Storie

Le connessioni forti

L’ultimo spot di Tim realizzato da Giuseppe Tornatore ci dice qualcosa di autentico: se uniamo i nostri sogni a quelli di qualcunə altrə, possiamo davvero conquistare il mondo
Lo spot di Tim presentato alla stampa il 15 giugno è firmato dal regista Oscar Giuseppe Tornatore.
Lo spot di Tim presentato alla stampa il 15 giugno è firmato dal regista Oscar Giuseppe Tornatore.
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 4 min lettura
18 giugno 2022 Aggiornato alle 07:00

Premessa: ho un passato da direttrice editoriale Tim. Quindi, tutto quello che leggi è frutto di una visione parziale della storia. La prospettiva di chi ha fatto un percorso di vita indipendente, che non lavora per Tim da 17 anni ma per la quale Tim rappresenta a tutti gli effetti una famiglia d’appartenenza.

Per dire. Certe notti sogno che devo tornare a lavorare in Tim perché c’è un’emergenza irrisolvibile e mi ritrovo a indossare nuovamente il mio “vecchio cappello” di CrisTIM - dico vecchio perché è cominciato nel 2000 - trasformandomi nell’eroina della situazione.

Per dire, certe persone mi hanno in memoria sul cellulare ancora così. Vedi alla voce CrisTim. Per dire, anche se non ho più Tim come operatore telefonico, so che dovrò prima o poi farci i conti con questa cosa.

Ecco, dopo questa doverosa e deontologica parentesi personale, eccomi a parlare della “mia” vecchia famiglia dopo anni di silenzio. Si dice che solo chi è di famiglia possa permettersi di criticare. Ecco, io potrei e avrei potuto farlo, conoscendola come le mie tasche. Ma non l’ho fatto in passato perché preferisco vedere il bicchiere mezzo pieno e adesso per fortuna di cose belle da raccontare ce ne sono.

La prima è che ho re-incontrato un’amica dopo tanto tempo. E confrontandomi con lei all’interno di un panel ho ri-scoperto una cosa importante: non bisogna mai perdere di vista chi si è veramente, e non c’è nulla di male a portare la propria storia all’interno di contesti molto differenti, indossando i propri normalissimi - o comodissimi - abiti.

Stare vicinə alle cose che ci appartengono e che abitano la nostra pelle ogni giorno è una cosa importante. Bisogna smetterla di camuffarci con outfit troppo alla moda per sembrare più sicure di noi stessə. È scomodo, ma soprattutto gli abiti ci permettono di poterci mascherare, ma anche smascherare. Smarcheriamoci ogni tanto. Io lo sto facendo con questo pezzo, e già mi sento più a mio agio.

La seconda è che in Tim, dieci anni fa, è nata Noi D Telecom e giovedì sera scorso, in un locale in centro a Roma, le ragazze che hanno partecipato alla creazione di questa associazione femminile “intra gruppo” si sono riunite per festeggiare.

Erano tantissime, e quando sono arrivata senza aver pagato la quota sono stata presa di peso da Cristina Carollo - cofondatrice insieme a Gaia Spinella di NoiD - e obbligata a un drink. Lì ho reincontrato tante professioniste - perché in Tim ci sono tante incredibili professioniste - che negli anni si sono battute affinché le donne avessero una maggiore rappresentanza. Sia in termini di numero di dirigenti, sia in termini di parità salariale.

A sorpresa si è presentato Pietro Labriola, amministratore delegato dell’azienda, e ha parlato di un necessario aumento di rappresentanza femminile nei posti chiave (dal 20 ad almeno il 43 per cento). Ma, cosa più importante, ha parlato del fatto che essere Tim - in questo contesto, in questo momento - significa avere una responsabilità che travalica l’azienda. Che deve essere un monito per il mondo che è la fuori. Aziende così grandi, con così tantə dipendenti e fornitori non possono non occuparsi in modo “massivo” di inclusione. E questo non può essere solo uno spot.

E a proposito di spot, appunto. Erano anni che non vedevo 40 secondi così belli, e così “inspiring”. Per questo, come terza cosa bella da raccontare è che quando ho visto questo spot di Giuseppe Tornatore, che ha come protagonista un bimbo del sud con il sogno di diventare stilista, ho pensato agli anni passati in casa con il Covid e del ruolo che ha avuto per me e per la mia comunità di persone di riferimento il cellulare.

Uno strumento che arriviamo a odiare con tuttə noi stessə perché in realtà è tuttə noi stessə. Significante, e significato. Ma quante cose incredibili siamo riusciti a realizzare in questi anni difficili chiusi in casa, connettendoci con il resto del mondo. Associazioni, manifestazioni, dibattiti, partiti, chiacchiere, lauree e pure ginnastica.

Il telefono come schiavitù, ma il telefono come connessione positiva che accorcia le distanze. Poi magari le distanze rimangono, ma le connessioni restano. Come la mia con le ragazze di Tim.

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