Come raccontato in un articolo delFinancial Times, latransizione energeticafa passi avanti negli Stati Uniti, anche grazie agli investimenti previsti dall’Inflation Reduction Act, il pacchetto legislativo lanciato dall’amministrazione Biden per promuovere gliinvestimenti verdifornendo sovvenzioni, contributi e crediti d’imposta a progetti e aziende amiche dell’ambiente. La strada verso la decarbonizzazione procede (ma siamo troppo lenti) È proprio grazie ai finanziamenti previsti dall’Inflation Reduction Actche la compagniaAvangrid, attiva nel settore delle rinnovabili, completerà, entro il primo quadrimestre del 2025, il suo nuovoprogetto di energia solare, il più grande mai realizzato dall’azienda. Il parco fotovoltaicoTrue North(questo è il nome del progetto), sorgerà a Falls County, nel cuore del Texas, e avrà una capacità di 321 megawatt, sufficiente asoddisfare il fabbisogno energetico di oltre 55.000 case americane. Si tratta sicuramente di un progetto ambizioso dall’elevato impatto sociale e ambientale. E tuttaviaTrue Northnon rappresenta che una goccia nell’oceanonella strada verso il livello di decarbonizzazione necessario a raggiungere gli obiettivi climatici internazionali. Secondo le stime dell’Agenzia per le Energie Rinnovabili, ricorda ilTimes, per contenere le conseguenze disastrose della crisi climatica serve spingere il piede sull’acceleratore. Come? Installando, a livello globale, un’utenza media di1.000 gigawatt di energia rinnovabile ogni anno da qui al 2030, il che equivale a più di 3000 progetti della stessa scala diTrue North. Insomma, il traguardo è ancora lontano. E per accrescere il volume degli investimenti per la transizione energetica è quantomai urgente mettere in discussione i meccanismi che, a oggi, governano la finanza climatica. La finanza climatica da Parigi a oggi “Servono più soldi per la finanza climatica”. “Gli investimenti in finanza verde sono insufficienti”. Quante volte vi è capitato di sentire o di leggere frasi come queste? È una storia già sentita. Quello dellaclimate financeè un argomento che, ormai da anni, occupa uno spazio di rilievo nel dibattito sulle politiche climatiche. È stato così soprattutto a partire dalla COP21, quando l’Accordo di Parigidesignò la finanza sostenibile come uno dei pilastri fondamentali (assieme a mitigazione e adattamento) per un’azione tempestiva e giusta per contrastare il cambiamento climatico. Infatti, già nel 2015l’articolo 2.1(c)del Paris Agreement aveva definito essenzialerendere i flussi finanziari “coerenti con un percorso verso basse emissioni di gas serra e uno sviluppo resiliente al clima”, riconoscendo di fatto come limitare il riscaldamento globale entro gli 1.5° dipendesse, in massima parte, dalla mobilitazione degli investimenti necessari, e sottoscrivendo un impegno collettivo da parte degli Stati nel rendere il sistema finanziario compatibile con gli obiettivi climatici internazionali e gli avvertimenti dell’Ipcc. Da allora, lagreen financeha rivestito un ruolo cruciale nell’ambito della governance climatica, diventando uno dei temi più discussi ai tavoli delle negoziazioni. Lo abbiamo visto anche allaCop28 di Dubai, quando il Ministro delle Finanze degli Emirati ha lanciato ilGlobal Climate Finance Framework(Gcff), con l’obiettivo di rendere i finanziamenti per il clima “più facilmente disponibili, convenienti e accessibili”, o attraverso l’istituzione di Altérra, un fondo innovativo da 30 miliardi di dollari (destinato a raggiungere 250 miliardi di dollari entro il 2030), presentato come il più grande investimento privato al mondo dedicato alla lotta contro il cambiamento climatico. Eppure, nonostante gli sforzi crescenti di Stati e banche multilaterali di sviluppo, l’allineamento tanto sperato e agognato dall’Accordo di Parigi non c’è stato. I dati del Climate policy initiative sulla finanza climatica Lo scorso novembre, la pubblicazione