Culture

Patrizia Cavalli, la voce della poesia italiana

Per una vita, è stata capace di trasmetterci grandi emozioni con le sue opere. Ora, la sua morte lascia un enorme vuoto nel mondo della cultura italiana. E nel cuore deə suə lettorə
Tempo di lettura 5 min lettura
22 giugno 2022 Aggiornato alle 07:00

“Quel niente misterioso della mente, senza memoria senza presente”. Una delle sue frasi che forse, adesso, possono spiegare il vuoto che Patrizia Cavalli ha lasciato e lascerà nel mondo della poesia e della cultura italiana. Lei che “una memoria e un presente” li ha lasciati ben chiari neə suoə lettorə e in tuttə coloro che nelle sue poesie trovavano pace ed emozioni.

Una delle più grandi protagoniste dell’arte poetica dei nostri tempi ci ha lasciato. Patrizia Cavalli aveva 75 anni e, dopo una lunga malattia, se ne è andata ieri, 21 giugno. Attenta e arguta a non farlo in altri periodi come maggio o settembre, “mi rovinano le due sentinelle dell’estate: promessa e nostalgia”, come venivano descritti questi periodi dell’anno dall’autrice nella sua opera Vita meravigliosa.

La vita e le opere

Patrizia Cavalli, nata a Todi il 17 aprile del 1947, è arrivata a Roma vent’anni dopo, nel 1968 (dove è rimasta fino alla fine). Qui ha conosciuto una delle sue più grandi amiche, Elsa Morante. Da questa profondo rapporto di amicizia è nato nel 1974, anno del suo esordio letterario, la sua prima raccolta di poesie, dal memorabile titolo Le mie poesie non cambieranno il mondo edito da Einaudi, casa editrice a cui è rimasta per sempre legata.

Quest’opera insieme a Il cielo (1981) e L’io singolare proprio mio (1992) sono state poi riunite nel volume Poesie (1974-1992). Sempre con Einaudi, ha pubblicato Sempre aperto teatro (1999, con il quale ha vinto il Premio Letterario Viareggio-Repaci), Pigre divinità e pigra sorte (2006, per il quale ha ricevuto il Premio Dessì), Datura (2013), Vita meravigliosa (2020), la sua ultima opera. Tra gli altri scritti (nonché sua unica prova narrativa) c’è Con passi giapponesi (2019), vincitore del Premio Campiello - selezione Giuria dei Letterati.

Ma nella vita ha anche tradotto: da Anfitrione di Molière e Sogno di una notte dimezza estate di Shakespeare (sempre per Einaudi) a Otello.

Tra i più importanti momenti della sua carriera ricordiamo l’anno 1976, quando è stata inserita nell’antologia Donne in poesia - Antologia della poesia femminile in Italia dal dopoguerra a oggi, insieme ad altre autrici italiane quali Maria Luisa Spaziani, Vivian Lamarque, Amelia Rosselli, Anna Maria Ortese.

Nel 2013 un’altra avventura: con la cantautrice Diana Tejera ha realizzato il libro/disco Al cuore fa bene far le scale (edito da Voland/Bideri). Le due, insieme alla cantautrice jazz Chiara Civello, hanno poi scritto il brano E se.

Il suo stile racconta molto dell’artista che è stata. Le sue opere sono caratterizzate infatti da una complessa tecnica poetica e le sue liriche, limpide e dirette, rivelano spesso intensa drammaticità. Queste hanno il potere di trasformare e rivedere l’antico in chiave moderna, in modo rigoroso ma innovativo.

Patrizia Cavalli, vita di “una poeta”

Non si sapeva quasi nulla della sua malattia e della sua vita privata, ma in una delle sue ultime interviste ha rivelato di vivere senza amore da anni. Non si faceva chiamare poetessa. Patrizia Cavalli era per tuttə una “poeta”, da quando la sua amica Elsa Morante suggellò così il loro rapporto: “Patrizia, sei poeta, sono felice”.

Un’artista che è stata capace di migliorarsi con il tempo e con le sue raccolte più recenti, dove ha trovato una strada nuova per la sua libertà di scrittura. Come è facile intuire in Pigre divinità e pigra sorte (Einaudi, 2006), Datura (Einaudi, 2013), Vita Meravigliosa (Einaudi 2020), ma anche nella sua raccolta Sempre aperto teatro (Einaudi 1999).

Proprio qui, l’autrice ha mostrato al suo pubblico un’altra delle sue passioni, il teatro, che sentiva e amava molto. Forse perché il teatro è un po’ come era lei: rigoroso e rivoluzionario, passionale e istintivo.

L’addio di un’anima libera

In un’intervista a La Repubblica, Patrizia Cavalli ha spiegato cosa pensava lei della morte e di come la immaginava.

“Se le circostanze sono concrete ti attacchi al dettaglio senza pensare più in prospettiva. Rimuovi. Eppure rimuovere non è nella mia natura: sono stata sempre pronta ad affrontare pensieri orrendi. Credo che sia una forma di arroganza. Ho avuto il tempo d’immaginare la morte. Il massimo del terrore è l’idea di finire in una zona dove non ho controllo”.

Non c’è modo migliore di descrivere e ricordare questa grande poeta se non leggendo le sue opere, alcune introspettive e toccanti. Come la sua Casa, contenuta nel volume Poesie (1974-1992). In questa opera, Patrizia Cavalli ci racconta un rapporto mai risolto o risolvibile: quello tra familiarità ed estraneità.

“La casa. Beato chi è padrone della casa, non dico della casa catastale, ma della casa, della casa reale. Per quindici anni io sono stata ospite della mia casa, un’ospite indesiderata. Buio, più lampadine metto e più fa buio. Beato chi non vede le curve, gli spigoli, le ombre, beato chi, vero proprietario, usa e abusa di quello che gli è dato. Io sono in soggezione dei rigidi cuscini, dei libri aperti, dei corridoi inutili e feroci, dei quadri appesi, dei cimiteri di camicie e sciarpe che in ogni stanza io stessa ho seminato.”

Non si può descrivere il vuoto che Patrizia Cavalli ha lasciato nel cuore deə suoə lettorə e nella poesia italiana, ma c’è un suo verso che può riassumere bene questo sentimento: “Che tu ci sia o non ci sia, ormai è la stessa cosa, comunque sia io ho la nostalgia”.

Leggi anche
Il lockdown a Shanghai
censura
di Valeria Pantani 3 min lettura
libri
di Caterina Tarquini 4 min lettura