La strategia energetica dellaRussia, considerata la più grande fonte mondiale dimetano, si concentra quasi esclusivamente sull’estrazione, il consumo e l’esportazione dicombustibili fossili. Ora però un gruppo diattivistista facendo causa aMosca: la “vertenza” ruota attorno alle caratteristiche dellepolitiche climatichedelCremlinoe in particolare alle eccessiveemissioni di metanoche provoca. Si tratta di una vera e propria lotta in nome del diritto di esaminare in tribunale le linee diindirizzo ambientaledel Paese, considerate “deboli”, infondate e inefficaci, se non direttamente dannose e nocive. Adessola Corte costituzionale russasta valutando la richiesta, anzi la “denuncia”, avanzata da 18 persone, dalla OngEcodefensesotto la guida del co-presidenteVladimir Slivyake da comunità indigene come laFondazione per il Patrimonio e lo Sviluppo Sámi. Infatti la tesi dei promotori è che l’azione insufficiente da parte dello Stato, specialmente in ottica della plausibile riduzione delle emissioni nazionali digas serra, violi i lorodiritti alla vita, allasalutee a unambientesano. Gli attivistisi augurano dunque che la loro iniziativa possa stimolare un riallineamento con le indicazioni dell’Accordo di Parigio perlomeno aumentarela consapevolezzagenerale sull’inquinamento. In un contesto come quello controllato daMoscanon è semplice portare avanti tali istanze. Basti pensare cheMosca Helsinki, un’altra organizzazione che aveva in programma di prendere parte alla causa, è stata chiusa l’anno scorso da un tribunale russo. E non era una realtà qualsiasi: costituiva il più antico gruppo peri diritti umanidel Paese. Non solo. In precedenza gli attuali ricorrenti avevano chiesto di esaminare la politica climatica nazionale allaCorte Suprema russa, ma questa si è rifiutata di prendere in carico il caso. Gli attivisti hanno presentato quindi una nuova richiesta allaCorte costituzionale, la quale – in quanto responsabile del rispetto della Carta del Paese – ha deciso su alcune questioni ambientali in passato, a partire dal giudizio sulla responsabilità dello Stato per il disastro nucleare diChernobyl, ma non si è ancora occupata delcollasso climatico. Tra i coordinatori dell’iniziativa legale c’è il giovaneArshak Makichyan, attivista russo-armeno peril climae controla guerra, organizzatore diFridays for Future Russia: privato della cittadinanza dalle autorità del Paese, attualmente si trova a Berlino. Qualche tempo fa tra l’altro era stato incarcerato per volere diMoscadopo aver preso parte alle proteste perl’ambiente. Nel frattempoil Cremlino- oltre a essere vicino all’Azerbaigian, il Paese che ospiterà laCop29e che in vista dellaConferenza globale dell’Onu sul climaha difeso i produttori dipetrolio e gas-ha fissato l’obiettivo di raggiungere lo zero netto sul piano delleemissionientro il 2060, ma in realtà ha fatto poco per raggiungerlo, al punto che ilClimate Action Tracker(Cat)ha definito i suoi sforzi “criticamente insufficienti”. “Inoltre, non sembra affrontare l’impatto deglienormi incendinelle sueforeste siberianenegli ultimi anni”, ha aggiunto il Cat. Il governo russonon ha risposto a una richiesta di commentoda parte diThe Guardiansu tutte queste argomentazioni.
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