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Biodiversità: Italia è quinta in Europa per numero di ricerche scientifiche

 

Dall’Accordo all’azione: ricostruire la biodiversità”. È questo il tema scelto quest’anno per la Giornata Mondiale della Biodiversità 2023. Il Segretariato dellaConvention on Biological Diversity- lo storico trattato firmato aNairobiil 22 maggio del 1992 – quest’anno ha scelto di ribadire l’importanza di proteggere concretamente il tesoro inestimabile del quale dispone la Terra. La tutela passa anche per lostudio e la conoscenzae, secondo un report dell’editore scientificoElsevieranche l’Italia sta dando il suo contributo. Con7.492paperrealizzati dal 2017 al 2022, il nostro Paese è ilquinto in Europa per ricerche prodotte sul mondo naturale,alle spalle di Spagna, Francia, Germania e Regno Unito. Secondo un’analisidel2022 diLegambiente, Roma ha anche un altro primato: con oltre1,7 miliardi di euroindirizzati verso970 progetti, è il primo Stato per finanziamenti per la salvaguardia degli ecosistemi. In generale, negli ultimi cinque anni sono stati pubblicati 142.000 lavori scientifici sulla biodiversità. Di questi60.000, cioè quasi la metà (41%), sono stati realizzati inEuropa.Il continente quindi, anche grazie ai programmidell’Unione europeae agli obiettivi del Green Deal, emerge come leader nell’ambito degli studi naturalistici.Seguono gli Stati Uniti (41%), la Cina e l’America Latina (entrambe con il 16%) e dall’Africa (7%). Se si guarda al totale delle pubblicazioni scientifiche di Pechino e Washington, emerge che quelle riguardanti l’ambiente sono solo lo0,5% e lo 0,7%.In Sud e Centro America e Sudafrica, che stanno sperimentando molte delle conseguenze della perdita di biodiversità su agricoltura e ecosistemi, il numero cresce fino al 2%. Il report diElseviersegnala anche una crescita della sensibilità sul tema: si è passati dalle 15.000 pubblicazioni del 2012 alle quasi30.000 del 2021. L’accelerazione si è registrata, in particolare, dopo il 2018, con un+ 15%.Nonostante i dati per il 2022 non siano ancora completi,«è riconoscibile una tendenza alla crescita, perciò crediamo che questo sarà il trend nei prossimi anni».Questa attenzione si è tradotta nella firma dello storicoKunming-Montreal Global Biodiversity Framework 2021-2030, l’accordo per la protezione del 30% di terre e oceani entro il 2023, nell’ambito della Cop 15, la Conferenza sul tema delle Nazioni Unite. Per quanto riguarda le istituzioni governative, nelle prime dieci posizioni ci sono ben tre francesi. La più prolifica però è laChinese Academy of Science.Sul podio seguono il Cnrs (il Centro nazionale della ricerca scientifica francese) e il Csic (il Consiglio superiore per la ricerca scientifica spagnolo). IlCnr(Consiglio nazionale delle ricerche italiano) si piazza invece nono. Poco più in basso laStazione Zoologica Anton Dohrndi Napoli e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Tra le università, a guidare la classifica è laUniversity of Chinese Academy of Sciences, seguita dall’Università di Montpelliere da quella di San Paolo in Brasile. Delle italiane le più attente sono laSapienza di Romae leUniversità di Firenze, Bologna, Torino e Milano.In Italia, secondo Elsevier, l’incremento nella produzione di paper da un anno all’altro è stata più significativa della media. Lo0,86% delle 840.000 pubblicazionidel nostro Paese riguardano l’ambiente e la natura. Negli altri Paesi la percentuale è dello 0,66%. Gli articoli inoltre sono stati citati in media 1,73 volte, contro le 1,43 degli altri Stati. Gli esperti italiani inoltre, emerge dal report, collaborano spesso con gli stranieri, nel47% dei casi(il resto del mondo si attesta sul 21% e l’Europa al 42%) e, sul tema della biodiversità, le interazioni salgono al 58%. I nostri partner preferitisono Regno Unito, Usa, Germania, Francia e Spagna. A livello di citazioni, cooperiamo anche con Australia, Svezia e Canada. ”Crediamo” che l’attenzione alla biodiversità “andrà a crescere, complice anche la pandemia – auspica Elsevier – Fenomeni come ilCovidci hanno spinto a riflettere sul tema della biodiversità, anche in relazione alle pandemie e al fatto che le attività umane che causano il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità sono le stesse che, attraverso i loro impatti sul nostro ambiente, conducono al rischio dipandemia”.

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