rafforzamento degli stereotipi omofobi e razzisti, oltre che della compromissione dell’efficacia dell’azione volta a combattere la pandemia.
«L’esperienza mostra che la retorica stigmatizzante può rapidamente disabilitare la risposta basata sull’evidenza alimentando i cicli di paura, allontanando le persone servizi sanitari, ostacolando gli sforzi per identificare i casi e incoraggiando misure punitive inefficaci», ha dichiarato il suo vicedirettore esecutivo Matthew Kavanagh.
Alcuni post su Twitter sottolineano che le aree in cui i casi di vaiolo delle scimmie sono più alti sono le stesse in cui la retorica anti-LGBTQ+ è illegale, o chiamano il virus “la vendetta di Dio”. Anche su Facebook i commenti omofobi legati al vaiolo delle scimmie sono rimasti online, “apprezzati migliaia di volte”, specifica la ricerca, e su Telegram alcuni di questi contenuti sono stati condivisi decine di migliaia di volte.
Su Youtube un video da più di 178.000 visualizzazioni spiega che il vaiolo delle scimmie può essere evitato “non andando alle orge gay”. “Facebook, Twitter e YouTube non hanno risposto alle richieste di commento in tempo per la pubblicazione”, riporta Mit Technology Review.
Le conseguenze sono gravissime: oltre alla discriminazione nei confronti della comunità LGBTQ+, le persone infette potrebbero non voler più segnalare i propri sintomi, per esempio, rendendo più difficile rintracciare nuovi casi e controllare efficacemente la malattia. La disinformazione potrebbe anche far credere alle persone che il virus non li riguarda, se non hanno rapporti omosessuali.
Sebbene non sia ancora chiaro come o dove sia iniziata l’epidemia, l’OMS ritiene che al di fuori di alcuni Paesi dell’Africa occidentale e centrale dove il virus viene regolarmente rilevato, abbia iniziato a diffondersi da persona a persona, principalmente tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, dopo due rave in Spagna e Belgio.
Ma ha anche osservato che le persone più a rischio sono quelle che hanno avuto un contatto fisico ravvicinato con qualcuno affetto dal virus e che dunque non si limita a uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini.
Nel Regno Unito, però, dove si è registrato il primo caso a inizio maggio, l’Agenzia per la sicurezza sanitaria nazionale raccomanda che “ad alcuni uomini gay e bisessuali a più alto rischio di esposizione al vaiolo delle scimmie dovrebbero essere offerti vaccini per aiutare a controllare la recente epidemia del virus”.
Con postilla: “Sebbene chiunque possa contrarre il vaiolo delle scimmie, i dati dell’ultima epidemia mostrano livelli più elevati di trasmissione all’interno, ma non esclusivo, delle reti sessuali di gay, bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini”.
A questo punto della diffusione, è bene informare le persone e indirizzarle verso servizi sanitari informati e ben attrezzati, cosa che stanno facendo molte organizzazioni della comunità LGBTQ+.
«Non abbiamo motivo di farci prendere dal panico in questo momento», ha spiegato alla rivista Derek Walsh, professore di microbiologia e immunologia presso la Feinberg School of Medicine della Northwestern University.
«Il modo in cui si diffonde il vaiolo delle scimmie mostra che è improbabile che sia come la pandemia di covid e si diffonda altrettanto ampiamente. Inoltre abbiamo già vaccini efficaci», ha aggiunto. Bisogna rimanere vigili e evitare di stigmatizzare chiunque ne sia affetto.