Dall’inizio della guerra, aGazacentinaia di impianti idrici e sanitari sono stati distrutti o danneggiati. Lo conferma unaricercasvolta daBbc Verifyche, con l’aiuto delle Nazioni Unite e diHuman Rights Watch, ha messo a confronto immagini satellitari di alcune zone della Striscia di Gaza scattate in periodi diversi. Sono stati considerati come danneggiati o distrutti gliimpiantiche per le stesse coordinate apparivanoridotti in cenere, crollati o visibilmente deturpati. Grazie all’analisi satellitare, è emerso chesu 603 impianti idrici, il 53% è stato danneggiato o completamente distrutto a partire dagli attacchi del 7 ottobre scorso. Un esempio sono i serbatoi di acqua a Khan Younis, nel sud della Striscia, che appaiono danneggiati dopo lo scoppio della guerra. Situazioni analoghe si registrano anche nell’area a nord di Gaza. L’acqua potabileè sempre stata una risorsa limitata nella zona. Secondo l’Unrwa, solo il17% dei pozzisarebbe attualmente funzionante, e l’impianto di desalinizzazione a nord della regione avrebbe smesso di funzionare da ottobre. Come riportaReuters, l’unica risorsa naturale di acqua nella Striscia di Gaza proviene da unafalda acquiferanota comeCoastal Aquifer Basin. Uno studio del 2020 pubblicato suMdpisottolinea come laqualità dell’acqua nella falda sia rapidamente deteriorata, poiché sarebbe stata largamente utilizzata, e la pioggia non avrebbe fatto in tempo a rimpiazzare l’acqua estratta. Non solo: la falda è soggetta anche all’intrusione dell’acqua del mare e a infiltrazioni chimiche e di acque di scarico. La ricerca dellaBbcha poi individuato anche ladistruzione di 4 dei 6 impianti di trattamento delle acque refluedella regione, fondamentali per prevenire il formarsi di malattie e l’accumulo di acque di scarico. Gli altri due impianti, secondo un’agenzia umanitaria, sarebbero stati chiusi per la mancanza di carburante. L’impianto di desalinizzazione diUnicefa Deir al-Balah, dove si trova uno dei tre più grandi impianti idrici di Gaza, può funzionare solo al 30% proprio a causa della mancanza di carburante. La disastrosa situazione idrica non si è verificata solo negli ultimi mesi. Già a dicembre l’Unicefriportava che nella Striscia di Gaza i bambini sfollati avevano accesso a solo 1.5 o 2 litri di acqua al giorno, un dato ben al di sotto dei requisiti per la sopravvivenza. A novembre, l’Applied Research Instituteregistrava37 impianti idrici e sanitari distrutti su 581 totali. Un ulteriore 38% avrebbe sospeso le proprie attività a causa della vicinanza delle esplosioni. Intercettato dallaBbc,Medecins Sans Frontieres UKavrebbe riferito che la mancanza di acqua pulita e i flussi di acque reflue, combinati alla distruzione degli impianti idrici, hanno causatoconseguenze sanitarie disastroseper la popolazione, conaumenti esponenziali di malattie diarroiche ed epatite di tipo A. Non curate, queste patologie possono provocare anche lamorte di bambini e soggetti vulnerabili. L’accumulo di acque reflue rappresenta un’ulteriore minaccia a livello sanitario dato che molti abitanti sfollati sono ora costretti a vivere in campi di tende. Secondo ilCsis(Centro degli studi strategici e internazionali), la maggior parte della popolazione a Gaza non ha accesso adacqua potabile, e gli attacchi aerei israeliani hanno distrutto infrastrutture idriche e pozzi, violando potenzialmente le leggi internazionali umanitarie. Infatti, nell’art.14del Protocollo sulla protezione delle vittime in conflitti armati non internazionali delle Nazioni Unite viene sottolineato ildivieto di attaccare, distruggere o rimuovere oggetti indispensabili alla sopravvivenzadella popolazione civile. Infine,Al-Jazeerariporta chesecondo gli esperti, l’inondazione dei tunnel sotterraneidi Gaza da parte dell’esercito israeliano potrebbe danneggiare ulteriormente la falda acquifera della regione, l’unico accesso all’acqua potabile.
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