Arrivano i droni!

Il 13 giugno, Amazon ha annunciato di essere pronta al lanciare Prime Air, il servizio di consegna a domicilio per mezzo dei droni che entro la fine dell’anno sarà inaugurato nella città di Lockeford in California.
Ora il colosso dell’e-commerce con sede a Seattle deve ottenere i permessi necessari dalla contea di San Joaquin che ospita la cittadina – circa 3.500 abitanti sparsi su 21 chilometri quadrati – e attendere il via libera definitivo dalla Federal Aviation Administration (Faa).
I droni, secondo quanto riferisce il Washington Post (dal 2013 di proprietà di Bezos), dovrebbero far cadere i pacchi in un punto predeterminato da un’altezza di quattro piedi, corrispondenti a circa 120 centimetri.
Anche se alcuni residenti temono possibili violazioni della privacy, il portavoce di Amazon Av Raichura Zammit specifica che il drone dell’azienda «non acquisisce immagini sottostanti mentre sorvola verso la destinazione di consegna o al suo rientro». Tuttavia, precisa, «se qualcuno abbattesse un drone, infrangerebbe la legge».
Altri abitanti esprimono semplice disagio o preoccupazione. «Ho una grande quantità di bestiame e cavalli e un drone spaventerebbe facilmente gli animali», ha commentato Naydeene Koster. Al riguardo Zammit ha dichiarato che «lavorerà sodo per ridurre al minimo qualsiasi potenziale interruzione», e Amazon stessa ha descritto più nel dettaglio come viene regolato il funzionamento dei droni.
«Quando volano verso il luogo di consegna, i droni devono essere in grado di identificare gli ostacoli statici e mobili. I nostri algoritmi utilizzano una suite diversificata di tecnologie per il rilevamento degli oggetti», si legge nel comunicato diffuso dall’azienda. «Mentre il nostro drone scende per consegnare il pacco nel cortile di un cliente, si assicura che ci sia una piccola area intorno al luogo di consegna libera da persone, animali o altri ostacoli», conclude l’azienda.
L’ostacolo maggiore, però, i droni lo hanno superato circa 2 anni fa. L’antefatto risale al 2015, quando la Faa ha rilasciato alla compagnia un “certificato di aeronavigabilità sperimentale”. Il permesso apriva le porte allo sviluppo dei droni, ma lasciava in piedi una serie di limitazioni che ne impedivano l’impiego su larga scala a fini commerciali.
Le operazioni di volo, infatti, sarebbero dovute avvenire a almeno 400 piedi di altezza (circa 122 metri) durante le ore diurne in condizioni meteorologiche di visibilità. L’Aeromobile a pilotaggio remoto (Uas), inoltre, avrebbe dovuto rimanere dentro il campo visivo del pilota e dell’osservatore.
Nell’agosto 2020, Amazon diventa la terza società dopo le concorrenti Wing, di proprietà di Alphabet (Google), e il leader della logistica Ups, a ricevere il certificato di vettore aereo Part 135 utilizzato dai voli charter per la propria flotta di droni. Da qui all’obiettivo dichiarato di effettuare consegne volanti entro 30 minuti il passo è breve.
Era il 2013 quando Bezos ha annunciato per la prima volta il “drone delivery”, ma finora il servizio ha effettuato solo un test di consegna avvenuto a Cambridge nel dicembre 2016. In seguito, il progetto nel Regno Unito è caduto a picco tra incertezze e disordini aziendali, e ancora nell’estate del 2021 un volo di prova ha causato l’incendio di diversi acri di terra in Oregon.
Ma a impensierire gli intervistati del Washington Post è anche l’impatto sociale del nuovo servizio. «Non credo che i droni siano necessari», sostiene un residente, «stanno togliendo lavoro alle persone che lo cercano». Perplessità che in parte alimentano la reputazione già compromessa della multinazionale in tema di cultura del lavoro.
Amazon, dal canto suo, ha affermato di voler investire nella comunità «creando nuovi posti di lavoro, costruendo partnership con organizzazioni locali e contribuendo a ridurre le emissioni di carbonio» grazie a «questa tecnologia futuristica che un giorno potrebbe diventare comune come vedere un furgone Amazon fuori di casa».
Secondo quanto riferito al quotidiano statunitense da un ex dipendente che ha scelto di restare anonimo, la squadra ha ritenuto che Lockeford «fosse una buona scelta perché non ci sarebbe stata troppa burocrazia».
È in corso di valutazione anche la possibilità di sperimentare Prime Air a College Station, in Texas, ma la settimana scorsa i presenti alla riunione della Commissione per la pianificazione e la zonizzazione della città hanno espresso timori per la sicurezza e il rumore. Il 14 luglio la proposta sarà votata in Consiglio comunale.

