Futuro

L’industria spaziale inquina tantissimo

Gli impatti ambientali di questo settore, soprattutto quello del nascente turismo, riguardano tanto il suolo quanto l’atmosfera. E le comunità locali
SpaceX Falcon Heavy Demo Mission
SpaceX Falcon Heavy Demo Mission Credit: SpaceX/unsplash
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1 giugno 2022 Aggiornato alle 20:00

Da tempo l’imprenditore Elon Musk sogna di stabilire la prima colonia marziana entro il 2029, per poi arrivare ad avere nel 2050 una città con centinaia di migliaia di abitanti sul pianeta rosso.

Un progetto avveniristico dettato, secondo le opinioni del magnate americano, dalla necessità di assicurare un futuro alla nostra specie viste le numerose crisi in corso fra cui quella climatica-ambientale. Ma mentre Musk pubblicizza i suoi piani per la conquista del cosmo, la sua compagnia aerospaziale SpaceX sta ponendo dei seri problemi ambientali nei siti di sperimentazione e lancio.

Con l’espandersi dell‘economia legata all’esplorazione spaziale, nel 2014 SpaceX aveva preso la decisione di inaugurare un nuovo sito in Texas, nella località di Boca Chica, avviando la costruzione dello spazioporto a circa 32 km dalla città di Brownsville.

A partire dal 2015 la zona, conosciuta comunemente come “Starbase”, si è evoluta in un vasto complesso industriale con siti di lancio, depositi di carburante, fabbriche di assemblaggio e test, oltre che centinaia di nuovi lavoratori.

Un rapido cambiamento che ha avuto un notevole impatto sull’ecosistema e sulle comunità locali, determinando una continua chiusura delle spiagge accessibili al pubblico a causa dei test in corso, una gentrificazione a danno delle comunità native più povere e un aumento dell’inquinamento nelle riserve naturali presenti in zona.

In certi casi le esplosioni dei prototipi hanno seminato migliaia di pezzi di metallo nelle aree circostanti, con effetti negativi sull’attività delle fauna locali, soprattutto degli uccelli.

A causa di questi problemi nel marzo del 2020 l’Agenzia federale “United States Fish and Wildlife Service, dedicata alla protezione degli habitat naturali, ha inviato una lettera alla FAA (Agenzia federale per l’aviazione civile) denunciando i cambiamenti strutturali attuati nel sito della SpaceX essendo «non conformi alle descrizioni dei progetti originali, con potenziali violazioni e incidenti con conseguenti danni per le riserve naturali».

Il problema dell’inquinamento dell’industria spaziale non riguarda solo il suolo ma coinvolge anche l’atmosfera, dove una recentissima ricerca ha mostrato le emissioni inquinanti dei propellenti usati dal più popolare razzo della SpaceX, il Falcon 9.

Un problema che coinvolge tutto il settore spaziale privato, soprattutto quello legato al nascente turismo, dalla Blue Origin di Jeff Bezos alla Virgin Galactic di Branson, con quest’ultimo che ha promesso 400 voli spaziali all’anno; voli che moltiplicano le emissioni di CO2 a passeggero fino a 100 volte tanto rispetto a un volo di lunga durata di un aereo di linea.

Con il progredire della tecnologia aerospaziale il settore vedrà una crescita economica fino a 900 miliardi di dollari nel 2030, con il conseguente aumento degli impatti sull’ecosistema.

Proprio per questo motivo gli attivisti non hanno intenzione di rimanere inermi, a partire dalla Starbase in Texas, dove l’ambientalista locale Rebekah Hinojosa, arrestata per le sue contestazioni a febbraio, ha annunciato che nonostante tutto «continueremo a protestare contro l’impatto ambientale negativo dei continui lanci spaziali».

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