Domani inizia il Salone del Libro di Torino, il più importante evento dell’editoria italiano, mentre a ottobre il Belpaese sarà ospite d’onore allaBuchmessedi Francoforte. Macome sta chi lavora nel settore dei libri? Non bene,secondo l’auto inchiesta presentata ad aprile daRedacta, il sindacato dei lavoratori dell’editoria. I risultati diVale davvero la pena di lavorare in editoria?parla chiaro:del solo lavoro editoriale di rado si riesce a vivere;di fatto,soltanto la metà dichiara di farcela. Secondo il sondaggio, il reddito medio annuo netto di chi lavora solo nell’industria librariaè di17.660 euro. I compensi troppo bassi condizionano l’autonomia abitativa e la stessa scelta di avere figli.Salari magria fronte di qualifiche in genere elevate (più della metà ha almeno una laurea magistrale, se non un dottorato) e disorganizzazione del lavoro sono i problemi principali rilevati, a cui si aggiungono lunghi tempi di pagamento, mancanza di crescita professionale, richiesta di mansioni extra. «Vogliamo rompere con l’idea che considera lavorare coi libri una cosa bellissima», ha dichiarato Silvia Gola diRedactadal palco delFestival della Letteratura Working Class.Quante volta abbiamo sentito la frase“Con la cultura non si mangia”? Per sconfiggere il lavoro culturale povero,Redactaha elaborato ilredalgoritmo(algoritmo redazionale o algoritmo “red”), uno strumento di libero accesso percalcolare il giusto compenso per i lavori editoriali, nonché laguida ai compensi dignitosi. Costituitasi nel 2019,Redactarappresenta le lavoratrici e i lavoratori dell’editoria; fa a sua volta parte diActa, attiva dal 2004 come associazione nazionale dei freelance e che si batte affinché il lavoro autonomo sia riconosciuto, valorizzato e rappresentato nelle scelte economiche e politiche, chiedendo un equo welfare e un’equa fiscalità (è anche frutto del lavoro diActal’approvazione nel 2017 delloStatuto del Lavoro Autonomo, primo provvedimento organico sul lavoro non dipendente in Italia). «Redactanasce su iniziativa di soci e socie diActacome inchiesta sulle condizioni del mondo dell’editoria – ha spiegato Marta Casini, redattrice freelance che fa parte dell’associazione sin dagli esordi – Mancavano informazioni (…) Quindi il primo passo è statoricostruire un quadro della situazione attraverso interviste, focus group e il nostro primo sondaggio». Chi si associa all’Adacta, inoltre, può accedere all’Osservatorio: un database in continuo aggiornamento che fornisce informazioni su tempi di pagamento, modalità dell’accordo, tariffe dei vari committenti sui lavori di traduzione, editing, revisione di traduzione, impaginazione, ghost writing, illustrazione e altro. Lavorare nell’editoria: un po’ di dati All’auto inchiesta, svoltasi tra giugno e settembre 2023, hanno risposto in 825, per lo più soggetti tra i 25 e i 40 anni. Ne emerge che il mondo del lavoro editoriale è composto soprattutto dadonne, che rappresentano oltre tre quarti dei rispondenti eguadagnano il 18% in meno rispetto agli uomini. Si lavora tanto (oltre 8 ore al giorno dichiara il 45%), dinotte (il 15%)e il 40% di chi lavora principalmente nell’editoria dichiara di essere spesso operativo nei fine settimana: il 10%, sempre. I risultati del sondaggio mostrano anche un’elevataframmentazionedegli inquadramenti: esistono partita Iva (29,4%), dipendenti a tempo indeterminato (28,8% che rappresentano anche coloro che hanno i redditi più alti), a diritto d’autore (13,6% che invece hanno i più bassi); inoltre, nel campo dell’editoria specialisticaescolasticasi registrano iredditi più alti. Nel settore, poi, il lavoro viene spesso esternalizzato. Più di 1 persona su 3 (36,2%) non firma mai o quasi mai un contratto.Oltre due terzi non sono dipendentie “il 60% di chi lavora in maniera autonoma dipende fortemente da un solo cliente”. Avere più clienti significa in genere avere anche una maggiore potere contrattuale (di fatto, chi ne ha soltanto uno non ne possiede affatto). La mancanza di riferimenti Non esistono dati statistici sulla remunerazione del lavoro editoriale, forniti daIstatoAie- Associazione italiana editori; per questo sono nate le indagini realizzate da lavoratrici e lavoratori del settore, comeEditoria Invisibile:Un’inchiesta sui lavoratori precari nell’editoria(Franco Angeli2013) e quelle diActa(2022) eRedacta(2024). Esiste senza dubbio una questione culturale. Nelle università italianenon si insegna a lavorare nel settore, non esistono corsi di laurea in scrittura creativa, solo singoli corsi qua e là; proliferano, d’altra parte, le scuole di scrittura e di