del nuovo report annuale diClimate Policy Initiative(Cpi) intitolata “Global Landscape of Climate Finance 2023”, ha fornito un aggiornamento sugli investimenti primari correlati al clima in tutto il mondo durante il 2022. Anzitutto, i dati delCpimostrano che i flussi finanziari totali dedicati al clima, al momento, rappresentano appenal’1% del Pil globale. In questo contesto, per riuscire a contenere l’aumento medio della temperatura globale in linea con l’accordo di Parigi, sarà necessario aumentare il finanziamento climatico fino a raggiungere circa9 trilioni di dollari all’anno entro il 2030, rispetto ai poco meno di 1,3 trilioni di dollari nel 2021-22. Oltre a un problema di volume totale, sempre secondoCpi, anche ladistribuzione della finanza climaticarimane altamente disomogenea tra i settori, con gli investimenti sulla mitigazione che ricevono 1,150 trilioni di dollari e quelli per l’adattamento che si fermano a 63 miliardi di dollari. In termini digiustizia climatica e disuguaglianze, il rapportoGlobal Landscape of Climate Financesottolinea anche che, nel 2022,meno del 3% dei finanziamenti(30 miliardi di dollari) sia stato indirizzatoai Paesi meno sviluppati(LDCs). Similmente, colpisce anche come i dieci paesi più colpiti dal cambiamento climatico tra il 2000 e il 2019 abbiano ricevuto appena 23 miliardi di dollari, meno dell’2% del finanziamento climatico totale. Altrettanto preoccupante, unarevisione decennalecondotta dalCpinel 2021 rivela che, in più di 50 economie globali, gli investimenti legati ai combustibili fossili superano la somma dei finanziamenti destinati a politiche di mitigazione e adattamento, una tendenza definita come “persistent misallocation” dall’Ipcc. Riformare il sistema finanziario per salvare il Pianeta Sulla base di queste premesse, nel 2022 ilPiano di Implementazione di Sharm el-Sheikhha messo in luce la necessità di attuare unaprofonda trasformazione del panorama finanziarioglobale per mobilitare gli investimenti richiesti per un’azione climatica efficace. Nello stesso anno,Mia Mottley, Primo Ministro delle Barbados, ha lanciato laBridgetown Initiative, un insieme di richieste per affrontare i bisogni finanziari immediati dei paesi più poveri del mondo (e di conseguenza più vulnerabili al cambiamento climatico) che preveda, allo stesso tempo, di affrontare i problemi sistemici e strutturali della sistema della finanza mondiale. La maggior parte delle proposte afferisce a tre pilastri principali:assistenza alla liquiditàper rafforzare la resilienza climatica e fornire prestiti agevolati ai paesi a basso reddito;sostenibilità del debito, esortando i paesi creditori del G20 a accelerare i colloqui sulle mobilità di rimborso del debito stesso; emobilitazione del capitale privatoper accrescere il volume di investimenti per la un’economia a basse emissioni di carbonio anche nei Paesi del Sud. Proposte simili, incentrate su riduzione del debito, aumento degli investimenti verdi, e potenziamento della governance delle istituzioni finanziarie, sono arrivate da altre iniziative, tra cui laSustainable Debt Coalition, l’Accra-Marrakesh Agenda, ilPatto di Parigi per le Persone e per il Pianetae laNairobi Declaration, che hanno presentato agende molto ambiziose per riformare la finanza climatica e rendere il sistema, nel suo complesso, compatibile con gli obiettivi climatici internazionali. Del bisogno di una trasformazione del sistema finanziario globale parla anche ilnuovo reportdell’Independent High-Level Expert Group on Climate Finance(Ihleg), un gruppo di esperti è stato incaricato di sviluppare raccomandazioni per incoraggiare e abilitare gli investimenti pubblici e privati necessari per la realizzazione degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Le priorità secondo il Gruppo di esperti in finanza climatica Anzitutto, secondo l’Ihleg, la sfida rappresentata degli investimenti che al