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Vino biologico o sostenibile: facciamo chiarezza

Le norme che regolano la produzione vinicola biologica puntano a rendere il vino un prodotto il più possibile sostenibile, se non del tutto. Ma cerchiamo di capirci di più
Vivanterre, vini naturali
Vivanterre, vini naturali
Tempo di lettura 6 min lettura
1 luglio 2022 Aggiornato alle 15:00

Due terminologie che rischiano di essere scambiate per sinonimi quando si parla di vino: la viticoltura sostenibile e quella biologica. Concetti che si ritrovano all’interno di un macro argomento, il rapporto tra vino e ambiente, ma che non sono collimanti tra loro.

Almeno non del tutto, perché in realtà il vino biologico ha una storia, soprattutto recente, che evidenzia una volontà di mantenere determinati standard di sostenibilità ambientale, tali da poter ritenere che l’appellativo “biologico” (se seguito con le regolamentazioni attualmente vigenti) si possa affiancare idealmente a un prodotto realizzato secondo i canoni di rispetto dell’ambiente.

Vino biologico, la regolamentazione

Il lavoro delle aziende che si occupano di vino biologico è stato regolamentato in modo da essere già un primo esempio di viticoltura sostenibile, in un rapporto di rispetto tra vino e ambiente e con l’idea sempre più futuribile di un vino sostenibile.

Per regolare la definizione di vino biologico esistono delle disposizioni comunitarie, nello specifico la 834/2007 e la 889/08, a cui hanno fatto seguito modifiche e integrazioni. Come riporta il documento a carattere europeo, la prima delle due fornisce la base per lo sviluppo sostenibile della produzione biologica e, nel contempo, assicura l’efficace funzionamento del mercato interno.

Gli obiettivi prefissati sono quelli di stabilire un sistema di gestione sostenibile per l’agricoltura che rispetti i sistemi e i cicli naturali e mantenga e migliori la salute dei suoli, delle acque, delle piante e degli animali e l’equilibrio tra di essi.

Il vino biologico, nell’idea del legislatore comunitario, deve infatti garantire un alto livello di diversità, assicurando un impiego responsabile dell’energia e delle risorse naturali come l’acqua, il suolo, la materia organica e l’aria.

In più, si legge ancora nella regolamentazione, è necessario che la produzione vinicola rispetti criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e soddisfi, in particolare, le specifiche esigenze comportamentali della fauna secondo la specie. Il tutto mirando a ottenere prodotti di alta qualità e la produzione di un’ampia varietà di alimenti e altri prodotti agricoli che rispondano alla domanda dei consumatori.

Nei principi regolamentari si parla di progettazione e gestione appropriate dei processi biologici, limitazione dell’uso di fattori di produzione esterni (se necessari che siano il più naturali possibile), limitazione delle sintesi chimiche nei casi in cui è possibile, mantenendo e potenziando la vita e la fertilità naturale del suolo, la sua stabilità e biodiversità.

Come è facilmente comprensibile, quindi, le norme che regolano la produzione di vino biologico sono atte a far sì che lo stesso sia un vino sostenibile o che lo sia il più possibile.

Definizione di viticoltura sostenibile

A dare una definizione di viticultura sostenibile ci ha pensato di recente il Governo italiano. A partire dalla prossima vendemmia, infatti, inizierà il processo che porterà alla certificazione di vino sostenibile. Sono diversi i fattori che influiranno sulla possibilità delle aziende di ricevere tale certificazione.

Agli operatori verrà richiesto di mantenere un registro aggiornato degli utilizzi di acqua e di rispettare i requisiti che comprendono la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi degli elementi naturali e non, caratteristici di una determinata zona, con rispetto per le specie protette all’interno del territorio e una sempre maggiore attenzione sulle varie fasi dei processi produttivi aziendali, nonché sulle condizioni di lavoro degli addetti.

Disposizioni, queste ultime, che dimostrano come la richiesta di un vino sostenibile riguardi non solo il rispetto delle principali tematiche ambientali, ma anche quelle di sicurezza sociale, quindi di chi quel vino è demandato a crearlo, fase per fase, prima che arrivi in bottiglia sugli scaffali della piccola e grande distribuzione.

Per avere la certificazione di vino sostenibile l’azienda dovrà dimostrare di effettuare un riesame dei propri processi con cadenza almeno annuale, con lo scopo di individuare nuove possibili modalità tecnico-operative che minimizzino i consumi idrici e/o energetici. Anche sulla tematica lavorativa dovrà essere cura dell’azienda verificare che gli interinali siano assunti tramite contratto conforme al CCNL (il contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato con i rappresentanti di categoria), formando i lavoratori sulle tematiche inerenti alla sostenibilità e garantendo una corretta manutenzione delle attrezzature per prevenire incidenti.

Secondo quanto riportato dal Mipaaf, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il disciplinare di certificazione di vino sostenibile nazionale della sostenibilità nella filiera «mette a sistema le buone pratiche e le esperienze condotte in materia di sostenibilità nel settore vitivinicolo mediate di diversi schemi di certificazione della qualità sostenibile avviati a livello nazionale». Gli standard per la decisione saranno quelli previsti dal Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata (SQNPI), mentre per il 2023 verranno portati a completamento tutti gli altri sistemi ancora da integrare.

Il packaging del vino sostenibile

Il tema della sostenibilità si allarga anche al consumatore nel momento in cui si deve fare un regalo e il vino sostenibile può sicuramente essere un’ottima scelta in tal senso.

Sotto tale aspetto sono diverse le realtà in Italia che si sono dedicate al packaging del vino sostenibile. Una di queste è la Smurfit Kappa Italia, che ha lanciato una serie di proposte basate sull’utilizzo del cartone ondulato e un processo di unboxing di particolare impatto.

Affinché si possa parlare di packaging di vino sostenibile è in ogni caso necessario che i materiali siano riciclabili, in carta ma anche con altre soluzioni come quella trovata da Etikè, produttrice di etichette in ceramica ultrasottile.

Il percorso di sviluppo per un vino sostenibile sta sempre di più toccando ogni ambito, compreso quello della bottiglia. Il vetro resta la scelta prediletta e anche l’industria vetraria si sta adattando. Pur essendo materiale altamente riciclabile, ogni chilogrammo di vetro prodotto presuppone un consumo di energia tra 12 e 15 mega joule con un’emissione di 2,7 chilogrammi di CO2.

Risulta quindi ancora più sostenibile la bottiglia che presenta un minor peso. «Sostanzialmente la tipologia di bottiglia che va per la maggiore è quella da 410 g (per 75 cl), in un intervallo di scelta compreso tra 1,2 Kg e 360 grammi – ha dichiarato Pietro Cantini, titolare di Cantini Vetro Srl, al sito del Gambero Rosso - L’alleggerimento è un trend che si è affermato soprattutto negli ultimi cinque anni, insieme al boom delle cantine eco-friendly».

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