editoria pagamento e i master dedicati per imparare come lavorare nel mondo dei libri. Un bacino di forza lavoro gratis (o quasi) da cui le case editrici attingono attraverso “tirocini dal dubbio contenuto formativo”, come riporta l’indagine diActa,Dietro le Quinte. Indagine sul lavoro autonomo nell’audiovisivo e nell’editoria libraria (2022). «Un sistema di sfruttamento collaudato e reiterato», come ha definito Casini l’utilizzo dello stage. «Vogliamo promuovere una narrazione in cui non competiamo ma congiuriamo», ha dichiarato Gola. Quella dell’editoria è una filiera problematica. Tra gli esempi di casi più o meno noti: Grafica Veneta di Trebaseleghe, denunciata dai lavoratori deiSi Cobas,con l’arresto di due manager per caporalato; il centro della logistica di Stradella La Città del Libro, da cui entrano ed escono90 milioni di volumil’anno e che in passato è stata “colpita” da diversi scioperi. «Come si fa a parlare di sfruttamento dentro i libri se poi il libro è fatto con lo sfruttamento di chi lo scrive», ha aggiunto Gola. Con l’obiettivo di imporre una realesostenibilità nella filiera del libro,nel 2018 è nata l’Associazione Degli Editori Indipendenti(Adei), che rappresenta oltre 250 editori in Italia e che ha contribuito all’elaborazione e al passaggio dellaNuova Legge sul Libro e la Lettura, per salvaguardare le librerie indipendenti e promuovere la lettura. Il mercato dell’editoria L’editoria libraiaresta uno dei pochi settori della cultura in Italia fondamentalmentein balia alle logiche di mercato, comeha ricordatodi recenteNicola La Gioia, scrittore ed ex direttore del Salone del Libro:non riceve finanziamenti pubblici,a differenza della carta stampata, del cinema o del teatro. L’editoria resta un settore economicamente a bassa marginalità e con alto rischio: a fronte di costi fissi elevati, sono spesso molte le copie invendute; ladistribuzione, poi, pesa il 60% sul prezzo di copertina.Nel 2023, sono statistampati oltre111 milioni di libri in Italia,ma il costo della carta, un’industria energivora e quindi fortemente dipendente dal prezzo del gas,è aumentatoa partire dal 2020. Autori e autrici Un discorso ad hocmeritano autrici e autori: chi scrive, traduce o disegna rappresenta il 31% delle 825 persone che hanno partecipato all’auto inchiesta diRedacta. Sono loro che «fanno ancora più fatica a concepirsi come forza-lavoro», ha fatto notare Gola, sebbene sia propriochi svolge attività autoriali a guadagnare meno nel settore, seguito da chi svolge mansioni redazionali. La maggior parte delle figure autoriali (72%) non viene pagata a royalties:Redactala chiama “la trappola della passione” (ma anche della visibilità) e chiunque lavora nel settore sa di cosa si parla. «Tutti pensano sempre che non parlarne sia meglio», ha detto Simona Baldanzi, scrittrice e attivista. Nel 2010, Baldanzi, Carolina Cutolo, Sergio Nazzaro e Alessandra Amitrano hanno creatoScrittori in causa, un blog che si proponeva di parlare di questioni contrattuali nonché di fornire consulenza, cosa che Cutolo ha portato avanti per qualche anno con l’aiuto (pro bono) di esperti – esperte in diritto di autore. «Lo sportello online è durato qualche anno. Senza finanziamenti, non poteva continuare», ha detto la scrittrice. I tentativi di strutturarsi a livello sindacale, anche tramite laCgil, confluendo nelSindacato deiLavoratori della Conoscenza(Slc), si sono arenati dopo la morte improvvisa dello scrittore e giornalista Alessandro Leogrande, vero motore e collante del neonato gruppo. Si può vivere di sola scrittura? Quindi, ci sono problemi strutturaliche possono essere ricondotti a motivi di carattere culturale, mamancano fondi statalia sostegno di chi fa arte e cultura. A esclusione delle poche residenze artistiche, fare della scrittura proprio mestiere resta un privilegio di poche persone e pone chi lo fa in una posizione assai ricattabile. InFrancia e in Belgio,per esempio, esistel’intermittence, che consente agli artisti e alle artiste diesser pagati anche nei periodi in cui non “producono”,mentre in Italia, pur di lavorare si deve essere disposti ad accettare qualsiasi condizione, come rilevava il 95% di coloro che hanno partecipato aVita da artisti, la prima indagine del genere condotta daCgileSlceFondazione Di Vittorionel 2017. La situazione non è poi migliorata con la pandemia. Esiste ilFondo Psmad, una cassa di emergenza gestita dall’Inps, per artisti, musicisti, scrittori e lavoratori dello spettacolo, ma occorre essere iscritti e, di fatto, è sconosciuto a molti.
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