momento sono insufficienti richiede un approccio molto più mirato, che preveda ilcoinvolgimento di tutti gli attori chiave(Stati, settore privato, banche multilaterali di sviluppo donatori e filantropia). In questo senso, la capacità e la volontà politica dei leader dei singoli Paesi saranno cruciali per far sì che le piattaforme di dialogo nazionale offrano uno spazio adeguato e occasioni di scambio proficue per gli stakeholders interessati a prendere parte a questo dialogo. In questo senso, la partecipazione attiva di quanti più attori possibili è centrare per sbloccare gli investimenti su larga scala. Serve un approccio integrato e cooperativo, che superi l’individualismo degli Stati e che punti sulla creazione di opportunità di investimento che arrechino benefici a tutte le parti coinvolte. Contestualmente, il gruppo di esperti riconosce l’urgenza di affrontare ivincoli del debito immediatoe la mancanza di spazio fiscale che stanno impedendo a molti paesi, specialmente quelli più poveri ed esposti alclimate change, di investire sulla transizione. Un altro punto riguarda la mobilitazione delle risorse interne, della cosiddettafinanza domestica, che sarà centrale nel garantire la sostenibilità macroeconomica di tutti i finanziamenti. In questo senso, l’Ihlegricorda agli Statiche l’eliminazione dei sussidi alle fonti fossilie politiche di tassazione sul carbonio potrebbero generare entrate fondamentali per finanziare la transizione. Quanto ai finanziamenti alle economie emergenti e in via di sviluppo, i cosiddettiEmerging markets and Developing Countries(EMDCs), per ottemperare agli obiettivi di mitigazione i flussi totali per l’azione climatica dovranno essere aumentati di oltre 15 volte. Per fare ciò, il report ribadisce il ruolo fondamentale dellebanche multilaterali di sviluppo(MDBs) sia per sbloccare opportunità di investimento che per mobilitare più finanziamenti attraverso i propri prestiti e la catalizzazione della finanza privata. In questo sensio, l’Ihlegchiede a questi attori di aumentare gli sforzi nellariduzione, gestione e condivisione del rischio, oltreché nella riduzione delcosto del capitale, con l’obiettivo finale di triplicare il proprio sostegno alla transizione ecologica entro il 2030. Verso la Cop29 di Baku: un nuovo obiettivo di finanza climatica? Nel frattempo, il prossimo novembre potremmo assistere alla formulazione di unnuovo obiettivo quantitativodi finanza climatica. Alla Cop29, infatti, dovrebbe concludersi il processo di sviluppo delNew Collective Quantified Goal, già avviato nel 2022. ABaku, in Azerbaijan, gli Stati dovrebbero raggiungere un nuovo accordo, che secondo le previsioni dovrebbe concretizzarsi nel superamento della soglia minima per il finanziamento climatico ai Paesi in via di sviluppo, che a oggi è di100 miliardi di dollari l’anno. Ciò nonostante, analisti e accademici si stanno interrogando se, in un momento tanto cruciale per la transizione energetica, abbia senso focalizzare tutte le energie sulla formulazione dell’ennesimo documento pieno zeppo di promesse che difficilmente saranno mantenute dagli Stati. Alcune associazioni, comeCAN Europe, sostengono che concentrarsi esclusivamente sulla fissazione di un nuovo obiettivo quantitativonon sarebbe comunque sufficientea soddisfare le esigenze dei paesi più vulnerabili al cambiamento climatico. Al contrario, come evidenziato dalle raccomandazioni dell’Ihlege dalle iniziative di riforma più radicali come laBridgetown Initiative, c’è un sentimento crescente secondo cui, sul lungo periodo,esplorare le cause profondealla base della mancanza di disposizioni finanziarie per il clima, e di conseguenza aprire una discussione seria e onesta sulle possibilità di riformare il sistema finanziario globale, possa portare asoluzioni più efficaci e sostenibili da un punto di vista sociale e ambientale.
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