Umano e umanoide a confronto (canva) LaSvolta.it
Le assicurazioni puntano sull’intelligenza artificiale, ma il pubblico resta diffidente. Un’innovazione che corre, tra benefici e timori.
Immaginate di denunciare un danno con una foto e ricevere il rimborso entro dieci secondi. Troppo bello per essere vero?
Nessun call center, nessun perito: fa tutto un algoritmo di IA. Il progresso può agevolare la vita in molte cose, forse anche per quanto riguarda i sinistri.
Sembra fantascienza, eppure molte compagnie assicurative ci sono già arrivate, o quasi. L’integrazione dei nuovi sistemi automatizzati richiede tempo.
Peccato che i clienti non siano altrettanto entusiasti e i motivi non mancano. Ecco quali sono i pro e i contro.
Mentre il settore assicurativo accelera verso la digitalizzazione, il pubblico sembra frenare. Da una parte ci sono le compagnie, spinte da urgenze di mercato e margini più snelli; dall’altra gli assicurati, scettici davanti a una tecnologia che promette velocità ma rischia di sacrificare trasparenza e umanità. Secondo lo studio IBM Institute for Business Value, il 77 % delle assicurazioni globali sta già sperimentando o adottando strumenti basati sull’intelligenza artificiale, in particolare generativa.
Una corsa che si traduce in investimenti importanti: Deloitte prevede che in Italia si raggiungeranno i 100 milioni di euro nel 2025, il doppio rispetto all’anno precedente. Negli Stati Uniti, colossi come Allstate e MetLife usano già l’AI per gestire richieste, sinistri e relazioni con i clienti. Allstate processa 50.000 messaggi al giorno con chatbot intelligenti, mentre MetLife utilizza algoritmi predittivi per anticipare problemi e offrire soluzioni. Eppure, proprio questa automazione spaventa: se tutto è nelle mani di una macchina, chi ci garantisce che sia equa?
Dietro l’entusiasmo delle compagnie, si cela una spaccatura profonda. Sempre secondo IBM, il 49 % dei dirigenti assicurativi non vede l’intelligenza artificiale come un vantaggio, ma come un rischio concreto per la reputazione, la sicurezza dei dati e il rapporto col cliente. Una visione prudente, alimentata dalla crescente diffidenza pubblica. Un sondaggio condotto da Capgemini evidenzia come solo il 34 % dei clienti si dichiari “a proprio agio” con l’uso dell’AI nel settore assicurativo.
Il timore più diffuso? Che le decisioni automatizzate siano opache, difficili da contestare e potenzialmente ingiuste. La mancanza di empatia, un elemento essenziale in caso di sinistro o richiesta delicata, contribuisce ad alimentare il sospetto. Eppure, alcuni casi stanno dimostrando che l’equilibrio è possibile. Startup come Lemonade, attiva anche in Europa, utilizzano l’AI per accelerare i rimborsi mantenendo trasparenza e possibilità di intervento umano. La vera sfida, oggi, non è più tecnica: è culturale. Le macchine sanno già cosa fare. Tocca alle persone decidere se fidarsi.
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